Un popolo che nonostante tutto non ha perso la voglia di vivere
TRENTO. Durante questi giorni di forte instabilità, in cui perfino gli stessi turchi consigliano ai loro amici europei di non andare a trovarli, non si può non parlare di Turchia. Abbiamo incontrato Alessandro, partito qualche mese fa come volontario con il progetto Global Citizen di AIESEC Trento, per farci raccontare la sua esperienza di volontariato in un Paese al centro delle cronache internazionali. AIESEC è una realtà che sta crescendo rapidamente a Trento. Il comitato locale fa parte della più grande associazione gestita interamente da studenti universitari, operante in 127 paesi nel mondo. Si occupa principalmente di progetti di volontariato o stage retribuiti per studenti universitari o neolaureati.
Un’accoglienza inaspettata
Alessandro è partito un po’ per caso. Uno degli ultimi giorni di lezione ha dato uno sguardo alla bacheca di Economia. Tra i tanti avvisi, ha notato un volantino blu con la scritta “aiesec.org”. Ha aderito al progetto e ha raggiunto Ankara.
Appena arrivato nella città turca, l’accoglienza del comitato locale è stata molto calorosa. Si è subito confrontato con un popolo assai diverso da come se l’era immaginato. Estremamente passionali e aperti, i turchi hanno un modo di vivere che Alessandro definisce «chiassoso».
La Turchia ha una storia che le dona un’anima fortemente composita. Storicamente è sempre stata un crocevia tra Europa e Asia, punto d’incontro tra diversi popoli. Sul suo suolo hanno governato nel corso dei secoli imperi e regni diversi, creando un terreno fertile per lo sviluppo di una società estremamente eterogenea.
La commistione di popoli è riscontrabile sia sui volti dei turchi sia nel loro carattere. Alcuni hanno tratti somatici molto asiatici, altri decisamente arabi. Spontanei, poco calcolatori, più sinceri rispetto agli europei: così Alessandro descrive le persone che ha conosciuto ad Ankara. Un’assoluta sorpresa rispetto all’idea di Turchia che aveva prima della partenza.
Una terra di contraddizioni
La Ong con la quale Alessandro ha collaborato si chiama Renaissance Institute, una società di consulenza per associazioni di volontariato. Il responsabile è un insegnante di educazione fisica, da tempo impegnato in questa attività di supporto e consulenza. Alessandro ha collaborato a diversi progetti, trattando temi riguardanti gli ambiti più disparati: dal mondo del lavoro alle discriminazioni sociali, mantenendo un costante focus sulla campagna globale di AIESEC “YouthSpeak”. Si tratta di un movimento globale che cerca di dare la possibilità alle nuove generazioni di dire la propria, attraverso un sondaggio volto a capire quali siano le speranze e le sfide a cui tengono i giovani e che ritengono fondamentali per un futuro migliore.
La Turchia resta pur sempre una terra di contraddizioni. Se da un lato Alessandro ha avuto modo di godere dell’abbraccio rassicurante e amichevole di AIESEC Ankara, dall’altro ha potuto respirare quel clima di instabilità di cui è stato teatro questo Paese negli ultimi tempi. Il suo progetto è iniziato i primi di luglio ed è proseguito sino alla fine di agosto. Già dalle prime settimane, racconta, si percepiva un lieve clima di tensione, come se qualcosa stesse cambiando. Proprio in quei giorni, infatti, si aveva notizia dei primi disordini. La percezione di una generale instabilità crescente si è poi concretizzata con l’attentato che ha causato la morte di trenta studenti al confine con la Siria. In quei giorni Alessandro stava organizzando un viaggio in Cappadocia e l’idea di avvicinarsi al luogo degli attentati non lo rendeva particolarmente tranquillo. Ad ogni modo, valutata la situazione, ha deciso di non perdersi in inutili allarmismi e fare solo maggiore attenzione.
Due settimane dopo sono iniziati i controlli all’entrata dei metrò. In seguito a questo episodio i suoi amici turchi non lasciavano trapelare particolare apprensione per gli eventi che si stavano verificando in Turchia, principalmente per non allarmare i partecipanti ai vari progetti AIESEC. Nonostante la situazione, Alessandro è riuscito a godersi i vari viaggi, visitando i luoghi più suggestivi della Turchia e vivendo la sua esperienza senza alcuna preclusione, solo con qualche accorgimento. Per esempio: evitare di prendere la metro nelle ore di punta, cercare di non viaggiare solo e prestare attenzione alle indicazioni degli amici turchi.
Da quanto ci racconta Alessandro, l’opinione del popolo turco sulla situazione in cui versa il Paese attualmente pare, da una prospettiva esterna, quasi contraddittoria: «I turchi si sentono vittime del regime di Erdogan. Si rendono conto che finché rimarrà al potere persisterà questa situazione di conflitto tra governo, Siria, curdi e Stato Islamico». D’altra parte alle elezioni di novembre Erdogan è stato votato dalla maggioranza del popolo turco ed è rimasto al potere. «Fondamentalmente – spiega Alessandro – i turchi riconoscono di essere governati da un partito che viola e limita la libertà d’espressione e non assicura una giustizia amministrata da un organo giudicante terzo e imparziale. Nonostante questo, risulta essere un’alternativa che apparentemente dà certezza al popolo, proprio per il modo di porsi così autoritario e risoluto del governo stesso».
Ciò che più ha sorpreso Alessandro è stato che, nonostante i problemi, la vita e i conflitti interni, i turchi continuino, come sempre, ad avere voglia di divertirsi. Basta ci sia musica nell’aria e subito hanno voglia di ballare. Anche per le strade, completamente soli e in pubblico. Non esiste imbarazzo. In Turchia c’è sempre voglia di brindare alla vita. Nonostante tutto. Questo è rimasto ad Alessandro. Un’idea diversa rispetto a quella che della Turchia hanno generalmente gli Europei.
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