Morando racconta la sfrontatezza degli anni Ottanta
TRENTO. Troppo vicini per attirare gli storici. Già abbastanza lontani perché possano essere guardati con più disincanto, in una visione ragionata, che faccia capire come abbiano influenzato la vita degli Italiani. Gli anni Ottanta sono protagonisti del nuovo libro del giornalista trentino Paolo Morando, edito da Laterza, presentato questa mattina a Trento durante la domenica di Biblioè.
Il titolo del libro dice già molto: ‘80, l’inizio della barbarie. Morando si allontana infatti dallo sguardo apologetico dei nostalgici; il libro ha alle spalle un’attenta ricerca, che si basa perlopiù sulle cronache giornalistiche coeve. Ne esce un ritratto senza sconti. L’Italia nordista, l’Italia becera; l’Italia paninara e l’Italia rampante; l’Italia razzista. Una serie di peculiarità italiane, che – nel decennio dell’edonismo e della spensieratezza – si cristallizzano e divengono una radice popolare comune, forse non ancora del tutto estirpata.
«Credo che un libro vada scritto quando c’è un vuoto da riempire», ha detto questa mattina Morando. Di certo il libro ha da subito attirato una certa attenzione mediatica, recensito dai maggiori quotidiani nazionali; per esempio da Andrea Scanzi su Il fatto quotidiano o da Marco Damilano per L’espresso, giusto per fare un paio di esempi fra i tanti.
Perché in fondo gli Ottanta sono gli anni in cui la bidella friulana Ermanna Cossio ha maturato regolarmente la pensione a 29 anni e 3 mesi. Gli anni in cui l’Italia fa i conti con l’improvvisa illusione di essere invincibile: «Pensava di potersi permettere tutto dal punto di vista economico – ha detto Morando – e che tutto fosse permesso».
Sono anche gli anni in cui, sempre secondo le parole di Morando, «esce per la prima volta la pancia del paese». In tv spopolano Funari e Sgarbi. Radio radicale diviene “radio parolaccia”, lasciando libero sfogo alle volgarità degli ascoltatori. Anni in cui l’improvvisa eruzione dell’Etna diviene la bandiera dei primi successi elettorali della Liga Veneta. Con lo slogan, appunto, “Forza Etna”, comparso d’improvviso sui cavalcavia del nord est.
«Non esiste un paese senza memoria», ha detto oggi in conclusione Paolo Morando. Ancor più interessante la riflessione su un decennio che poi – attraverso varie fasi, in primis l’evoluzione politica del berlusconismo – continuerà ad avere influenza negli anni successivi, sino ai giorni nostri. In altre parole, nessuno di noi può dirsi davvero lontano dagli anni Ottanta. Neppure gli Universitari di oggi, che allora neppure erano nati.
Daniele Erler
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