Il voto in Austria e il rischio dell’avanzata delle destre
TRENTO. Il risultato del ballottaggio per la presidenza austriaca ci ha consegnato una vittoria al fotofinish del verde Alexander Van der Bellen, che ha superato con l’esiguo scarto dello 0.6% dei voti Norbert Hofer, il candidato ultranazionalista che era dato per favorito alla vigilia di queste elezioni, soprattutto dopo i risultati notevoli raggiunti durante il primo turno di votazioni.
A decretare il vincitore ci hanno pensato i voti espressi per corrispondenza, ovvero quelli degli austriaci all’estero o di chi aveva degli impedimenti nell’essere presente il giorno delle elezioni. Circa 30’000 voti hanno decretato la vittoria di Van der Bellen, che si era candidato come indipendente, pur essendo stato leader per undici anni dei Verdi in Austria e che ora promette di essere un presidente responsabile e chiede il supporto di tutti i cittadini per continuare a rendere l’Austria un bellissimo Paese.
Il rischio di una vittoria mutilata
A Bruxelles e tra i Paesi dell’Unione Europea i leader politici hanno tirato un sospiro di sollievo dinanzi a questa vittoria, seppur consci che si tratta di una vittoria mutilata e che la cavalcata del Partito della Libertà Austriaco (FPOE) di Hofer sia l’ennesimo allarmante segnale da un lato dell’avanzata dell’estrema destra nazionalista in Europa, e dall’altro della crisi dei partiti tradizionali, come quello conservatore e socialdemocratico, che in questo ballottaggio sono stati per la prima volta a guardare e chiamati a schierarsi per un candidato.
La decisione di supportare Van der Bellen è stata quella più responsabile e, soprattutto, quella più ovvia, date le dichiarazioni di Hofer di voler andare oltre il ruolo formale attribuito alla carica di presidente, se fosse stato eletto. Lo spettro di un ritorno dell’estrema destra al potere è stato scongiurato in Austria e le elezioni per la scelta del cancelliere si terranno tra un paio di anni. Ma questo lasso di tempo basterà per fermare l’avanzata di Hofer e del suo partito?
Certamente no, e la crisi migratoria unita all’euroscetticismo misto a islamofobia portati avanti dal FPOE hanno trovato ampio sostegno tra i cittadini austriaci. Il 49.7% dei voti ottenuti da Hofer deve essere un monito per il governo di larghe intese austriaco per rivedere e migliorare la sua politica interna, se non vuole che lo spettro nazionalista diventi un governo in carne ed ossa. Questo non significa continuare ad erigere una barriera o aumentare il numero degli agenti al Brennero per rafforzare i controlli al confine tra Italia ed Austria e così fermare ogni possibile ingresso dei migranti nel loro territorio, perché questo è un rispondere “al fuoco col fuoco” ed è dare man forte proprio ad Hofer e compagni quando affermano che i migranti vanno respinti e “rispediti a casa loro” (giusto per citare uno dei nostri politici”.
L’avanzate delle destre
L’avanzata di Hofer si unisce al coro dei partiti di estrema destra che con la crisi economica e la crisi migratoria stanno diventando un crescendo di voci emergenti nel panorama europea. Il 10% dei consensi che Alba Dorata in Grecia e Alternative für Deutschland in Germania hanno ottenuto negli ultimi anni, l’avanzata del Front National in Francia e la crescita di partiti nazionalisti in Bulgaria, Danimarca e Finlandia non sono da sottovalutare, così come destano preoccupazioni le presidenze ultranazionaliste ed euroscettiche di Polonia e Ungheria che al dialogo e all’apertura oppongono muri anti-migranti e difesa dei valori dell’antica Europa cristiana.
Questi partiti politici e i loro leader politici stanno dando voce al dissenso di quei cittadini che non si riconoscono più (se mai si siano riconosciuti veramente) nell’Unione Europea e nel suo progetto di integrazione e di cui non chiedono nemmeno un miglioramento in termini di partecipazioni democratica o di politiche economiche, ma chiedono direttamente di non farne più parte. A giugno ci sarà un altro fondamentale banco di prova per le istituzioni europee, ovvero il Brexit, referendum britannico in cui si chiederà ai cittadini se rimanere o meno nell’Unione.
Così com’è stato per le elezioni austriache, Bruxelles guarda con apprensione al Brexit e con lei tutti i Paesi dell’Unione e quei partiti che hanno scommesso sul progetto europeo e che ormai devono vedersela con partiti che hanno fatto dell’euroscetticismo e della paura dell’Altro il loro cavallo di battaglia.
Giulia Masciavè
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.