Quando la Costituzione ci protegge da noi stessi
Alla luce di quanto accaduto in Gran Bretagna sorge spontanea una domanda: l’Italia corre il rischio di uscire dall’Unione Europea? Dobbiamo davvero temere l’effetto domino nel nostro paese? Senza dover smuovere gli istituti di statistica per snocciolare sondaggi sulla posizione degli italiani (che comunque risultano ancora fra i più europeisti del Vecchio Continente), possiamo già dare una risposta alla questione. L’Italia non corre il rischio di uscire dall’Unione Europea. Non secondo le stesse modalità della Gran Bretagna in qualsiasi caso. E’ sufficiente dare uno sguardo alla nostra Costituzione per rendersi conto che un referendum come quello inglese non sarebbe attuabile nel nostro paese.
Art.75
E` indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Le uniche tipologie di referendum (saggiamente) previste dal nostro legislatore sono il referendum abrogativo e il referendum confermativo per le sole leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Nonostante si discuta sulla natura sui generis dell’Unione, questa è ancora da inquadrare nella categoria delle organizzazioni internazionali. Le organizzazioni internazionali sono costituite da trattati internazionali.
I diritti e doveri derivanti dal trattato sorgono a carico dello stato solo nel momento in cui il trattato stesso entra in vigore. Nel nostro Paese l’entrata in vigore (esecuzione) e la ratifica del trattato si effettuano con un’unica legge ordinaria. Un referendum sull’appartenenza o meno dell’Italia all’Unione Europea o alla sola moneta unica dovrebbe avere ad oggetto la legge di ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona (Legge, 02/08/2008 n° 130).
Ma come ci dice il comma 2 dell’art. 75 Cost., essendo questa una legge di ratifica ed esecuzione di un trattato internazionale, non può essere soggetta a referendum abrogativo. Soluzioni? C’è chi invoca un precedente datato 1989, quando gli italiani furono chiamati ad esprimere il proprio parere in merito al conferimento di un potere costituente al Parlamento Europeo. Non è un’argomentazione accettabile. I referendum consultivi non comportano alcun obbligo a carico del legislatore e non possono essere richiesti dal popolo tramite raccolta firme. L’unica strada percorribile è quella di una preventiva modifica della costituzione che permetta di svolgere referendum aventi valore vincolante per lo Stato su temi inerenti l’Unione Europea. Considerato che per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale è necessario un iter “aggravato” che comporta la presenza di maggioranze qualificate, e considerato che in Italia le uniche forze politiche rilevanti che spingono per referendum su questi temi sono Lega Nord, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle (che a giudicare dalle recenti dichiarazioni di Di Maio mira all’uscita dell’Italia dall’Euro Zona, pur restando membri dell’UE) non appare una soluzione percorribile, dal momento che nessuno di questi partiti possiede al momento i numeri necessari in parlamento per imporre la propria volontà.
Il tutto posto che permanga l’attuale assetto istituzionale. In qualsiasi caso, immaginando che il referendum costituzionale di ottobre passi e che la legge elettorale rimanga l’Italicum, e supponendo anche una vittoria del Movimento 5 Stelle alle prossime politiche che consegnerebbe ai pentastellati la maggioranza assoluta alla Camera, il percorso di modifica appare comunque denso di ostacoli. Rimangono infatti da affrontare il Senato e la doppia approvazione.
Inoltre, non bisogna dimenticare che è necessaria la firma del Presidente della Repubblica e che la Corte Costituzionale può comunque dichiarare la propria competenza nel giudizio di una legge costituzionale. Il ruolo delle Istituzioni è qui fondamentale. In temi così delicati non ci si può limitare ad assecondare il popolo. E’ necessario proteggerlo da se stesso indicando la via maestra. In Italia, così come nelle moderne democrazie occidentali, il popolo è sovrano ed esercita il potere secondo quanto prescritto dalla Costituzione.
Il referendum è una delle manifestazioni più esemplificative del ruolo e del potere decisionale che il popolo ha nella nostra Repubblica. Le istituzioni non si possono sottrarre al rispetto dell’opinione espressa dal popolo. Data l’importanza dello strumento referendario se ne dovrebbe fare un uso parsimonioso, slegato da carriere e calcoli politici sul breve periodo. Al volere legittimamente espresso dal popolo non ci si può sottrarre.