Suoni Universitari, secondo atto al Teatro Sanbàpolis
Dopo la serata inaugurale della settimana scorsa, martedì altri cinque concorrenti si sono dati battaglia sul palco del Teatro Sanbàpolis per conquistare l’accesso alle finali dei Suoni Universitari, il concorso musicale organizzato dall’Opera Universitaria. Come già detto la settimana scorsa, i finalisti saranno selezionati dalla giuria soltanto al termine delle quattro serate eliminatorie: sulle impressioni dei quattro giudici, dunque, non sappiamo ancora nulla, anche se una prima indicazione può però arrivare dal pubblico. Al termine di ogni serata, infatti, gli spettatori possono votare la migliore delle band che si sono succedute sul palco, che hanno così accesso ad un piccolo riconoscimento. Ecco impressioni e risultati della seconda serata.
Il primo a salire sul palco è stato Alvise Osti, un giovane ragazzo dai lunghi capelli rossi che ha proposto la prima- e finora unica- esibizione solista della kermesse. Benché solitamente questo artista suoni metal in una band, ai Suoni Universitari ha voluto portare qualcosa di diverso: un’esibizione semplice ed essenziale, in cui la sua voce roboante era accompagnata soltanto dal suono di una chitarra. Alvise ha proposto testi molto personali, ispirati ad alcuni dei migliori gruppi della scena indie trentina a cavallo fra gli anni novanta e duemila. L’energia della sua voce e le sonorità proposte, nelle quali si potevano intravedere le sue “origini” metallare, hanno dato linfa ad una performance intima e personale.
Ad esibirsi per secondi sono stati i Third Stone: tre simpaticissimi amici della Val di Sole che hanno fatto scatenare la platea eseguendo una varietà di pezzi fortemente ispirati all’hard rock classico degli anni settanta e seguenti. La band, che ha confessato di amare particolarmente le esibizioni dal vivo, ha saputo coinvolgere il pubblico creando le gioiose atmosfere da festa estiva di paese: per venti minuti ci hanno fatto dimenticare del tetto sopra di noi e del freddo al di fuori del teatro!
È stato dunque il turno dei Gufra, un duo al primo concerto insieme. A vederli, tuttavia, non si sarebbe mai detto: fra la voce e la chitarra di Chiara e il pianoforte di Riccardo c’era una sintonia veramente perfetta. I due ragazzi hanno portato tre canzoni dall’atmosfera molto dolce e malinconica, quasi sognante. Ogni pezzo è stato preceduto da una breve introduzione per dare un indizio agli spettatori riguardo al significato dei testi, spesso volutamente un po’ sibillini ed allegorici.
L’esibizione seguente è stata quella dei Soma Butterfly che, coi suoi cinque componenti, era il gruppo più voluminoso della serata. Ma non è stato solo il numero di membri l’elemento distintivo di questa formazione: difatti, la band ha proposto un genere musicale completamente diverso da quello di tutti gli altri gruppi che si erano fino ad allora esibiti. La preminenza del sassofono e del violoncello potrebbe portare a definire la musica proposta come jazz, ma si tratterebbe indubbiamente di un’etichetta riduttiva: il prodotto era qualcosa di veramente originale, con venature soul e rock, e la scelta di portare questo genere di fronte ad una platea generalista senza nessun compromesso è stata veramente coraggiosa. Ma, come detto per il gruppo precedente, i fugaci sguardi complici ed i sorrisi spontanei che i componenti della band si scambiavano durante l’esibizione tradivano un’ottima intesa ed una consapevolezza dell’ottimo livello tecnico della performance che stavano proponendo.
Gli ultimi ad esibirsi prima dello special guest della serata sono stati due fratelli, David e Fabio, meglio noti come Taio Best Sound: un DJ ed un rapper uniti per fare ballare la platea. Scopo facilmente raggiunto: la loro esibizione è stata forse più semplice di quella precedente ma sicuramente molto orecchiabile e coinvolgente, grazie a delle sonorità molto, molto ballabili ed a testi semplici e irriverenti, da cui era impossibile non farsi trascinare. Oltre ad un’ottima presenza scenica, comunque, anche il livello tecnico dell’esibizione era sicuramente piuttosto alto.
La seconda serata di selezioni si è dunque conclusa in modo assai più incerto rispetto alla prima, senza un vero e proprio favorito. Mentre i voti venivano contati è salito sul palco Gio.Venale, talentuoso artista trentino che torna ai Suoni Universitari come special guest dopo avere scritto il suo nome nell’albo d’oro del concorso nel 2010. Gio.Venale, al secolo Giovanni Formilan, ha proposto brani dai suoi ultimi album, Gesungen Beat e M: un mix di pop e dance con delle basi elettroniche molto particolari e coinvolgenti, coronate da una voce melliflua e da testi particolarmente enigmatici.
Abbandonato definitivamente il palcoscenico, rimaneva soltanto l’annuncio: ed a portare a casa la seconda serata di questa dodicesima edizione dei Suoni Universitari sono stati i Soma Butterfly. Il premio del pubblico non influenza in alcun modo quello della critica, ma il fatto che il complesso sia stato capace di conquistare una platea generalista pur portando un genere musicale così particolare non può che essere un buon segno per il futuro di questa formazione. Prima di tirare le somme, comunque, rimangono ancora da ascoltare otto band: quattro di queste (Fiume, Humus, L’Opera di Amanda e The Indigo Devils) si esibiranno martedì prossimo, sempre alle 20.30, sempre al teatro Sanbàpolis. Ospiti d’eccezione saranno i Joy Holler, che chiuderanno la serata con una nota funk.
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