Scoppiano le polemiche per la laurea honoris causa a Marchionne
Sarà l’Università di Trento a conferire a Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA, la sua quinta laurea honoris causa, questa volta in ingegneria meccatronica. La decisione, che dovrà essere confermata dal Ministero prima di diventare ufficiale, è stata presa nei giorni scorsi dal Senato accademico, su proposta del Dipartimento di Ingegneria Industriale. La notizia ha però scatenato un acceso dibattito tra studenti, professori e sindacati, che, per motivi diversi, criticano duramente questa scelta.
Dal lato degli studenti, Udu è intervenuta criticando questa scelta nel merito ma anche nel metodo. La decisione è infatti stata presa dal Senato accademico riunito in forma ristretta, ovvero senza la presenza dei rappresentanti degli studenti. Secondo statuto, di cui gli studenti chiedono infatti la modifica, l’organismo (di cui fanno parte il Rettore, il direttore generale, tre membri nominati dal Rettore, quattro in rappresentanza dei docenti più due studenti), si riunisce al completo soltanto quando deve affrontare questioni legate ai corsi di studio, e questa delibera non ricadeva nella casistica prevista. Dall’altro lato, nel merito, prendono una netta posizione, affermando che “un ateneo come il nostro non può rendere omaggio a chi ha fatto dello smantellamento dei diritti dei lavoratori e dell’elusione fiscale uno strumento per far crescere le sue aziende” e che “attribuire un’onorificenza di questo tipo ad un personaggio così lontano dai valori del nostro ateneo è una scelta eticamente scorretta e sbagliata”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Atreju, infatti Francesco Barone afferma che “Marchionne indubbiamente è stato un grande manager che ha risollevato le sorti di un’azienda, ma questo non è un argomento di grande importanza per gli studenti. Ritengo che in questo momento l’ateneo dovrebbe occuparsi di tematiche più importanti come le borse di studio, ben 1.200, che si vanno a perdere” aggiungendo che “bisogna riflettere su quanto abbia senso andare a premiare chi ha delocalizzato le aziende, chi ha portato via posti di lavoro all’Italia”.
Dal lato del mondo accademico, c’è chi difende la scelta, come Dario Petri, direttore del Dipartimento di Ingegneria Industriale, secondo il quale questa laurea honoris causa può essere una specie di merce di scambio per migliorare i rapporti con FCA. Egli infatti afferma: “Abbiamo una lunga storia di collaborazioni con il gruppo Fiat prima, e FCA poi, ci sono nostri studenti e laureati che lavorano nel centro di ricerca e sviluppo all’interno di un lavoro comune. Ci sembrava naturale riconoscere questo rapporto e riconoscere a Marchionne ciò che ha fatto per lo sviluppo dell’intero settore della meccatronica”. C’è anche però chi contesta proprio la scelta di conferire una laurea in meccatronica, settore che non sembra così affine alle competenze di Marchionne. In una lettera pubblicata sul Corriere del Trentino i docenti Augusto Visintin (Dipartimento di Matematica), Claudio Della Volpe e Raffaele Mauro (Dipartimento di ingegneria civile, ambientale e meccanica), contestano proprio questo, non mettendo in dubbio le competenze di manager di Marchionne o la scelta politico-strategica di questo riconoscimento.
Per placare le polemiche è intervenuto anche il Rettore Paolo Collini, difendendo così la scelta: “Mi dispiace che la decisione sia stata presa così male, soprattutto dagli studenti. Marchionne può essere un personaggio spigoloso, ma ha avuto grandi meriti, ha fatto sì che la Fiat sopravvivesse quando era sul baratro e che arrivasse ad acquisire la Chrysler, terza azienda americana”. Il Rettore risponde anche a chi dice che l’ingegneria meccatronica c’entri poco con il ruolo di Ad di FCA: “Abbiamo dato la laurea ad honorem in economia a Daniel Kahneman, uno psicologo, quella in giurisprudenza a Iginio Rogger, filosofo e teologo, e nessuno ha pensato che non fossero abbastanza competenti. Questo perché le lauree ad honorem così come i premi Nobel vengono assegnati a chi contribuisce all’innovazione e allo sviluppo di un certo settore. E Marchionne, per l’industria meccanica ha fatto questo”, per poi tornare a difendere l’operato del manager: “Non rilevo comportamenti non etici nel manager. La Fiat ora è una multinazionale, non deve avere necessariamente la sua sede legale in Italia. Altri lo hanno fatto, come la Ferrero, ma nessuno si è scandalizzato. E anche nel Senato accademico- conclude Collini – non sono state sollevate obiezioni di questo tipo».