Collini: “Abbiamo usato tutti i fondi disponibili, ora basta”
Se volete sapere se l’Università di Trento ha dilapidato tutti i suoi fondi per far fronte ai debiti della Provincia la risposta breve è NI. La risposta lunga presuppone una spiegazione più complessa e perciò ce la siamo fatti dare direttamente dal Rettore Paolo Collini. Ciò che sappiamo è che la situazione è seria, tanto che lo stesso Rettore ci dice: “Ovviamente non è che non siamo preoccupati, io in prima persona mi sono preoccupato tantissimo ed in Provincia sanno quanto io li abbia sollecitati. Oggi infatti siamo arrivati al limite, non siamo più assolutamente in grado di accettare che ci diano meno del previsto. Abbiamo usato tutti i fondi disponibili e contratto debito, ora però basta, l’anno prossimo dobbiamo andare a regime.” In realtà la situazione del nostro ateneo non è così negativa, soprattutto in prospettiva futura, ma cerchiamo di capirci qualcosa in più.
I crediti non hanno influito sui progetti dell’università
La prima cosa che il Rettore tiene a precisare è proprio questa: le performance dell’ateneo non sono state particolarmente toccate dai problemi di cassa della Provincia. Ci spiega infatti che “guardando i nostri budget annuali, si può notare che ogni anno abbiamo impiegato l’intero importo che la Provincia ha stanziato, quindi erogati o non erogati, noi abbiamo stanziato tutte le risorse per tutti i dipartimenti e le direzioni. Naturalmente la Provincia poi non ce li ha dati e quindi noi abbiamo registrato non un entrata di cassa ma un credito. Però siccome i dipartimenti hanno continuato a spendere interamente le somme, fornitori e lavoratori volevano i soldi e quindi noi ci siamo dovuti indebitare. È vero quindi affermare che ci siamo indebitati per compensare le mancate erogazioni di cassa della provincia.”
Come sono stati coperti i mancati pagamenti della Provincia
Anche se spalmati su cinque anni, 200 milioni di euro di crediti sono comunque una cifra ingente, alla cui mancanza si è dovuto in qualche modo far fronte. Collini ci dice che “per i primi 100 milioni non ce ne siamo praticamente accorti, perché oltre a 50 milioni che avevamo in cassa, abbiamo usato il fondo premiale per gli studenti (quei fondi accantonati ed usati per dare i premi di merito una volta che gli studenti si sono laureati) che ammonta a 5 milioni di euro all’anno (per un totale di 25), mentre altri 30/40 provenivano da fondi europei, perché l’Europa appena ti assegnava un progetto ti pagava anche se poi i progetti potevano richiedere anni per realizzarsi. Ulteriori 50 milioni sono poi arrivati dal mutuo con la Bei, i cui interessi sono garantiti e pagati dalla Provincia, 20 sono uno scoperto di tesoreria col nostro tesoriere, per il quale ci tengo a sottolineare non paghiamo interessi, mentre gli ultimi 20, che ci permettono di arrivare ai tanto discussi 200 milioni, sono residui che si sono accumulati negli anni per il fatto che ogni anno chiudiamo in avanzo, poiché stanziamo più soldi di quelli che la nostra velocità amministrativa ci permette poi di spendere. Tutti questi soldi li abbiamo effettivamente spesi, perché gli stanziamenti provinciali non erano accompagnati da erogazioni di cassa. Quindi dire che abbiamo fatto debiti è vero, ma facendo questo abbiamo evitato di non utilizzare le risorse che ci venivano stanziate.”
Perché ci si è allarmati solo dopo anni
Una domanda che può venire spontanea in questa vicenda è: possibile che nessuno in questi anni abbia chiesto i soldi alla Provincia? Il motivo per cui questa discussione è sorta solo ora viene spiegato dal Rettore in termini di cambiamento delle norme. Infatti “tutte le università fino al 2012 usavano la contabilità finanziaria, dove i soldi che non spendi diventano residui. Tutte le università hanno quindi accumulato questi soldi, ma non potevano spenderli, perché in contabilità finanziaria per spenderli bisogna che prima ci sia uno stanziamento. Perciò le università questi soldi praticamente non sapevano di averli, poiché nessuno nei bilanci poteva vedere la cassa. Passando in contabilità economico-patrimoniale queste cifre spaventose sono venute poi fuori”. È stato infatti calcolato che questa cifra si aggiri intorno ai 2 miliardi in tutta Italia. In realtà proprio perchè nei primi anni dell’accumulazione dei crediti l’università poteva fare anche senza quei soldi (utilizzando la cassa ed i fondi che possedeva) probabilmente, visti i buoni rapporti con la Provincia, i vertici dell’università, in una sorta di fair play finanziario, non si devono essere preoccupati di fare troppa pressione sulla Provincia stessa.
I piani edilizi non hanno rallentato
Nel nostro precedente articolo avevamo fatto notare come nello stesso bilancio di ateneo fosse riportato che i debiti della Provincia avessero rallentato i piani edilizi dell’università. Su questo punto il Rettore ci tiene a fare una precisazione, perché “sul piano edilizio è vero che ci sono stati rallentamenti, ma questo non ci ha provocato mancanza di risorse, anzi è vero il contrario! Avevamo infatti 55 milioni di euro a bilancio per la costruzione della nuova biblioteca, che il Comune ci ha impedito di costruire perché non ci ha mai dato la deroga urbanistica. Anche se politicamente erano tutti favorevoli a questa costruzione, poi la Commissione urbanistica ha sempre sollevato problemi ed obiezioni, che ci hanno fatto sempre più capire che la biblioteca non piaceva e non sarebbe stata fatta. È quindi vero che i crediti nei confronti della Provincia ci hanno fatto soffrire e questo può aver inibito la nostra capacità di investimento, ma comunque questo non ci ha danneggiato troppo sul piano edilizio, perché il nostro piano è rimasto fermo dinanzi ad una non-autorizzazione urbanistica. Bisogna poi aggiungere che noi già l’anno scorso abbiamo sbloccato tre operazioni immobiliari importanti: per prima la costruzione di un nuovo edificio da 11 milioni per neuroscienze a Rovereto, la costruzione della biblioteca di Mesiano e per ultimo la ristrutturazione di Mesiano stessa, che ha problemi edilizi da sistemare, per un totale di circa 20 milioni. Quindi non è che non stiamo facendo perché non abbiamo cassa, ma allo stesso tempo è anche vero che se questa non arriva si potrebbero avere dei problemi.”
Il piano di rientro
Le prospettive per il futuro sono comunque positive. Infatti “la Provincia ha 700 milioni di euro depositati in un conto corrente, che non ha però potuto utilizzare liberamente perché incappata nel Patto di stabilità nazionale, il quale stabilisce che non puoi spendere secondo quello che hai a disposizione, ma devi farlo secondo le quote storiche. Quindi anche se tu accumuli un tesoretto di centinaia di milioni lungo gli anni, poi però non puoi spenderlo a tua discrezione, bensì non devi discostarti da quanto hai speso gli anni precedenti. Un cambiamento si avrà dal 2018, quando la possibilità di spesa si legherà ai saldi bilancio, cioè a quanto hai in cassa, e perciò si potrà spendere più liberamente. Quindi la provincia dall’anno prossimo potrebbe anche darci tutti i soldi, se non fosse che l’Università non è capace di spendere 100 milioni all’anno. Perciò, dei crediti arretrati che abbiamo, abbiamo convenuto che ci pagheranno circa 10 milioni all’anno e gli altri li useremo per investimenti (che saranno la ristrutturazione di Povo, il completamento di Mesiano e la mensa all’ex Cte)”
Il rapporto con la Provincia
Quando gli chiediamo se effettivamente le accuse alla Provincia di aver messo in secondo piano l’università siano fondate o invece essa abbia agito così per il patto di stabilità, il Rettore ci risponde scherzando ma nemmeno tanto: “Sì, è vero, forse la Provincia poteva fare una rotatoria in meno!”, aggiungendo poi “che fino al 2013 la Provincia poteva decidere di dare tutti i soldi all’università, ma noi comunque avevamo abbastanza cassa per coprirci. Diciamo che hanno fatto una scelta politica, visto che noi potevamo fare lo stesso facevano gli stanziamenti ma poi non ci davano tutti i soldi. Dal 2013 in poi la Provincia però di soldi non ne ha avuti più per nessuno, ed ha fatto la stessa cosa con tanti altri enti, dall’azienda sanitaria alle case popolari e ai fondi di ricerca.”
Collini su questo punto fa anche una considerazione più generale: “Il rapporto con la Provincia è di fiducia, a volte di tensioni, ma sempre di leale collaborazione. Che poi l’attuale Provincia non abbia la stessa visione strategica sull’università rispetto a quella precedente, che ha chiesto allo Stato la delega, è sicuramente vero. C’è stato chiaramente un cambio politico: la giunta Dellai è stata un governo che ha creduto molto negli investimenti in ricerca, formazione e conoscenza. Sulla presidenza Rossi bisogna invece dire che senz’altro ha avuto meno soldi disponibili, però sicuramente nella sua visione di strategia del Trentino un investimento di lungo termine in istruzione e ricerca non è centrale. Per credere in un investimento in conoscenza bisogna guardare lontano perché questo produce effetti nel lungo termine, mentre oggi è più difficile guardare lontano e si vorrebbe qualcosa che producesse un risultato domani mattina. Io personalmente penso che l’investimento nell’università abbia pagato tantissimo per il Trentino e lo si vede, però quando una cosa ce l’hai ti abitui e gli dai meno peso.”