Studenti con mancanza di idee o fa comodo raccontarli così?
“Movida, gli studenti vanno in Comune”, si intitolava così uno dei vari articoli usciti sulla stampa trentina la scorsa settimana, dopo l’incontro fra Consulta degli Studenti e rappresentanti delle istituzioni e degli esercenti. Tra chi afferma che gli studenti non hanno proposte ed idee e chi li accusa di pensare solo alla movida e agli spritz, il racconto dell’incontro è sembrato eccessivamente pessimistico e critico agli studenti presenti. Ne abbiamo parlato con Luca Bocchio, Simone Valle e Gabriele Penazzi, studenti presenti all’incontro e che si sono detti perplessi dell’immagine che ne è venuta fuori.
“Noi eravamo andati lì per capire la situazione, per interrogare i presenti e per iniziare un percorso di dialogo e confronto”, ci spiega Simone, “se non conosciamo i paletti che ci verranno messi, la legislazione e le regole che proposte possiamo fare? Probabilmente non era stato chiarito a sufficienza lo scopo dell’incontro. Quando Peterlana (presidente provinciale dei pubblici esercizi) è intervenuto dicendo di essere venuto per ascoltare la nostra proposta, aspettandosi quindi una soluzione già confezionata al problema, siamo stati colti di sorpresa: per noi l’incontro voleva essere un’occasione per vederci in faccia, conoscerci e soprattutto capire da chi ne sa più di noi quali possano essere gli spazi e le modalità per realizzare eventi in città”.
Gli studenti sanno di non avere risposte semplici, come ci sottolinea Luca: “Il problema è complesso, noi non lo conosciamo a fondo, e quindi non abbiamo una soluzione. Sia perché non siamo informati a dovere -e quell’incontro era stato organizzato per quello – ma anche perché noi ci occupiamo di rappresentanza studentesca e non siamo organizzatori di eventi che hanno pronta la soluzione da proporre e attuare subito per il Comune. Il punto fondamentale è il parlarsi e il coordinarsi, perché poi le idee possono venire fuori.”
Un altro punto su cui sono dispiaciuti è l’immagine che si dà di loro: “spiace che tutti i giornali siano usciti parlando di movida, noi volevamo parlare della dimensione dello studente a Trento e di come questo si possa integrare con tutta una serie di eventi. È ovvio che il problema di cosa fare la sera è quello più sentito e quello sul quale ora, alla luce degli input di questo incontro, ci sentiamo di focalizzarci.
Gabriele fa invece una considerazione più generale: “Trento si vanta tanto di essere una città universitaria, ma tutti i soggetti istituzionali con i quali ci confrontiamo non sembrano avere chiaro quali sono le esigenze di uno studente e cosa effettivamente questo faccia. Uno studente studia fino alle sette, a volte anche oltre, va a casa, mangia e prima delle nove, ad essere molto ottimisti, non esce di nuovo di casa. È chiaro che se l’amministrazione impone di spegnere la musica alle 23 va a tarpare tutta una serie di eventi organizzati fra settimana, ovvero nel periodo in cui gli studenti vivono di più la città. Invece sentiamo sempre proposte per organizzare eventi nella fascia pre-serale, quella dello spritz, quando lo studente medio non fa aperitivo tutti i giorni, poiché spesso si ferma a studiare fino ad orario di cena e non stacca alle cinque o alle sei. Le fasce orarie, le abitudini ed i consumi dello studente universitario sono evidentemente poco conosciuti da chi poi prende decisioni che li riguardano.”
“Noi a Trento città alla fine siamo un quinto o un sesto della popolazione, una fetta abbastanza rilevante, e non siamo politicamente rappresentati, per cui bisogna costruire un dialogo per capire le esigenze di tutti”, aggiunge Luca, “la politica trentina dovrebbe avere il coraggio di essere un po’ impopolare. Ovviamente l’interesse dei residenti non può essere negato, ma questa non può essere sempre l’unica risposta che riceviamo quando avanziamo una proposta, ci dovrebbe essere una mediazione o un compromesso che renda felici entrambe le parti. E ormai bisogna prendere atto del fatto che l’università è un motore incredibile per la città, a cui deve essere dato peso anche nel pianificare la vita cittadina, altrimenti tutto il fattore umano che l’ateneo coltiva inevitabilmente andrà perso, quando lo studente, finito il suo percorso, scapperà da Trento.”
Il dialogo però non è stato inutile, infatti “gli spunti che sono poi venuti fuori sono stati positivi. Si è stati concordi nel voler creare una serie di eventi che vadano oltre lo spritz a poco prezzo, ma che comprendano una serie di cose che vanno dall’evento culturale alla serata di musica. Soprattutto c’è l’esigenza di differenziare le proposte: organizzare più eventi, in più location della città, per dare sia un’offerta maggiore, sia poter garantire che non si verranno creare disagi per il sovraffollamento ed il disturbo in un unico luogo, cosa che potrebbe dare il là alle solite critiche dei residenti. Questo va a vantaggio di tutti: da un parte gli esercenti che vedrebbero popolarsi diverse parti della città, dall’altra gli stessi studenti che potrebbero trovare più eventi che corrispondono ai loro tanti interessi.”
Il punto su cui tutti tre sono estremamente d’accordo è però l’immagine che si è scelto di dare all’incontro: “La cosa che forse ci ha dato più fastidio è il fatto che studenti e amministrazione vengano considerati come due cose totalmente slegate, due mondi che si scontrano in modo quasi insanabile. Siamo stati dipinti più lontani e inconciliabili di quanto in realtà siamo. Noi cerchiamo il dialogo ed il confronto, solo così si può crescere e portare avanti idee efficaci.”