MORE LIFE – DRAKE
Il 24 del passato Ottobre, ossia il giorno prima del suo compleanno, Aubrey Graham, aka Drake, disse ai microfoni della OVO Sound Radio che il progetto a cui stava lavorando sarebbe uscito per la metà di Dicembre, in concomitanza con l’annuncio, lanciò alcuni interessanti singoli, inclusa la narcisistica hit “Fake Love” (unico singolo rimasto nella tracklist finale). Senza troppe sorprese l’album è poi slittato di qualche mese ed ha fatto capolino nella notte tra il 17 e 18 Marzo, venendo presentato nel radio-show della Beats 1 con una puntata dedicata.
Drake ha descritto il progetto “a playlist with all original music” e quando XXL (un noto magazine di musica, ndr) ha domandato a Nineteen85 come mai il rapper di Toronto parlasse di una “playlist” piuttosto che di un album vero e proprio, il produttore e collaboratore di vecchia data ha affermato:
“More Life is interesting because this is him right on the peak of his biggest project yet [with Views], doing his biggest tour and still having so many good ideas that he just wants to put out without making it a big ordeal. That’s why he’s trying to call it a playlist because he has a bunch of people in a space, hanging out. He’s so aware of what everybody else is doing musically that he likes to introduce new music and new artists to the rest of the world.”
All’uscita, le ipotesi di un lavoro più light sono state smentite e più il tempo è passato più la lista dei brani si è allungata, arrivando addirittura a ventidue (come accadde per quel “What a Time to Be Alive” registrato e scritto con Future in meno di una settimana nato come un mixtape, poi trasformatosi in un disco vero e proprio). Quello che doveva rappresentare uno stopgap per l’artista canadese si è rivelata invece una vera e propria nuova pietra miliare del genere ed una pausa proprio non è stata, anzi; con due album all’attivo usciti in meno di 12 mesi, un tour mondiale ancora in corso e l’imposizione della propria musica in tutte le playlists mondiali sembra proprio che Drizzy non voglia prendersi nessun (meritato) periodo di riposo, perché si sa: chi dorme non piglia pesci! Questo non è assolutamente un progetto minore: tutt’altro.
Lanciato nell’etere in concomitanza di altri due lavori, il nuovo di Stormzy e quello di Ed Sheeran, ciò che sorprende ascoltando More Life è la perfetta coesistenza di ritmi (triti e ritriti) dei quali il mercato rap è saturo, resi assolutamente freschi e stimolanti: non è cosa da niente, anzi, è un lusso che ben pochi possono permettersi. Dalla prima all’ultima canzone il disco fila liscio come l’olio ed i beats s’incastrano perfettamente l’uno di seguito all’altro, creando una miscela esplosiva che migliora ascolto dopo ascolto. Il corpus del disco infatti è molto vario, con tracce poggianti su basi che sembrano prelevate direttamente dalla cultura deep-house londinese degli anni novanta ed altre rubate al genere denominato africanbeat , su cui Drake si muove con magistrale abilità, non risultando mai banale. Ma non è finita qui: il rapper canadese butta dentro il calderone anche alcuni tra i pesi massimi della scena grime e R&B londinese, avvalendosi delle bellissime voci di Jorja Smith e Sampha, oltre che alle rime taglienti di uno stellare Skepta e di un Giggs in ottima forma.
Ovviamente Drake fa da padrone nella lunga sfilza di canzoni, ma lascia il posto ad altri artisti intervallandosi intelligentemente, donando un tono quasi corale a tutto l’album.
Si sente quanto la scena londinese sia preminente nelle scelte stilistiche, dai beats al flow, ora incisivo e cattivo, ora dannatamente rilassante; qui sta anche il genio dell’Mc di Toronto: accostare brani dai bpm molto alti a tracce dai toni smorzati e quasi favolistici, unire, come direbbe il mio professore di storia, “il santo e lo spartano”.
Cosa si vorrebbe di più? Ci sono tutti! C’è lo skit di Lil Wayne, c’è PARTYNEXTDOOR, c’è Young Thug, c’è Kanye e pure Travis Scott.
Ma non provate a definirlo un semplice album, qualcuno potrebbe offendersi! Questo che viene presentato con il sottotitolo: “A Playlist by October Firm” è uno squisito Decamerone che soddisfa tutti i palati musicali: ce n’è per tutti i gusti. Perché fare una playlist e non, semplicemente, un nuovo album? Forse perché la playlist è il metodo preferito di ascolto degli utenti delle varie piattaforme streaming e Drake, globalmente riconosciuto come il re dello streaming, lo sa bene. Riesce ad unire brani dagli animi differenti in quello che potremmo definire un viaggio musicale nella sua testa; per esempio le tracce “Blem” e “Lose You” dal tono solare ed ameno si amalgamano senza mai stridere con quelle più graffianti dal sapore grime, come “No Long Talk” e “Gyalchester”: una vera manna dal cielo.
Volendo, Drake, potrebbe tirarci fuori tranquillamente una cosa come 6/7 singoli da lanciare in radio, ma si perderebbe il filo rosso che lega tutte le tracce dell’album, un fil rouge che vi lancerà a tutta velocità tra le onde di questa sinusoide musicale dannatamente accattivante.
Aubrey riprende le tematiche delicate e personali che avevano caratterizzato anche il lavoro precedente, ossia quel “Views” che fu un successo commerciale, ma che la critica abbatté all’unisono, definendolo un album, forse, troppo pretenzioso. Questo ultimo lavoro ha tantissimi debiti nei confronti del precedente: alcune tracce sembrano delle vere e proprie “hidden tracks” dell’album uscito nella scorsa primavera. Drake è un talento pure, un Re Mida che assieme al fidato 40, trasforma in oro, od in questo caso oro puro per le orecchie, tutto ciò che tocca. Un lavoro certosino è stato fatto dal sound team della OVO, primo fra tutti Noah “40” Shebib , forse attualmente il produttore più forte della scena hip-hop mondiale; ovviamente dopo un certo signore, che nella playlist figura come Executive Producer e presta la voce in “Glow”, l’ottava traccia del disco : Kanye West. Questo agglomerato eterogeneo di pezzi, ricalca in parte l’idea di raccolta già sperimentata in “The Life of Pablo”: unire come in coro i migliori produttori e cantanti del panorama mondiale.
Forse non è tutto oro quello che luccica come disse qualcuno e sebbene Drake e 40 siano assieme una coppia esplosiva, musicalmente parlando bisogna ammettere che alla lunga il disco potrebbe risultare ripetitivo se si pensa alla spropositata quantità di materiale che oltreoceano sta uscendo in questi ultimi mesi. Se si è alla ricerca di liriche profonde e conscious alla Kendrick Lamar o alla J.Cole questo non è il progetto adatto, poichè Drake bisogna prenderlo così: non è nessuno dei precedenti. Non è 2Pac, non è Biggie, però ehi, i tempi sono cambiati e questo è Aubrey Graham: un ragazzo di periferia che ha realizzato il proprio sogno nel cassetto: trovare un posto nel mondo.
Non ci troverete tecnicismi alla Rakim, ma vi sfido a non muovere la testa a tempo quando parte il tema con il flautino in “Portland”. Drizzy è l’eterno adolescente dentro ognuno di noi, alcune mattine con l’umore sotto i piedi ed incazzato con il mondo, delle sere invece innamorato, ma non ricambiato, e fidatevi, girovagare per le vie della città, con il sole che inizia a scendere, facendo partire nelle cuffiette “Passionfruit” è un’emozione indescrivibile. More Life (nel gergo Jamaicano significa una cosa come “pace e bene, buona vita”) è un disco da passeggio, è un disco da festa, questo, è un disco con la D maiuscola. Un album, generalmente, dovrebbe suscitare emozioni nell’ascoltatore, non importa quale, se gioia, tristezza o rabbia e questo pastiche ci riesce benissimo.
È l’ennesima (ri)prova della qualità dell’industria musicale d’ oltreoceano, che può permettersi di creare assolutamente quello che più aggrada agli artisti e venire pure ripagati in tutti i sensi. Lasciatemelo dire, lasciatemi sbilanciare, citando proprio il buon vecchio Drizzy:
WHAT A TIME TO BE ALIVE e MORE LIFE Y’ALL!
Buon ascolto a tutti.