Erasmus Chronicles – L’infinito e la malinconia nelle strade di Lisbona

Lisbona respira. Sembra che inspiri ossigeno tramite le sue strade strette e ripide, trae delle lunghe boccate d’aria, per poi espirare nelle piazze, lasciando uno strano senso di spazio, di libertà. Respira e canta. Ci sarà musica per le strade, anche quando mancheranno i musicisti, si sentono le note dei colori dei palazzi e delle case, tutti così sgargianti, sembrano riflettere il sole, soprattutto al tramonto.

Quando sono sbarcata ero curiosa, emozionata e un po’ intimorita, temevo di non riuscire ad adattarmi all’oceano, ai ritmi portoghesi e alla cultura, i miei incubi mi dipingevano incapace d’imparare la lingua o integrarmi in una città non solo molto più grande di quella cui mi ero faticosamente abituata, ma anche senza montagne all’orizzonte, senza i colori dell’autunno o la neve per strada, senza lo sguardo che s’arrampica tra le rocce pur di vedere il mondo ai suoi piedi, da una cima qualsiasi.

Invece, appena sono uscita dall’aeroporto ho capito che era la città giusta, quella che un po’ avevo desiderato e un po’ aspettato. Ho subito sentito l’aria salmastra, il richiamo dell’oceano e il profumo di casa. Mi sono persa un paio di volte per le vie del centro, alla disperata ricerca di un miradouro (un punto panoramico) da cui poter assaporare la vista della città. A un certo punto, inaspettatamente, sono arrivata sull’oceano e il mio cuore si è fermato.

Ho capito, improvvisamente, cosa fosse la saudade, la “malinconia” che abbraccia Lisbona. È la consapevolezza di quanto la vita sia effimera, finita, e sfuggevole, ma è anche il desiderio irrefrenabile di trovare l’infinito, la voglia d’eternità impregnata della conoscenza del tempo. Forse è la saudade la causa della mancata gestione delle tempistiche in Portogallo, forse si vive con un quarto d’ora di ritardo per allungare le giornate, cercare di tendersi verso l’infinito.

Mi è bastato scendere dall’aereo e muovere i primi passi per la città per accorgermi che i ritmi e le tempistiche sono diversi da quelli cui ero abituata e, forse, sono, addirittura opposti. Le lezioni iniziano il giorno X, o meglio, mi era stato detto che sarebbero iniziate quel giorno, poi i professori hanno deciso di allungare l’estate per una settimana, forse due. Non hanno avvertito. Sono andata in classe per qualche giorno per trovare il vuoto e la solitudine, al limite qualcuno che mi diceva di tornare il giorno dopo o la settimana seguente. Ho cercato qualche risposta all’ufficio Erasmus ma difficilmente ne ho trovate, però ho conosciuto qualcuno in fila come me, quindi, ogni tanto, sono tornata a fare una coda, mi sono presa una mezz’ora, di tanto in tanto, per stare seduta su una panchina sotto il sole delle vetrate e fingete d’essere in una serra, ne è valsa la pena.

Mi sono rilassata, calmata, non avevo fretta di fare nulla, aspettavo e osservavo, le persone che girovagavano per i corridoi e quelli che aspettavano, tutti, ancora, troppo abituati alle abitudini nazionali per lasciarsi coinvolgere dalla disorganizzazione.

Ci sono state giornate lunghe in cui mi è sembrato di non aver fatto niente, solo colazione. Avrò modo d’occupare il tempo, ma con calma.

I portoghesi non sono preoccupati, sembra, da niente. Vivono le giornate con una buona dose di gentilezza e disponibilità ma solo una piccola parte d’efficienza, per cui ci vorrà tempo. Tempo perché si sappia l’orario delle lezioni, tempo per capire come leggere l’orario stesso, tempo per capire come evitare che le lezioni s’accavallino, tempo per comprendere come funzionano gli esami, solo tempo, tanto. Le informazioni le avrò a piccole dosi e ognuna di esse mi sembrerà la chiave di volta, non è detto lo sia.

Ma mi ricordo di guardare il cielo, almeno un paio di volte al giorno, sarà sempre, incredibilmente, blu, sembrerà infinito, senza inizio e senza fine, una coperta sulla città e un rifugio per lo sguardo.


Erasmus Chronicles è la rubrica che racconta le esperienze degli studenti universitari di Trento in Erasmus. Se vuoi contribuire scrivi a redazione@luniversitario.it

Carlotta Maria Capizzi

Diplomata al liceo delle scienze umane di Chiavenna (SO) nel 2015. Ho frequentato un anno di superiori a Greeley, Colorado, alla Northridge High School. Ho lavorato come organizzatrice di eventi per il Consorzio turistico di Madesimo. Attualmente studio giurisprudenza all'Università degli studi di Trento.

More Posts

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi