Sentieri sinfonici: al via la nuova stagione trentina nel segno del compositore estone Arvo Pärt
STAGIONE SINFONICA
11.10.2017
Trento, AUDITORIUM, Via S. Croce, 67
ore 20.30
“Ascolta… la senti? La musica! Io la sento dappertutto: nel vento, nell’aria, nella luce… è intorno a noi, non bisogna fare altro che aprire l’anima, non bisogna fare altro che ascoltare!” da August Rush, La musica nel cuore, USA 2006.
Trisagion, per orchestra d’archi.
Arvo Pärt, estone, apre le porte della prima serata della stagione sinfonica. Venne coniato per lui il termine di “minimalismo sacro”, che in questa composizione del 1992 riesce a trovare un riscontro chiaro all’udito dell’ascoltatore. Gli archi dominano il palco, timidamente cominciano questo gioco di note smorzate, contrappunti. I contrabbassi e i violoncelli stendono un telo dai toni molto cupi sul quale i cugini più piccoli intessono una melodia fragile. Fragilità è infatti la prima cosa che si riconosce all’ascolto, sembra che Pärt faccia fatica a convincersi di poter rompere il silenzio. L’autore ha costruito questi fraseggi da un testo sacro, anche se le uniche voci che si sentiranno saranno le vibranti note degli archi. Lentamente i suoni convergono, sembra l’inizio di un lungo sentiero, quando ancora i passi si susseguono senza fretta, tastando il terreno. L’orchestra procede con riserve, cresce e cala insieme, sembra stia respirando simultaneamente. I musicisti stanno prendendo forze, solennemente alzano il capo, gli archetti premono sulle corde con vigore. Il tema religioso si percepisce dall’alternarsi di tensioni drammatiche, continue, verso qualcosa di più alto, è una strada tortuosa, ma la ricompensa per coloro i quali avranno il coraggio di intraprenderla ripagherà le fatiche.
Sinfonia N°7 in Do maggiore, Op. 105
Jean Sibelius compose questa sinfonia nel 1924, all’età di 49 anni, in un’epoca in cui “mentre altri erano impegnati nellaconfezione di cocktail, Sibelius serviva al pubblico acqua gelida” come scrisse il Manchester Guardian. Freschezza è in effetti ciò che prima di tutto si percepisce. La purezza delle melodie trascina i più emotivi, evocando atmosfere cupe smorzate dalle note più calde e squillanti degli ottoni, di cui il trombone suona il motivo principale, chiamato dallo stesso compositore “Tema di Aino”. Complessi, di contro, sono i continui mutamenti delle tempistiche, capaci quasi di smarrire. Sibelius, considerato un simbolo del patrimonio musicale finlandese, esprime qui sicuramente la sua radice romantica, carica di emotività, in quello che da alcuni è considerato il prodotto più rimarcabile e non-convenzionale della sua intera opera di compositore. Ciò che è certo è che questa fu la sua ultima eredità orchestrale a cui non seguì poi più nulla: egli si ritirò definitivamente dalla composizione pochi anni dopo averla composta, anche se si narra che bruciò le bozze per un’ottava sinfonia. Al di là delle peculiarità tecnico musicali, ciò che chiunque può udire da questa sinfonia è l’umiltà dei suoni. Sembra come se Sibelius abbia temperato ogni melodia arrivando ad un risultato immediato e molto semplice da apprezzare.
Sinfonia N°1 in Do minore, Op. 68
Brahms lavora alla composizione di questa sinfonia dal 1862 al 1874, data della prima esecuzione in pubblico. È un’opera complessa, un prodotto articolato ricco di citazioni importanti (come alla nona sinfonia di Beethoven, nell’ultimo movimento). Analisi critiche, battuta per battuta, forse hanno un po’ offuscato quello che realmente possiamo capire ascoltando questo capolavoro: benché si tratti della prima sinfonia composta dall’autore austro-tedesco è già il prodotto di un compositore affermato, sicuro di sé e dei propri strumenti, tanto da portare il critico Eduard Hanslick a definirla “la decima sinfonia di Beethoven”. I toni sono solenni, decisi, ma non si perde di vista il romanticismo che contraddistingue quasi ogni sua opera, il cui carico emozionale non lascia per un attimo l’ascoltatore: lo costringe ad estreme tensioni e cadute vertiginose, sospinto in un limbo emotivo dalla forza degli archi, degli ottoni, delle percussioni. Brahms utilizza tutto il potenziale racchiuso in ogni singolo strumento, non dà tregua all’udito. La sinfonia, divisibile nei 4 movimenti classici, costringe al silenzio più rispettoso. È un gesto di fiducia quello che facciamo, lasciamo che sia questo tedesco vissuto quasi duecento anni fa a guidarci nel suo genio, nella sua capacità di riassumere esperienze umane universali in opere sinfoniche.
Così si conclude la prima serata sinfonica, un viaggio cronologicamente a ritroso, dal 1992 al 1924 ed infine al 1874. Questa è l’eredità che ci lasciano i grandi maestri, opere che demoliscono le barriere temporali, saltano da secolo in secolo come grilli impazziti, a cui noi oggi possiamo dare un significato nuovo, personale, senza sforzo alcuno. Ascoltare questi brani immortali ci permette, anche solo per una breve serata, di avere un respiro universale, di essere anche noi, piccoli ascoltatori del ventunesimo secolo, spettatori dell’armonia del mondo che si fa nota scritta, diventa melodia, gonfia lo spirito e apre la mente.
Buon ascolto….
Gabriele Barichello
Giacomo Floreano
Revisione: Matteo Casonato
Immagine di copertina: Andrea Voigtländer, andreavoig.tumblr.com