Umanità dentro e fuori la Siria
di Alessia Colle
Immaginate un Paese ricchissimo di cultura e storia. Tanto ricco che, per esempio, può raccontarvi ancora, dopo quasi quindici secoli, quale grande festa organizzò in onore di una parte della Croce di Cristo che era stata recuperata. Del resto, alcuni piccoli villaggi di questo Paese sono gli unici luoghi al mondo in cui si parla ancora l’aramaico, lingua che era parlata da Gesù. Questo Paese non è importante però soltanto per la storia del Cristianesimo e conta anche numerose moschee; ciò che è insolito però è che una di queste sembra conservare la testa di Giovanni Battista.
Ma se volessimo allontanarci un momento da ciò che riguarda la storia delle religioni, potremmo
considerare il fatto che qui è stato ritrovato il primo alfabeto fonetico della storia, da cui derivano anche quello latino e quello greco. O, ancora, il fatto che in una delle città centrali ci sono delle enormi ruote di legno, le quali un tempo servivano per rifornire l’acquedotto e portare l’acqua in vari punti. Oppure il fatto che in un’altra città ci sia un enorme teatro di epoca romana in grado di ospitare circa quindicimila spettatori. A conferma della preziosa antichità di questo Paese c’è la sua capitale che si ritiene essere la più antica al mondo abitata con continuità. Si dice anche che chi ci cammina passa sopra a cinque civiltà.
Immaginate però che questo Paese sia devastato da un violentissimo conflitto; da anni la situazione non accenna a migliorare e le conseguenze sono disastrose: molte città, molti distretti, molti luoghi di ritrovo vengono distrutti. Un popolare mercato coperto, uno dei più grandi e antichi al mondo, è abbattuto dal fuoco. Il minareto di un’imponente moschea che si trova in questo Paese, tra le più grandi in tutto il mondo, viene distrutto da colpi di artiglieria pesante. Questi sono solo alcuni dei danni provocati dalla sanguinosa guerra che è ancora in corso e, sebbene sia in ballo l’abbattimento di opere antichissime che non potranno più essere riprodotte, questo si può considerare il male minore. Centinaia di migliaia sono i morti che si contano dall’inizio del conflitto, milioni coloro i quali hanno cercato rifugio nei Paesi limitrofi o altrove.
Sembra esserci ora un lieto fine o, perlomeno, una magra consolazione. I Paesi limitrofi comprendono la gravità della situazione, in un certo senso si sentono coinvolti, comunque non possono rimanere fermi di fronte a tutto quello che sta succedendo. Si muovono, accolgono gli sfollati, portano aiuti. Ma ecco che anche il suddetto Paese, il Paese ricchissimo di cultura, decide di reagire ed anche al suo interno numerose persone si adoperano per aiutare i civili che sono rimasti senza una casa, senza una famiglia. Tenta di rialzarsi. Non dobbiamo dimenticare, però, che la guerra è ancora in corso; non è così inusuale, allora, vedere il vetro di un ambulanza centrato da proiettili e, purtroppo, capita anche di dover celebrare funerali di persone che si erano impegnate ad aiutare chi si trovava in difficoltà. È doloroso pensare a ciò che è capitato, per gli abitanti di questo Paese, ed è difficile trovare una soluzione, ma c’è, da parte di tutti loro, la volontà di ricominciare e la speranza che tutto questo finirà. È per questo, forse, che decidono di sorridere a un fotografo che si presenta loro davanti.
Il paese in questione è la Siria. Il conflitto che, dal 2011, la insanguina, ha provocato dieci milioni di sfollati, oltre alle centinaia di migliaia di morti. È questa la storia che Ibrahim Malla vuole raccontare attraverso le sue fotografie. Malla è un fotografo italo-siriano la cui opera è esposta, fino al 17 dicembre 2017, a Le Gallerie di Piedicastello a Trento; è specializzato nel campo umanitario e sociale, ma è anche fotografo documentarista e prima della guerra ha ritratto gran parte del patrimonio storico e culturale siriano, ottenendo un riconoscimento dall’UNESCO. Forte di quest’esperienza ha creato una mostra singolare, in cui il prima e il dopo del conflitto sono messi a confronto, sia a livello culturale che umano.
Malla è però anche il fotografo ufficiale della Mezzaluna Rossa Araba Siriana e per questo motivo ha la possibilità di documentare il conflitto così da vicino: sono i volontari di quest’associazione a portare aiuti agli sfollati; tuttavia, il prezzo da pagare è piuttosto alto, considerato che sono morti in servizio decine di loro, cui si aggiungono i fermati e i feriti. « Le foto esposte vogliono aiutare a percepire » si legge sulla presentazione della mostra, « la drammaticità dell’attuale situazione siriana e dei volontari che vi operano, offrendo ogni giorno la propria vita in nome dei principi di Umanità, di Imparzialità, di Neutralità. »