Sentieri Sinfonici: il clarinetto guida l’Orchestra Haydn in questa magica serata della stagione sinfonica.
STAGIONE SINFONICA
13.12.2017
Trento, AUDITORIUM, via S. Croce, 67
ore 20.30
“Chi non ama la musica, non ha il cuor ben fatto.” Proverbio italiano
Con Brio
Jorg Widmann nasce nel 1973 a Monaco, clarinettista, come vuole il tema di questa serata. i suoi lavori come compositore cominciano a farsi largo tra il pubblico nei primi anni del ventunesimo secolo. Scrive “Con Brio” nel 2008, un’ouverture per la settima e l’ottava di Beethoven in programma per l’Orchestra Sinfonica della radio bavarese (BRSO). Utilizza infatti gli strumenti presenti nella partitura originale di Beethoven, di cui ne fa espliciti richiami anche nell’elaborata tessitura compositiva. “L’ouverture di Widmann è come una decostruzione di Beethoven, giocosa e seria allo stesso tempo” scrive Tommasini per il New York Times, un utilizzo sagace ed attuale degli stessi strumenti compositivi che il grande genio tedesco aveva nel 1800. La portata di questa composizione però non va intesa dipendentemente dai lavori beethoveniani, va ricercata oltre, sciogliendo un legame che, per quanto voluto dallo stesso compositore, rischierebbe di far venir meno l’indipendenza artistica di quest’opera. Il pregio quindi, per chi saprà ascoltare con pazienza, sarà quello di ritrovare tra i pentagrammi di questa ouverture una forza originale che colora ogni nota, ogni strumento, creando in soli dodici minuti un’atmosfera che difficilmente si può rendere in qualche riga. Una confusione primordiale, che all’ombra di Beethoven riesce ancora a dirci qualcosa di nuovo ed inaspettato.
Concerto per clarinetto in La maggiore, K 622
Al centro della serata il direttore d’orchestra e clarinettista solista Valentin Uryupin, in forte ascesa sulla scena russa, suonerà il concerto per clarinetto in la maggiore K 622. Questo concerto fu originariamente composto da Mozart per il clarinettista Anton Stadler due mesi prima di morire. Si narra che quest’ultimo dette poi in pegno le opere che Mozart scrisse per lui, ma é risaputo che su Mozart e sulle sue opere molto é stato romanzato. Parla però con certezza e carattere la musica di questo genio assoluto: Mozart scrisse un concerto in cui il clarinetto riesce ancora oggi a dare prova di tutte le sue possibilità e sfumature meravigliose, nonostante lo strumento sia nel tempo cambiato. Nell’allegro e nel rondò infatti le note del clarinetto saltano come una molla, dall’alto al basso cambiando improvvisamente ottava, eppure mai in modo maldestro e brusco ma sempre con una morbidezza ed un calore delicati. Una particolarità é rappresentata dalle note gravi, che secondo la composizione originale si spingono così in basso da richiedere addirittura l’uso del più completo clarinetto di bassetto. Nell’adagio si racchiude l’essenza più sentimentale dell’intero concerto in cui il clarinetto esprime una sensualità propria solo di questo strumento. Chiudendo gli occhi, infatti, sembra quasi di udire una voce umana cantare.
Sinfonia n. 2 in Re maggiore Op. 36
La seconda sinfonia del Maestro soffre della presenza delle consorelle più celebri, come la terza, la sesta, la settima e nona. Un discorso forse privo di senso, in quanto stiamo parlando di un bouquet di capolavori che forse non troverà mai eguali nella storia della composizione mondiale. composta nei primi anni dell’800 la seconda sinfonia si colloca in un preciso periodo per l’autore, la malattia che lo porterà alla sordità è infatti appena stata scoperta, come un triste presagio, una lunga ombra che si distende sul capo di Beethoven per il resto della sua vita. E’ difficile quantificare la portata emotiva di questa scoperta, ma un genio del suo calibro non ha tralasciato parlarcene direttamente tra le note da lui stesso redatto. ascoltando attentamente, a parte un iniziale richiamo al tema che poi andrà ad essere centrale nella nona sinfonia, il clima creato dall’orchestra in questa composizione ha un retrogusto amaro, cupo, molto più di quello a cui siamo stati abituati ascoltando una composizione precedente. E’ una sofferenza che si trasmette in modo sottile e raffinato. I critici sostengono sia la prima comparsa anche del “sapore eroico”, ma c’è veramente da stupirsi? Sarebbe emozionante pensare che non sia altro che il guanto di sfida gettato dall’autore verso la sua malattia, una menomazione che non riuscirà a soffocare i prodigi che Beethoven compirà negli anni successivi. La forza di un’ideale, come quello musicale, che travalica ogni impedimento fisico, cosa c’è di più eroico dunque? Beethoven è un uomo che non si è piegato alla cattiva sorte, l’ha anzi sfidata a viso aperto, e ha vinto il premio più ambito, ha vinto l’immortalità.
Questa serata tocca con delicatezza un tema prezioso per la musica classica, quello dell’eredità. I grandi maestri del passato non ci hanno lasciato stupende sculture da lasciare dietro ad una teca per essere ammirate e venerate, meglio, non solo! E’ giusto rispettare un capolavoro nella sua integrità, studiarlo, ma se ci riducessimo solo a questo sarebbe un grande tradimento del significato stesso di arte: arte significa anche rispettosamente dare fastidio, mancare di rispetto, essere scomodi per gli occhi o alle orecchie del proprio pubblico. I grandi affronti sono anche magnifici confronti con il passato che trova una voce nuova negli artisti contemporanei.
Gabriele Barichello
Giacomo Floreano
Immagine di copertina: Andrea Voigtländer, andreavoig.tumblr.com