Intervista a Willie Peyote: è più Rap, più Indie, o Ca**one?

Il rapper torinese Willie Peyote, al secolo Guglielmo Bruno, in un freddo mercoledì sera di Dicembre ha portato tutta la band e la carica irriverente che lo contraddistingue al Teatro SanbàPolis; sta girando tutt’Italia per il tour del suo ultimo lavoro, il quarto album in studio: “Sindrome di Tôret”. Dopo aver suonato per circa un paio di ore, ci incontriamo a fine concerto nel suo camerino dove lo trovo intento a fumare una sigaretta. Lo vedo sereno e soddisfatto, saluta tutti, concede selfie ed autografi; non corrisponde affatto allo stereotipo del rapper altezzoso e primadonna che ci si potrebbe aspettare. E così, dopo aver aperto una lattina di birra, iniziamo a parlare, mentre penso tra me e me: “ma siamo sicuri che Willie Peyote sia veramente un rapper?”

 

Volevo iniziare innanzitutto facendoti i complimenti per il concerto, un puro concentrato d’energia. La domanda che ora ti andrò a fare forse sarà un po’ pungente e provocatoria: ho visto che sul tuo Spotify compari nella playlist “Indie Italia”…

Ti ringrazio, ed alla tua domanda risponderei: occhio, io non ho scelto di apparire in quella playlist, sono loro che mi ci hanno messo dentro…

 

La domanda è: questa è una bella o è una brutta cosa?

Beh Inde Italia è una bella playlist, insieme a Coez, Frah e Dutch sembra ci siano nomi interessanti, così come una bella offerta di rap italiano… tutto sommato non mi stupisce più tanto che quello che faccio venga considerato “Indie”. Nel senso che ormai Indie è tutto! Se prendi Motta, Levante o Calcutta vale tutto mi capisci? Indie oramai non è più un cazzo… possiamo dire però che l’Indie è il nuovo Pop italiano.

 

Seguendo il tuo ragionamento anche tu potresti essere cabinato come Indie. Ma credi che il largo seguito che hai, sia dovuto anche al fatto del tuo essere anticonformista? Di non essere categorizzabile?

Non è tanto il non esserlo: quanto il non voler esserlo. Indie è una categoria, ma in realtà non conta un cazzo, dentro c’è tutto! Io ritengo di fare rap, tecnicamente quello che faccio è puramente rap, non sono un cantante e quando scrivo lo faccio con una metrica serrata che è fondamentalmente rap. Prendiamo per esempio Coez, lui può togliere un sacco di parole dai suoi testi e rimarrà comunque un rapper più rapper di Caparezza, qualunque cosa faccia!

 

Perché dici così? Caparezza non lo consideri rap?

Coez è un rapper mentre Caparezza non lo è mai stato, parliamoci chiaro. Per la formazione, per il background, per l’approccio alla scrittura, per tutto! Caparezza minchia è fermo ancora ai grandi MC del passato, mentre io, Coez e Frah Quintale per esempio, abbiamo approfondito e conosciuto il rap anche attuale. Quella roba lì è comunque rap: come scrive Frah, come scrive Coez: è rap.

 

Però adesso Frah Quintale e Coez sono etichettati come Indie…

Seguendo quella logica siamo tutti Indie allora! Pure io vengo considerato Indie… sai cosa ti confesso? Noi ad un certo punto ce ne sbattiamo i coglioni! Mettete l’etichetta se vi serve per capire cosa state ascoltando… io faccio la mia roba, Frah fa la sua roba: sono comunque diverse. Sono coniugabili, ma così come ho suonato con gli Ex-Otago, posso farlo anche con Frah Quintale, cosa cambia? La musica è bella anche perché non è così ferrea a livello di differenziazione: la musica è libertà, puoi chiamarla come cazzo vuoi.

 

Per esprimere questa libertà tu decidi di suonare con una band, come mai?

Ti dirò che mi piace sinceramente… poi io ho bisogno di suonare con una band, è più divertente, più figo e c’è più calore: ogni concerto è diverso dall’altro. Suonare con le basi è tutto molto più freddo ed a me non piacciono le cose fredde.

 

E la “Sabauda Orchestra Precaria” come è nata?

Più che nata direi che si è costruita, plasmata nel tempo. Ho iniziato facendo live che eravamo in tre, con io al basso ed un paio di chitarristi, poi abbiamo trovato il bassista ed aggiunto il batterista. Prossimamente aggiungeremo anche altri elementi quando potremmo permettercelo (ride). Ogni tanto dei fiati ci seguono e vengono con noi, oggi purtroppo non era fattibile, è sempre una figata.

 

Anche suonare con una band non è di certo un indizio che aiuti a categorizzarti. Ti si potrebbe definire l’eroe byroniano od anti-eroe del rap italiano?

Minchia che domanda (ride) … molto interessante e bella, talmente bella che ti darò la piena facoltà di potermi definire così. (ride) Purtroppo non conosco troppo bene Byron, però il concetto di antieroe penso che mi calzi bene e credo sia applicabile non solo a me: Calcutta allora che cosa è? Pensaci, anche lui è totalmente fuori dal concetto di pop-star bella, perfetta ed impomatata: lo si potrebbe definire anche lui un antieroe moderno.

 

Ti volevo chiedere, al proposito di antieroi, il comico che parla negli outro di alcune canzoni, chi è?

Giorgio Montanini, il miglior standup comedian, a mio avviso, d’Italia.

 

Ti faccio questa domanda, perché pare proporre un discorso piuttosto ambiguo, egli dice: “Non ce ne frega un cazzo di te. Quello che fai tu non conta un pezzo di cazzo, niente”. Secondo te questa potrebbe essere una valenza negativa, nel senso di una deresponsabilizzazione dell’individuo nei confronti della società?

No, ed il motivo della mia risposta è questo: credo che siamo già tutti deresponsabilizzati. Se scrivi su Facebook non sei pagato per quello che scrivi e la deresponsabilizzazione è un effetto collaterale della diffusione della comunicazione per quello che è oggi. Giorgio Montanini con quelle parole sta cercando di dirti che forse ti senti troppo importante, quando in realtà non conti un cazzo. Siamo sette miliardi e tu non conti più di lei (indicando una ragazza sulla porta) e lei non conta più di uno che è nato dall’altra parte del mondo: siamo tutti uguali. Quindi stai tranquillo, respira, e smettila di considerarti importante, unico o speciale, e smettila di pensare che la tua depressione sia più importante di quella altrui.

 

Campo minato parlare della depressione, tu che opinione hai al riguardo?

Credo semplicemente che la “depressione” di noi ragazzi di oggi nati in Occidente sia solo pigrizia, quella non è depressione, dai. Ci sono però un sacco di artisti che ci marciano sopra, parlando del fatto che prendono lo Xanax, che sono depressi… ma dai! Io ho avuto periodi di depressione nella mia vita, so che cosa vuol dire… il disco precedente infatti parlava anche di suicidio. “Allora Ciao” è un pezzo che parla di suicidio, non è che parli di altre cose… però non bisogna marciarci sopra, questo volevo dire, e bisogna aggiungere che noi siamo più fortunati di altri: sarebbe stupido da parte nostra continuare a guardare il bicchiere mezzo vuoto. Questo bicchiere può essere sicuramente mezzo vuoto, ma se tu per primo non inizierai a fare qualcosa sarà sempre mezzo vuoto! Bisogna essere un po’ più attivi, invece siamo tutti troppo passivi e Giorgio vuole solo ribadire il concetto che ci sentiamo tutti troppo importanti, ma infondo non lo siamo.

 

Finiamo con due domandine veloci veloci. Con Dutch Nazari (rapper emergente Padovano; n.d.r.) come è iniziata la collaborazione? Dove vi siete conosciuti?

Guarda ti dirò che è nata un po’ per caso… lui mi chiese di fare un pezzo assieme e casualmente io lo avevo appena scoperto come artista, è stato molto piacevole! Abbiamo fatto assieme, riparlando di depressione e solitudine (ride), “Falling Crumbs” qualche anno fa, poi ci siamo conosciuti meglio girando il video e da lì in poi è nata una bella amicizia. Lui poi adesso abita a Torino quindi ci vediamo spesso. Ma così come con gli altri: con Koma Mauràs o Hyst, è una questione di rapporti umani. Faccio featuring con un sacco di gente ma non lo faccio per soldi, e non faccio pezzi con gente che non conosco. Ritengo che la musica sia condivisione, ma per condividere qualcosa con una persona devi proprio condividere qualcosa capisci? Una passione per lo meno. Non faccio pezzi a caso, tutte le persone con cui collaboro sono miei amici: da Roy Paci a Jolly Mare, così come con Giorgio Montanini. Questa è gente che ho conosciuto perché li stimavo, e prima di collaborare siamo diventati amici.

 

Siamo all’ultima domanda: ma è veritiero come fatto, il vedere “facce amiche” sui manifesti elettorali?

Sì, è una cosa autobiografica. Stavo camminando una sera, tornavo a casa a piedi ubriaco, in una delle famose sere in cui torno a casa ubriaco a piedi, cosa che mi succede relativamente spesso devo ammettere (ride), ed attraversando Porta Palazzo, che è un quartiere di Torino peculiare per il suo mercato, ho girato lo sguardo ed ho visto su di un manifesto elettorale una mia ex-compagna di università. Così lì poi ho pensato a tutta una serie di altre cose… ho pensato alla democrazia liquida, ho pensato al Movimento Cinque Stelle, a tutte quelle persone che venivano da me chiedendomi con aria stupita: “Ma credevo votassi noi, se non voti, noi chi voterai? Noi siamo l’unica alternativa credibile”… branco di fascisti ho risposto loro!

 

Quindi ad oggi, Willie Peyote chi voterebbe?

Nessuno: mi fanno tutti cagare.

 

Foto di Edoardo Meneghini

Foto di Edoardo Meneghini

 

 

 

P.S: Un ringraziamento speciale a Luca, Cecilia e Giuseppe ed a tutto il gruppo di UNITiN che ha reso, e sta rendendo possibile vivere Trento appieno anche fuori dalla aule universitarie.

Francesco Filippini

Studente di Lettere Moderne e vicedirettore de l'Universitario

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