Politiche 2018, episodio primo: “I 4 del Centrodestra selvaggio”
4 marzo 2018 si era detto e 4 marzo 2018 sarà: dopo aver sciolto le Camere, il Presidente Mattarella ha controfirmato il decreto del Consiglio dei Ministri per l’indizione delle elezioni politiche del 2018; la data è stata salutata con entusiasmo dal centrodestra e dal Movimento 5 Stelle, un po’ meno dai sostenitori della legge sullo ius soli che avevano chiesto al Quirinale un più di tempo – qualche settimana – per poter approvare la legge che avrebbe permesso ad un bambino nato in Italia di diventare automaticamente italiano, qualora almeno uno dei due genitori si trovasse legalmente in Italia da almeno 5 anni, nonché ai minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che avessero frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico.
Chi sarà il prossimo partito di maggioranza che quindi indicherà il Presidente del Consiglio è molto difficile da pronosticare, essendosi creato, fin dalle consultazioni del 2013, un sistema tripolare costituito da formazioni che tendenzialmente si equivalgono, ma ad oggi è anche difficile delineare un quadro preciso dei singoli partiti in gioco; con questo contributo, quindi, si cercherà di trattare di tutte le singole formazioni in campo di cui già si ha notizia, nonché di quelle che prevedibilmente entreranno in gioco. Per quanto possibile, si proverà anche a delineare delle possibili alleanze che potrebbero stringersi nel post-elezioni, stante la legge elettorale vigente, il cosiddetto Rosatellum-bis, che prevede una ampia difficoltà nel formare una maggioranza di governo: infatti, le proiezioni affermano che anche se una formazione riuscisse ad ottenere il 40% nei seggi proporzionali dovrebbe pur vincere il 70% dei seggi maggioritari per ottenere una maggioranza risicata di 317 seggi totali.
IL CENTRODESTRA
La grande favorita, al momento, resta la compagine di centrodestra: Berlusconi non sarà candidabile, in quanto anche la sentenza della Corte EDU non arriverà prima di maggio 2018, ma sarà probabilmente lui, nuovamente, il grande trascinatore della coalizione; il 4 volte Presidente del Consiglio, a 81 anni, non accenna a passare il timone e, piaccia o non piaccia, è ancora in grado di muovere grandissime percentuali di voti. Non sarà però l’ex Cavaliere, per la prima volta dalla sua discesa in politica, il candidato premier della coalizione: il patto dell’arancino, stipulato a Catania poco prima delle elezioni siciliane, prevede infatti che sarà il partito interno alla coalizione che prenderà più voti a indicare a Mattarella il candidato Presidente del Consiglio; questo patto nasce a seguito delle più o meno profonde divergenze che ancora oggi sussistono fra gli azzurri di Berlusconi e i sovranisti di Salvini: il ricordo al dicembre 1994 corre veloce ed il rischio di una rottura da parte dei leghisti è, al momento, comunque molto presente e di ciò il futuro presidente del Consiglio, qualora verrà espresso da Forza Italia, dovrà tenerne conto.
Il partito di Berlusconi, inoltre, si trova da poco orfano di Altero Matteoli, ex ministro di Alleanza Nazionale, che era stato incaricato di trovare la quadra all’interno della coalizione: si può solo attendere e vedere se il suo lavoro porterà i suoi frutti o meno; va, d’altronde, notato che la guida di Berlusconi crea non pochi problemi all’interno del partito, essendo incandidabile: probabilmente, nelle prossime settimane, verrà indicato il nome del candidato premier, che si presume proverrà della società civile come più volte suggerito dal leader milanese.
La Lega ha invece svestito i panni di partito secessionista anche per poter fare incetta di voti al Sud Italia, dove, contro tutte le previsioni, sembra che le proposte di Salvini riescano a fare presa: per questo motivo, il partito che fu guidato in passato da Bossi ha eliminato la locuzione Nord dal nome e Salvini stesso ha girato tutta la Sicilia per convincere i cittadini del Sud Italia della bontà delle sue proposte; il simbolo con cui si presenterà alle elezioni è già pronto e prevede l’indicazione “Salvini Premier” a riprova del fatto che sarà lui, eventualmente, il nome che verrà proposto al Capo dello Stato qualora la Lega riuscisse ad avere la maggioranza relativa dei voti interna alla coalizione. Inoltre, sembra sia stata rottamata la lista “Noi con Salvini” presentata durante le varie consultazioni nel Sud Italia al fine di farla confluire dentro la lista unica della Lega.
Nella galassia del centrodestra si aggiunge Fratelli d’Italia guidato da Giorgia Meloni, ex ministro della gioventù nell’ultimo governo Berlusconi, che nei sondaggi si attesta a circa il 5/6%: il partito si propone come erede del Movimento Sociale Italiano e ha recentemente celebrato il suo secondo congresso nel quale ha indicato la linea che verrà seguita durante la campagna elettorale, nonché ha annunciato una serie di ingressi all’interno della formazione; anche Giorgia Meloni sarà candidata premier e al momento lei è l’unica donna in corsa fra tutte le formazioni in gara per la poltrona più alta di Palazzo Chigi.
Si parla, infine, della quarta gamba del centrodestra, che per qualche giorno ha “minacciato” di correre da sola, riuscendo alla fine ad ottenere la candidatura in 21 seggi uninominali, la lista “Noi con l’Italia”: fondatore e presidente è Raffaele Fitto, ex Presidente della Regione Puglia nonché, durante il governo Berlusconi IV, Ministro per gli affari regionali; coordinatore nazionale sarà invece Maurizio Lupi, ex alfaniano della prima ora e Ministro durante il governo Letta. Completano la formazione Roberto Formigoni, già Presidente della Regione Lombardia, proveniente dalle fila di Comunione e Liberazione ed Enrico Costa, dimessosi, al fine di rientrare nel centrodestra, da Ministro per gli affari regionali durante il Governo Renzi affermando di rinunciare al ruolo e mantenere il pensiero; last but not least troviamo anche Flavio Tosi, sindaco di Verona per due mandati – nominato anche sindaco più amato d’Italia insieme a Renzi nel 2011 – espulso dalla fu Lega Nord nel 2015 da Salvini, ed Enrico Zanetti che era entrato in Parlamento nel 2013 con Scelta Civica, la lista guidata dall’ex premier Monti. Il simbolo avrà al centro lo scudo crociato che fu il simbolo storico, per 50 anni, della Democrazia Cristiana.
Inoltre del centrodestra entrerà a far parte anche il Movimento Animalista guidato da Maria Vittoria Brambilla, attuale Presidente della Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’adolescenza nonché ex ministro del Turismo dell’ultimo governo Berlusconi; il programma del movimento ha come faro la tutela degli animali e per questo promettono che, una volta al governo, chiuderanno gli allevamenti per le pellicce e limiteranno gli interventi nei circhi. I candidati animalisti faranno parte delle liste di Forza Italia e non correranno con il loro simbolo.
Il programma del centrodestra unito vede al primo punto la flat tax ed una no tax area per i redditi bassi: appare interessante – si dovrà poi vedere se verrà realizzato – l’ipotesi di introdurre il principio di non tassazione in assenza di reddito per quanto riguarda donazioni, IMU, bollo auto, …; l’attenzione alle zone terremotate ed al Sud Italia è ben presente ed i tre leader ritengono che sia necessario un piano straordinario di sviluppo del Mezzogiorno con contestuale miglior utilizzo dei fondi strutturali europei. Per quanto riguarda invece il rapporto con l’Unione Europea è stata accolta l’istanza di Giorgia Meloni in merito alla tutela del Made in Italy; inoltre, si ritiene necessario un recupero di sovranità ed una netta contrapposizione, una volta al Governo, alle politiche di austerity.
Sul fronte del lavoro e politiche sociali spiccano il cavallo di battaglia di Salvini, ossia l’abolizione totale della legge Fornero – su cui però Forza Italia e parte di Fratelli d’Italia non si trovano d’accordo – e l’aumento dell’assegno pensionistico minimo a circa 1000 euro. In merito al fenomeno migratorio spicca nel programma firmato il punto “rimpatrio di tutti i clandestini”, locuzione ad effetto ma di difficile attuazione anche solo per quanto riguarda il diritto internazionale; sul piano della sicurezza si propone un rafforzamento del programma Strade sicure nonché una revisione del delitto di tortura. Completano il programma elettorale la proposta di elezione diretta del Capo dello Stato, una modifica del processo penale, con conseguente abolizione dell’appello per il PM qualora l’imputato venga assolto, un rafforzamento delle autonomie locali e l’efficientamento energetico.