Trento, città che dorme, per i giovani si fa poco
Lettera pubblicata in prima pagina sul giornale l’Adige il 21/02/2018
L’editoriale di domenica del direttore ha riportato alla mia mente un altro editoriale, per ironia della sorte pubblicato esattamente tre anni fa. Domenica 22 febbraio la colonna sinistra dell’Adige titolava “Comunali 2015: le priorità che Trento deve darsi”. Alla vigilia delle comunali del maggio 2015, Giovanetti riassumeva la situazione cittadina in vista delle elezioni.
Non servono certificate competenze comparatistiche per confrontare i due editoriali e per affermare tristemente che trascorsi questi tre lunghi anni la situazione a livello urbanistico è rimasta pressoché invariata.
Sempre le solite annose questioni, già ampiamente analizzate nell’editoriale di domenica e su cui non mi dilungo: Hotel Panorama, ex carcere, ex Italcementi etc…
Mentre Bolzano viaggia e diventa città europea e universitaria, Trento dorme sotto le calde coperte dell’immobilismo urbanistico e culturale. Nel frattempo, gli studenti trentini vengono attratti dall’offerta degli altri atenei (o delle altre città?) e come dicono i dati Ispat: i trentini che scelgono Trento per studiare all’università sono passati da 7.708 a 5.870 in cinque anni. Solo poco più della metà dei trentini, ormai, studia a Trento, gli altri hanno scelto atenei italiani tra cui anche la Libera Università di Bolzano, scelta da ben 467 trentini. Non servivano i dati Ispat per affermare che Trento non attira i giovani trentini a rimanere per gli studi universitari: molti sono gli amici che sono andati fuori, ma ancora di più quelli che volevano andarsene e che per un motivo o per l’altro sono rimasti.
Non era sicuramente questo il risultato sperato dalla lungimiranza di Bruno Kessler, che volle l’università per non vedere un Trentino piccolo e provinciale. Con le sue straordinarie politiche si andò a sanare una situazione che si protraeva fin dall’inizio del Novecento: finalmente i Trentini grazie a Kessler ebbero la loro università italiana e non furono più costretti ad andare altrove in cerca di formazione.
Trento è una città che non attrae i giovani a rimanere, è un dato di fatto. Trento ha bisogno dello slancio europeo, che sta avendo luogo a Bolzano, per iniziare ad attrarre. E’ innegabile che la totale mancanza di un’opposizione valida e di governo a livello comunale non ha aiutato il contrasto all’immobilismo. Forse i giornali locali avrebbero potuto fare di più, come ha provato a fare l’Adige con l’editoriale di domenica e, precedentemente, con lo spazio dedicato ai cittadini prima delle comunali del 2015.
Il compito dei media in questi casi dovrebbe essere quello di sostituirsi all’opposizione assente e fare il “lavoro sporco” di essa, criticando costruttivamente, controllando e puntellando la maggioranza immobile. Purtroppo da anni a Trento non si è verificata quella che in democrazia si definirebbe una sana alternanza e ben che meno una campagna elettorale alla pari.
La verità è che a Trento serve un forte e significativo slancio, ma per arrivare a ciò serve progettualità e pianificazione; parole fortunatamente non estranee alla politica trentina. Questa progettualità deve avvenire su due piani: urbanistico e culturale.
Sul piano urbanistico, può avvenire attraverso un’intesa sinergica tra pubblico e privato: Bolzano è la viva testimonianza che ciò è possibile. L’emblema di una totale assenza di pianificazione in tale campo a Trento è proprio la ferrovia del Brennero. Tra nove anni si inaugurerà il nuovo tunnel del Brennero e Trento, come Bolzano, dovrà essere pronta ad accoglierlo con un progetto all’altezza (di cui si vede forse solo l’ombra). Una pianificazione in tale campo potrebbe avvenire, perché no, anche attraverso maggior potere e valore – ma talvolta basterebbe il semplice ascolto – della circoscrizione. Organo di mezzo tra consiglio comunale e quartieri, che dovrebbe percepire i reali bisogni della collettività attraverso una maggiore vicinanza ai cittadini.
Sul piano culturale, invece, le proposte già in città non mancano, ma è innegabile che serva un salto di qualità. L’idea non deve essere quella di creare un parco dei divertimenti, ma maggiore organizzazione in tale campo serve proprio a evitare il peggio: un centro storico semi-deserto alla mercé di turismo e movida selvaggi come avviene in molte città italiane. Una città che aspira ad essere europea e universitaria come Trento deve assolutamente garantire una proposta di intrattenimento culturale all’altezza delle aspettative. Si potrebbe facilmente iniziare, soprattutto nel centro storico, favorendo chi – come già fa – coniuga abilmente cultura e divertimento.
Solo riuscendo in una maggiore pianificazione dell’urbanistica e in un carnet più ampio degli eventi culturali, Trento riuscirà tra qualche anno ad essere la città europea e universitaria che aspira ad essere, lasciandosi una volta per tutte alle spalle il clima culturalmente asfittico del passato. Io sono tra i trentini che hanno deciso di rimanere a Trento a studiare, amo la mia città e ne vedo le straordinarie potenzialità.
E’ vero, Trento è ben messa rispetto a molte altre realtà italiane, ma questo non può essere o diventare un alibi per abbandonarsi all’immobilismo. Il passato politico virtuoso certamente aiuta quanto a vivere di rendita, ma non in termini di aspettative, che sono – proprio grazie a questo passato – più alte. Trento nei prossimi anni deve e può guardare in alto, non solo geograficamente.
Federico Duca
losservatore.net
Studente Facoltà di Giurisprudenza all’università di Trento
- Per gli appassionati di statistica e i puntigliosi (fanno bene ad esserlo), i dati a cui faccio riferimento sono stati presi dal sito dell’istituto di statistica della provincia di autonoma di Trento (Ispat). In particolare, nell’annuario statistico on-line i dati si trovano nel cap. VI sull’istruzione: tavola 27 (iscritti all’Università per luogo di studio: anni accademici 1993/1994 – 2015/2016), tavola 28 (iscritti all’Università, per luogo di studio, genere, area, tipologia e classe: anno accademico 2015/2016) e tavola 37 (iscritti all’Università di Trento, per luogo di residenza: anni accademici 1990/1991 – 2016/2017). Mi preme, infine, sottolineare che i dati Ispat non tengono conto degli studenti trentini iscritti in università estere, ma solo nelle altre Regioni italiane. Se si tenesse conto anche di essi, con ogni probabilità – ai fini delle nostre statistiche – i trentini universitari che studiano fuori sarebbero più dei trentini universitari che sono rimasti a Trento.