Breve storia del bacio
DI Ciro da Pistoia
A mulinello, alla francese, a stampo, lo conosciamo e pratichiamo tutti. Poche volte però ci si chiede come mai gli uomini siano arrivati a dimostrarsi amore e affetto con un bacio. Chissà, magari i Neanderthal si tiravano una mazzata sulla testa per dirsi ti amo – la mazzata è un apostrofo ligneo tra le parole «sgr grunt». Mi spiace per noi sapiens ma probabilmente già i neanderthal si baciavano. Per gli antropologi infatti il bacio sarebbe mutuato dal gesto della madre di premasticare il cibo per poi darlo al cucciolo: avrebbe quindi vita lunghissima. Se oggi occupa pagine di letteratura, quadri e discoteche, probabilmente già a quell’altezza cronologica ce li si scambiava nelle grotte.
Ma i gesti umani non sono né assoluti né immutabili; il bacio è un segno, costituito da un significante – la forma del gesto – e da un significato. Se il significante può cambiare poco, se non per niente (si tratta sempre di darci giù di lingua) il significato invece dipende principalmente da due fattori legati in un rapporto di subordinazione: società e individuo. Su cosa sia il significato di una gesto ci sarebbe tanto da sproloquiare, ma noi ci accontenteremo di pensarlo come il concetto che leghiamo a un significante; un concetto definito dalla comunità, imparato e memorizzato poi dall’individuo. Perché le società mutano e gli individui, rispettosi delle sue norme, ci crescono – pure tu anticonformista che scuoti severamente la testa – allora anche il significato di un gesto cambierà nel tempo.
Finita questa pallosa premessa semiologica (che Eco mi perdoni) possiamo interrogarci sui vari significati nel tempo del bacio, la loro evoluzione e quello che oggi significa una pomiciata in metro a Parigi.
Che i romani, quelli antichi e con la toga, si baciassero non c’è dubbio: avevano addirittura tre parole per il nostro bacio, osculum, suavium e basium. Tralasceremo il secondo dal significato prettamente erotico. Si dice che il primo indicava il bacio rispettoso e familiare mentre basium doveva avere una carica più erotica. Probabilmente osculum era semplicemente una forma più colta, mentre basium era una forma del latino volgare. In ogni caso attestazioni di entrambi i termini si trovano da Catullo a Ovidio nella poesia amorosa, e tutte con lo stesso significato:
da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
[Catullo, Carme 5]
Improba tum vero jungentes oscula vidi.
Illa mihi lingua nexa fuisse liquet.
Quali nec fratri tulerit germano severo
Sed tulerit cupido mollis amica viro:
[Ovidio, Am 2,5]
Nel mondo romano il bacio faceva parte del linguaggio amoroso, ma aveva un ruolo anche nel linguaggio degli affetti famigliari e nel linguaggio politico: ci si baciava tra parenti e, con la progressiva sacralizzazione della figura di Imperatore, nei cerimoniali del potere. Con l’irruzione della cultura cristiana nei territori dell’impero e dei suoi riti, a partire dal IV secolo, la situazione cambia.
Nella liturgia cristiana ad un certo punto il prete chiama i fedeli a scambiarsi un segno di pace: oggi ci si scambia una stretta di mano vigorosa, ma nei primi secoli del medioevo a essere scambiato era l’osculum pacis. Il bacio entra così nel cerimoniale cristiano. Il significato del bacio diventa quello contrattuale; suggella un patto tra anime scambiato attraverso le labbra, vicine alla mente e attive nella predicazione. Il bacio è inteso come sigillo di un contratto non solo in ambito religioso. Nel linguaggio del potere si scambiano baci il vassallo con il suo signore, e dove cadono le labbra del vassallo non è casuale. Un bacio sulle labbra implica la parità tra chi lo scambia, mentre sulla mano o sul piede implica la subordinazione del vassallo rispetto al signore. Un bacio sul piede può suggellare anche una pace ritrovata: lo sconfitto bacia il vincitore per dimostrare la sua prostrazione e il vincitore può spingersi oltre proponendogli un’alleanza.
Nel medioevo il bacio tra amanti resiste come tema nella poesia, anche se forse in misura ridotta rispetto alla lirica latina; ci si concentra più su altri aspetti del linguaggio amoroso. Tra donne nei cuori e spiriti che fuggono lasciando il poeta morente, sono pochi i baci che ricordiamo nei versi dei poeti due-trecenteschi; per quanto alcuni siano celebri:
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lanciallotto come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse
Una forma erotica, tutta medievale, di bacio è l’osculum infame, il bacio che le streghe rifilano al diavolo durante il Sabba. Nelle credenze medioevali infatti, rafforzatesi nel cinquecento con la controriforma, streghe e maghi si riunivano in questo rito erotico e sancivano l’alleanza con il diavolo baciandolo sulle labbra del volto nascosto. Il diavolo era infatti munito di due volti: uno è il volto che tutti noi possediamo, l’altro nascosto sotto la coda – chi lo sa, forse da qui nasce la famosa espressione faccia da culo. In ogni caso nelle testimonianze rese dalle streghe queste baciano con grande reverenza il volto nascosto dalla coda. Per alcuni questo terzo tipo di bacio sarebbe parodia dell’osculum pacis e del bacio che sanciva il contratto vassallatico.
Quindi questo bacio, nato per imitazione della premasticazione dei primati ed in età antica legato alla sfera dell’affetto e amore, assunse via via un significato contrattualistico. Baciarsi significava far toccare le due anime, cosa di meglio per sigillare un’alleanza d’amore o politica? Esisteva addirittura il «baciatico», un diritto sancito dalla giurisprudenza: baciare sulle labbra la propria futura sposa implicava una donazione di parte del patrimonio – occhio quindi.
Ora rimane da chiederci cosa significhi pomiciare sul lungadige. Via via il bacio sulle labbra è stato sdoganato, tanto che oggi nessuno si bacia pensando di star facendo toccare le anime. Eppure questa breve e superficialissima trattazione sul bacio può rivelarsi utile per riflettere su un paio di questioni: i significati possono scomparire e le parti del linguaggio, private di significato, possono diventare un prodotto di consumo.
Perché forse questo è un po’ quello che sta avvenendo con il bacio. Non si vuole fare in questa sede i moralisti, più semplicemente i marxisti. Ormai il bacio è diventato quasi un passatempo, regolato dal rapporto tra domanda e offerta. Il costo? Una prevendita in discoteca o un paio di birre. La funzione del prodotto? Passare il tempo, nella maggioranza dei casi, o ottenere il prestigio di aver pomiciato con lo/la sconosciuto/a – nei racconti rigorosamente biondo alto con gli addominali o bionda alta con due tett.. avete capito.
Si è voluto prendere il bacio soltanto come esempio di questa pauperizzazione di parti del linguaggio, se non di linguaggi interi. In effetti a pensarci bene non è solo il bacio a essersi ridotto a prodotto di consumo. Negli ultimi anni anche altri linguaggi hanno perso la loro capacità comunicativa, votati alla mercificazione, e per questo si sono trasformati in enti formali privi di sostanza. Un esempio su tutti è la musica, inglese o italiana è indifferente. Ad attirarci è la capacità di un pezzo di riempire il vuoto e impedirci di annoiarci, non ciò che il testo dice. Sentitevi Thunder degli Imagine Dragons e poi ditemi cosa vi comunica, se non tre minuti e trentatré secondi di orecchiabili ripetizioni.
Se poi ascoltate la musica italiana vi renderete conto della scarsa intelligibilità dei testi:
La pioggia scende fredda e su di te
Pesaro è una donna intelligente
Forse è vero ti eri fatta trasparente
Ma non ci cascherai mai
Ma per gli altri linguaggi la morte della loro funzione comunicativa e trasformazione in sistemi estetici di suoni piacevoli e di intrattenimento può forse preoccuparci, ma non troppo. La questione del «bacio» apre invece uno scenario ancora più interessante: stiamo imparando a ragionare secondo criteri consumistici anche quando in gioco ci sono semplici rapporti affettivi. Gli Imagine Dragons li paghiamo per quei tre minuti e trentatré orecchiabili, paghiamo anche Catalano per libri di poesie anch’esse plasmate dalla funzione estetica del linguaggio, il bacio invece che prezzo ha? Più che a caccia di prede da pomiciare i maschi machi vanno a caccia di prodotti, e più che lo sguardo del predatore hanno quello che le nonne sfoderano di fronte agli scaffali del supermercato. Ai posteri l’ardua sentenza.