Perché ci deve interessare / parte 1
Manca meno di un mese alle elezioni provinciali (si voterà il 21 ottobre) e potrei scommettere sul fatto che una minoranza del mondo studentesco se ne sia accorto. Non è colpa nostra, ovviamente: moltissimi di noi sono qui solo per un periodo limitato della loro vita e quindi è normale non trovare appassionanti le piccole e grandi beghe di quegli illustri sconosciuti che sono gli amministratori di questo territorio. Per di più è vero anche che il rapporto con la matrice studentesca dell’Università è stato, in questi anni, presente ma scostante se non, in alcune occasioni, addirittura conflittuale.
Vero, ma anche un po’ superficiale: per quelli di noi che, invece, si sono accorti dei più o meno rilevanti terremoti che si sono verificati durante questa lunga estate 2018, magari dirò cose note. Perdonatemi. Per gli altri: come ho detto, non c’è da sentirsi in colpa. Vero, dire che il disinteresse da parte di alcuni di noi è fisiologico è sicuramente un approccio sbagliato: viviamo questo territorio, magari solo 4-5 giorni la settimana è vero, ma le piccole e grandi evoluzioni che lo attraversano ci colpiscono.
Prendiamo l’esempio del “campo ristretto” del rapporto tra la Provincia e l’Università: un certo allineamento di pensiero negli ultimi anni è quello che ha portato ad ottenere, tra le altre cose, la libera circolazione, l’adeguamento delle soglie ISEE per le borse di studio e un certo rapporto di civiltà tra noi e loro. Quanto di questo rimarrà uguale dopo il 21 ottobre? Possiamo immaginare il nostro futuro guardando oggi agli sfidanti?
Sicuramente possiamo provarci. Anzitutto: chi sono gli sfidanti?
I quattro principali schieramenti che si scontreranno in questa campagna elettorale breve ma intensa sono: la coalizione di centro-destra, capeggiata da Maurizio Fugatti; la coalizione di centro-sinistra, guidata da Giorgio Tonini; il PATT (Partito Autonomista Trentino e Tirolese) che candiderà l’uscente Ugo Rossi; e il Movimento 5 Stelle che ha candidato alla presidenza Filippo Degasperi.
Oltre a questi tre contendenti, sono candidati alla presidenza anche una piccola galassia di liste, partiti e movimenti che percorrono tutto l’arco parlamentare, dalla sinistra che candida Antonella Valer (una delle poche liste ad essere rappresentate da una donna a queste elezioni) fino a CasaPound, con il candidato Filippo Castaldini. Insomma, come spesso accade sotto elezioni, ce n’è per tutti i gusti.
Prendendo (per ora) in considerazione i quattro candidati con maggiori chance di vittoria – non me ne vogliano tutti gli altri – che cosa prevedono i loro programmi con riguardo al rapporto tra Università e Provincia?
Guardiamo nel programma del Movimento 5 Stelle: al tema dell’Università sono dedicate quasi due pagine: si parla di investimenti, di eccellenza riconosciuta a livello nazionale ed internazionale da mettere “al servizio del contesto socio-economico locale” (p.10). Per rinnovare il rapporto tra Università e territorio, i 5 stelle si propongono di “rafforzare la formazione d’eccellenza e incoraggiare la qualità della ricerca scientifica mettendo a regime l’intero sistema dell’innovazione e della formazione, eliminando sovrapposizioni e incoraggiando l’integrazione e la collaborazione interdisciplinare a tutti i livelli, con l’obiettivo di rafforzare e promuovere le rispettive vocazioni” nonché di “assicurare buone regole, difendere il diritto allo studio, premiare l’attività accademica d’eccellenza, combattere il precariato e assicurare lavoro dignitoso a tutti, incoraggiare lo sviluppo della terza missione dell’università”.
Particolarmente interessante il passaggio relativo all’autonomia dell’Università ed al suo ruolo nel sistema di confronto istituzionale con la Provincia: accanto ad uno sforzo teso a “ricucire gli strappi prodotti dagli errori compiuti assicurando il coinvolgimento di tutte le forze della comunità accademica”, il Movimento si ripropone anche di “riaprire una discussione trasparente e diffusa sulla sua autonomia, la sua organizzazione, la sua governance, le forme di finanziamento e di democrazia che la animano, anche eventualmente riconsiderando la norma di attuazione della delega ricevuta e le sue norme di organizzazione e gestione” (p.10). In che senso? Il programma questo non lo dice, ma rimane un punto caldo che si ripresenta ciclicamente nel dibattito politico attorno all’Università.
Il programma poi continua affrontando il tema della mobilità (che sappiamo essere problematico), della residenzialità (da studenti, ci siamo accorti quanto negli ultimi anni siano aumentati i canoni d’affitto richiesti in giro per la città, che ora sono in linea con quelli di città come Bologna, Milano o Torino) per arrivare a parlare di altri due temi caldissimi: la ricerca universitaria e le infrastrutture.
Al (solito) richiamo alla meritocrazia, viene affiancata una proposta di metodo che, secondo i 5 stelle, “consiste nel diminuire gli investimenti in infrastrutture improduttive e finanziare persone e progetti in grado di garantire impatto e risultati concreti e chiaramente quantificati” (p. 11). Sul punto credo sorga spontanea una domanda: come si fa ad individuare a priori una persona od un progetto “in grado di garantire impatto [?!?] e risultati concreti e chiaramente qualificati [???]”?
Cos’è l’impatto e cosa un risultato concreto e chiaramente qualificato? Un’altra domanda a cui il programma non risponde.
A questo primo accenno, segue l’intenzione di “superare l’autoreferenzialità” che si concretizza attraverso l’apertura del mondo universitario (inteso sia sotto il profilo della ricerca che sotto quello dell’immissione nel mercato del lavoro dei neolaureati) “al contesto socio-economico e dimostrare la propria capacità di trasferire conoscenze e competenze” che si concretizzerà, nella proposta pentastellata, “tramite la formazione di professionalità coerenti, l’agevolazione di percorsi concordati tra università – centri di ricerca – e imprese, l’incentivazione di progetti congiunti interdisciplinari e intersettoriali” (p. 11).
Sul fronte delle infrastrutture ->> “Il Centrosinistra autonomista ha travestito innumerevoli e costosissimi investimenti di recupero immobiliare con l’ingannevole retorica della ben più attraente narrativa dell’innovazione scientifica e della ricerca tecnologica. Il disastroso fallimento di tali iniziative è purtroppo sotto gli occhi di tutti; dal Polo della Meccatronica, al progetto Manifattura, per raggiungere l’apice con il deplorevole epilogo dell’iniziativa TrentoRise, i cui effetti venefici si riverbereranno sulla nostra comunità per molti anni avvenire. Noi intendiamo concentrare le risorse nelle vere attività di ricerca e di sviluppo tecnologico destinandole a progetti produttivi di risultati scientifici e puntando su persone capaci, in grado di garantire un impatto concreto e risultati preventivamente esplicitati e quantificati attraverso un processo di valutazione rigorosa e trasparente”.
La coalizione di centro-sinistra (composta dalla lista Futura 2018, dall’UPT e dal Partito Democratico) affronta il tema dell’Università nel punto relativo al lavoro ed allo sviluppo sostenibile. Dopo aver analizzato i temi generali del lavoro (la questione salariale) e quelli legate alle infrastrutture del territorio (A22 e ferrovia), il programma della coalizione affronta il tema del rapporto tra mondo del lavoro ed istruzione osservando anzitutto come il rapporto tra mondo del lavoro e giovani sia caratterizzato da precarietà, sfruttamento o emigrazione e come tutto ciò desti preoccupazione nelle famiglie.
La prima proposta della coalizione è quella di istituire “un’anagrafe che censisca le grandi risorse giovanili, intellettuali e professionali, che abbiamo formato in Trentino, grazie alla qualità della nostra scuola (alla quale dobbiamo restituire più autonomia, dei singoli istituti come del sistema nel suo complesso) e della nostra Università, e abbiamo poi relegato in mansioni dequalificate e mal retribuite, o regalato al resto d’Italia o più spesso all’estero” (p. 6) di modo da proporre a ciascuno di questi giovani un piano “di crescita professionale, o di rientro, da valutare in piena libertà”.
Il programma, poi, pone al centro del rilancio economico e culturale della Provincia “il sistema educativo nel suo complesso”, donando al mondo scolastico (come sistema e come singole istituzioni) maggiore autonomia per superare “l’attuale eccesso di centralismo burocratico” e “avviare la necessaria e anzi urgente valutazione e, laddove necessario, correzione delle diverse novità introdotte negli ultimi anni”.
Tutto ciò va raggiunto attraverso “un percorso di ampia partecipazione, per definire strategie efficaci e condivise, volte ad aumentare la qualità dell’insegnamento, mettendo al centro le esigenze degli studenti e delle famiglie, valorizzando e sostenendo la figura degli insegnanti, rafforzando in modo davvero utile il collegamento fra scuola e mondo del lavoro”.
Questo è tutto: il programma di parte della coalizione uscente usa la parola università solo 2 volte e ne parla in termini di collegamento con il mondo del lavoro e di rilancio del tessuto economico e culturale del territorio.
Dunque. Se siete arrivati in fondo a questa carrellata di programmi ed idee, promesse e strategie, forse eravate già dell’idea che tutto sommato le elezioni di questa piccola provincia italiana ci riguardano da vicino. Se invece non pensavate potesse essere così importante, beh tanto meglio.
Quello che c’è scritto sui programmi ha un valore, nonostante tutto. Di più: ha un valore tanto quello che c’è scritto quanto quello che non c’è scritto. Quindi: che fare, adesso? Manca poco a quelle elezioni ma il corpo studentesco può (e, secondo me, deve) avere un peso. Può e deve giocare un ruolo in questa partita. E lo deve fare ciascuno secondo la propria visione seguendo o contestando i ragionamenti che ho provato a rappresentare qui sopra, sottolineando quelli che secondo me sono punti, se non critici, sicuramente da approfondire.
Manca poco dunque. E quello che hanno scritto sui loro programmi è il motivo per cui ci deve interessare.