Riconoscersi e Riconoscere: le parole di Don Luigi Ciotti
Il tre ottobre, com’è noto, è stato un giorno speciale in cui tutti insieme si è marciati per ricordare le vittime delle migrazioni, tutte le migrazioni. Il momento finale di questa giornata di impegno e speranza è stato l’incontro con Don Luigi Ciotti, presso il centro della cooperazione internazionale, in via Segantini alle 20.30.
La serata si è aperta con la lettura di una poesia che ha espresso il filo conduttore di tutta la settimana dell’accoglienza: la speranza e il senso di comunità. Seguono i ringraziamenti di Sandra Venturelli – referente per la settimana dell’accoglienza – e Alessandro, il capogruppo di Libera Trento, che ha parlato di legalità e migrazioni, raccontando il campo estivo – “Lottatori di Speranza” – svoltosi la scorsa estate proprio a Trento insieme ai migranti per il recupero di villa sant’Ignazio. Ci si è soffermati anche sul legame tra il Centro Astalli e Libera, che condividono lo stesso obiettivo e la stessa determinazione nel migliorare la società in cui viviamo attraverso vie di inclusione, integrazione e legalità. Come sottolinea Alessandro, è essenziale, specie oggi, che si cerchi di instaurare un dialogo per superare questa crisi, che non è una crisi di migrazioni, quanto piuttosto una crisi d’umanità. Altri interventi si sono succeduti e tutti hanno messo in evidenza l’importanza di accogliere e di andare oltre le apparenze, ricordandoci che dietro ogni numero che ci viene propinato ci sono storie, storie di persone vere verso le quali dobbiamo aprirci per condividere esperienze di vita.
In seguito a questi piccoli interventi, Don Luigi prende la parola e introduce la “sua riflessione a voce alta” – come la chiama lui – dicendo che sente in maniera particolarmente accentuata la sua fragilità e piccolezza di fronte alle grandi complessità delle presenti problematiche. Si concentra molto sulla fragilità, in quanto questa è immanente alla condizione umana – vulnerabile di per sé. Ciotti, però, è convinto che sia proprio la consapevolezza della nostra fragilità che ci rende forti e afferma, col suo modo passionale e vigoroso, che da questa premessa discende che una società forte è una società che accoglie e riconosce le proprie fragilità, mentre una società che si chiude e innalza muri, è una società debole perché non vuole accogliere le altrui fragilità per non riconoscere le proprie. Questo è ciò che accade alla nostra società, in cui assistiamo ad un’escalation di odio e cinismo. In una simile società – fa notare Ciotti – non basta un appello all’accoglienza, bisogna riconoscere le persone e ritrovare ciò che ci accomuna tutti. E ad accomunarci è proprio la fragilità, la vulnerabilità, e riconoscerlo vuol dire imboccare un cammino di pace e solidarietà.
Ciotti racconta anche qualche aneddoto per sottolineare come il rispetto e l’umiltà debbano tornare alla base delle nostre relazioni sociali: “i segni sono importanti” perché servono ad instaurare sinceri rapporti di amicizia e convivenza, abbiamo bisogno di “piccoli gesti che accolgono” più che di grandi discorsi di retorica.
La cosa più pericolosa che vedo oggi – dice Ciotti – è la neutralità, perché questa è segno della nostra complicità a tutte le ingiustizie e disumanità proprie di questa moderna società fondata su egoismi e avidità.
Ma Don Luigi non è venuto per piangersi addosso o per lagnarsi e sottolinea che se oggi si accetta un governo che calpesta la dignità delle persone questa, è prima ancora che di altri, colpa nostra. Nessuno o quasi, infatti, ha alzato la propria voce per opporsi a tutto ciò. La giusta reazione contro qualsiasi episodio denigratorio e lesivo della dignità e libertà umana è la mobilitazione, non l’inerzia: l’opposizione a politiche che aizzano i poveri contro i poveri e che alimentano l’odio è l’unica via per difendere la dignità umana e le nostre libertà fondamentali.
Nel 1919 Mussolini – ricorda Ciotti – disse che bisognava scavare nel risentimento della gente: tre anni dopo prende il potere marciando su Roma. Non è un sommesso tentativo di etichettare per vie indirette qualcuno, si tratta, però, di avere il coraggio di ricordare la storia, di fermare quest’”emorragia di memoria” che oggi patiamo, per renderci conto di ciò che accade nelle odierne società e che contro razzismi e fascismi non c’è alcun vaccino che possa renderci invulnerabili. L’unico vero antidoto è ricordare e impegnarsi a che certe cose non si ripetano: la mobilitazione è, dunque, la risposta a tutto ciò. Queste però, nota Ciotti, sono semplificazioni ed è per questo che bisogna andare oltre, scendere al di sotto della punta dell’iceberg, e notare che, in realtà, tutte le dinamiche sociali moderne hanno alla loro radice la paura dei cittadini, le loro – rectius le nostre – fragilità, e quest’ultime sono terreno fecondo di demagogie. Chiaramente, i timori della gente non devono essere minimizzati, però, è doveroso comprendere che le paure vanno affrontante con umiltà insieme e allo stesso tempo è necessario un intenso impegno per smontare facili etichette e pregiudizi. Trattasi di una crisi culturale da risolvere per il tramite di istruzione ed educazione.
Altro leitmotiv è la legalità, la quale deve essere il mezzo e non il fine, perché il fine è la giustizia. La legalità non può restare solo una parola educativa, deve diventare una parola di vita. L’immigrazione legale e sicura è la sfida cruciale del nostro tempo che ci pone difronte un bivio: una società accogliente, aperta e giusta o una società chiusa, bigotta e fondata su paure e demagogie. E in questo la digitalizzazione della vita, dell’esistenza non aiuta, perché ci porta a perdere i legami sociali, i rapporti interpersonali.
Ciotti ha anche brevemente affrontato il problema ecologico notando come il dio denaro prevale su ciò che dovrebbe essere più importante per noi, essenziale: la vita, la comunità, la nostra sopravvivenza. Vendiamo armi e non ci occupiamo dei problemi ambientali perché questo ci permette di guadagnare di più, ma più cosa? Perché sembra che, invece, stiamo solo perdendo, perdendo in umanità, in solidarietà, in salute e in felicità, siamo sempre più stressati e più di fretta, sempre più superficiali e poco profondi. L’unico nostro obiettivo è guadagnare soldi. Le guerre oggi non sono solo combattute con le armi, ma soprattutto con mezzi economici e tutto ciò ci porta a una generale sterilizzazione dei rapporti sociali. Perdiamo in umanità, in sensibilità, perdiamo la capacità di fare comunità e acquisiamo in cinismo. La vita della persone non può dipendere da chissà quali oscuri algoritmi finanziari ed economici, perciò creare comunità verdi, solidali e corresponsabili è l’obiettivo da porsi.
L’emersione di solitudini, fragilità e freddure dell’anima sono alla base della grave crisi in cui oggi le nostre società versano. È necessario assumersi le proprie responsabilità, essere umili e impegnarsi sempre di più. “Coraggio e umiltà non richiedono eroismo ma generosità”. La parte giusta non è un luogo dove stare ma un obiettivo da raggiungere; è il coraggio quotidiano di rispondere alla propria coscienza rimanendo vicini alle persone bisognose, più fragili piuttosto che restare inerti, indifferenti. C’è bisogno di cittadini vicini alla vita con la propria forza e la propria dignità.
La speranza, conclude Ciotti, è un bene comune che deve essere distribuito equamente. Ci vuole coraggio, perché senza, la vita è meno viva. “Bisogna riempire la vita di vita, di senso, di significato”. Non ci possiamo permettere di lasciarci vivere, di farci travolgere dal susseguirsi degli eventi.
Messaggi forti e chiari, dunque, quelli che Ciotti ha lanciato in un entusiasmante, stoico, motivato e motivante discorso teso a fare breccia nei nostri cuori prima ancora che nelle nostre coscienze.
di Lorena Bisignano