Tutti nello stesso piatto: il festival cinematografico sostenibile
Dal 6 al 25 novembre, per la decima volta, si è tenuto a Trento, presso cinema Astra, Teatro Sociale, Teatro Sanbapolis, MUSE, e a Rovereto presso Auditorium Melotti e Smart Lab, Tutti nello stesso piatto, il festival internazionale di cinema, cibo e videodiversità.
In questa edizione, la manifestazione, organizzata da Mandacarù Onlus e Altromercato, ha ricordato il 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, assumendo un significato particolare. Centrale è stato il tema dei diritti umani rispetto alla produzione del cibo, e in generale delle diverse culture che ogni paese, barcamenandosi, ha nei confronti del proprio sostentamento.
Come nelle precedenti annate, Tutti nello stesso piatto ha presentato una tipologia di cinema che non si propone solo come strumento ludico e visivo, ma si prefigge l’obiettivo di comprendere la realtà nel suo senso più profondo.
Anche quest’anno abbiamo deciso di dare un’occhiata al festival, attirati dalla ricerca molto accurata delle pellicole e dei documentari, alcuni dei quali sono usciti in anteprima italiana. Dopo la visione possiamo dire di essere rimasti pienamente soddisfatti!
Iscelitel (Secret Ingredient)
Vele, un meccanico macedone che lavora in un deposito ferroviario, si trova a combattere con il cancro ai polmoni di suo padre, barcamenandosi tra omeopatia, medicina classica e farmaci troppo costosi. Il ritrovamento di un pacchetto di marijuana sarà provvidenziale per la preparazione di una torta, che allevierà le sofferenze fisiche del genitore.
Ben presto la pietanza miracolosa di Vele diventerà famosa in tutta la città, e avrà addosso gli occhi di anziani con i reumatismi, oltre che di una strana coppia di malviventi.
Gorce Stavreski, regista del film, con un commedia leggera, tratta in modo brillante e intelligente il tema della cannabis terapeutica, che rappresenta ancora un tabù per la maggior parte della popolazione macedone, abituata agli incantesimi di fattucchiere e maghi.
Il lungometraggio è stato molto apprezzato dal pubblico, ed è stato oggetto di spunti per la platea che ha potuto discutere dell’argomento, trattato ancora, in Italia e in larga parte del globo, con molto pregiudizio ed ignoranza. Dalla pellicola traspare inoltre il senso critico del regista circa la recessione economica in cui versa la Macedonia, sulle problematicità riguardanti il diritto alla salute, le condizioni di lavoro, la delinquenza, il degrado urbano. Il tutto è velato da una sottile ironia, che rende Iscelitel un film accattivante e godibile.
Ramen Teh
Masato lavora insieme al padre in un locale, preparando e servendo il miglior ramen della città. Dopo la morte di sua madre, i loro rapporti non sono propriamente idilliaci, e sembra che il padre ami più i piatti di ramen, ancora preparati con estrema cura, che il figlio. Solo dopo l’improvviso trapasso del capofamiglia ne capirà il motivo, e deciderà di intraprendere un viaggio culinario verso la terra materna: Singapore. Tra pentoloni di zuppa di maiale e ricette di famiglia il protagonista non solo apprenderà i segreti della cucina cinese, da lui molto amata, ma riuscirà a riconciliare una famiglia divisa e addolorata.
Dopo il successo nell’edizione 2016 di Wanton Mee, è tornato a Trento Eric Khoo con un lungometraggio che gli è stato commissionato per celebrare la pace tra Singapore e Giappone, due nazioni ancora afflitte da un passato doloroso. L’intreccio drammatico è dominato in modo impeccabile dal regista, che mette al centro della pellicola il cibo e la sua cultura come mezzo per la riconciliazione storica, creando un film straordinariamente coinvolgente, commovente e potente, trasmettendo allo spettatore la sua passione per i vividi colori dell’Estremo Oriente. La giuria ha assegnato a Ramen Teh il premio per la migliore fiction Culture del Cibo (ex aequo con Tazzeka ) “per l’impostazione narrativa capace di trasmettere e catturare emozioni non solo per inguaribili romantici ma anche per insaziabili buongustai”