L’UniversiMario | L’Incipit
Il tormento corre, e io non ci sto dietro: ho una pessima resistenza, mi viene subito il fiatone. Sono costretto a fermarmi, a riprendermi. Spesso mi soffermo su uno schermo e me ne vado via, lontano. Qualche volta scaccio l’impulso: seguo le mie riflessioni con lo sguardo, fino a che giungono all’orizzonte, scomparendo. Capita, ancora più di rado, che mi offenda del sorpasso, e mi metta a rincorrere il pensiero fuggente: scrivo, per non perderlo di vista.
Ho l’impressione di non averlo mai acciuffato. Non ho nulla di cui lamentarmi: non mi sono mai impegnato abbastanza. Forse non lo raggiungerò mai perché è naturale, per ognuno di noi, che così accada, ma è altrettanto probabile che una possibilità, seppur minima, vi sia. In ogni caso, tenere le proprie considerazioni per sé, scarabocchiandole su un piccolo diario, non è sufficiente per tenersi la coscienza pulita e profumata.
Voglio condividere con voi, pochi e si spera fedeli lettori dell’Universitario, qualcuna delle mie paranoie, per non mollarla nel cestino, su Facebook o su Twitter, o in una conversazione su WhatsApp. Per tentare, almeno, di comprendere se vi sia del valore all’interno di ciò che penso, o se sia più accorto tenersi certe osservazioni per sé, se sia giusto rinchiuderle nella miseria della mia cameretta.
Scrivo, allora?