La Terapia della Parola – Scienza
La Treccani definisce scienza ogni “sapere, dottrina, insieme di conoscenze ordinate e coerenti, organizzate logicamente a partire da prinicipi fissati univocamente e ottenute con metodologie rigorose, secondo criteri propri delle diverse epoche storiche”.
Nello specifico, i criteri sopracitati sono, da Galilei a questa parte, incarnati dal metodo scientifico.
Quest’ultimo consiste nella raccolta di dati empirici sotto la guida delle ipotesi e teorie da vagliare, e nella successiva analisi logico-razionale (e, dove possibile, matematica) di questi dati.
Criterio fondamentale del metodo scientifico è la ripetibilità dell’evento: per dirlo con Einstein, “nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione: un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato”.
Va certo osservato che, al variare del campo di applicazione, la rigidità del metodo può cambiare molto, e ciò ha portato alla necessità di una distinzione che, canonicamente, vede contrapporsi scienze “dure” e scienze “molli”.
Personalmente trovo la scelta di tali termini sconveniente sotto ogni punto di vista: col tentativo di assicurare il prestigioso status di “scienza” a tutte le discipline organizzate, ma non necessariamente basate sulla raccolta e l’analisi di dati empirici, si è finito col creare numerosi problemi.
In primis, così facendo è stato annebbiato il significato proprio di scienza, forzandone i confini a tal punto da fargli perdere una forma definita.
Inoltre, ed è un aspetto chiave che tutt’ora crea innumerevoli problematiche, si è finito per creare una gerarchia qualitativa tra i diversi campi di studio, misurando con lo stesso metro (quello sperimentale, appunto) discipline che poco hanno a che vedere con esso, ma che secondo altre categorie risultano altrettanto rigorose e nobili.
Se questo non fosse sufficiente, è stato identificato un ulteriore sottogruppo delle scienze, dette “formali”, che racchiude le discipline che fanno uso di concetti astratti e di schemi logici prescindendo dall’esperienza e dalla realtà empirica.
In questo modo viene a costituirsi un concetto di scienza indefinibile e, di conseguenza, inutilizzabile, che può rappresentare tanto la matematica (disciplina che a partire da assiomi arbitrari studia le conseguenze logicamente implicite in essi) quanto la psicologia, che studiando i fenomeni propri del meccanismo mentale e affettivo non può certo formulare teoremi e corollari “veri necessariamente, sotto opportune ipotesi”.
Esiste inoltre un terzo problema, più sottile e tuttavia radicalmente dannoso, sul quale questo articolo vuole soffermarsi: espandendo e snaturando in tal modo il concetto di scienza, senza però privarla della sua nobile ed evocativa autorevolezza, si è finiti per lasciar sgattaiolare in esso complessi di credenze e tradizioni (chiamarli “campi di studio” sarebbe un eufemismo) che nulla hanno della rigorosità e fondatezza delle scienze proprie.
Così acquistano parvenza di serietà approcci totalmente antiscientifici, vere e proprie truffe, che facendo forza sulla vacuità del termine “scienza” tentano, spesso con triste successo, di proporsi come valide alternative alle discipline canoniche.
Ma c’è una differenza nucleica tra le scienze molli e queste pseudo-scienze (se così si può chiamarle): seppur le prime, per limiti naturali imposti dal loro campo di studio, non possano rispettare con sommo rigore i criteri del metodo scientifico, non perdono comunque mai di vista la logicità delle loro conclusioni.
In psicologia, ad esempio, non sarà quasi mai possibile dimostrare come necessariamente vere alcune teorie, ma non per questo si considerano come valide quelle che sono dimostrabilmente false.
Ogni affermazione deve fondarsi su dei presupposti, su dati e su ipotesi che si dicono coerenti con la tesi sostenuta.
Non avrà nessun riconoscimento da parte delle scuole di psicologia chi tenta di proporre un collegamento inequivocabile tra la conformazione dei piedi e il modo in cui viene metabolizzato un lutto, sulla base del fatto che una sua paziente con il 40 di scarpe ha superato meravigliosamente la perdita del padre.
Perché dunque sembra necessario rispettare una pratica che afferma di poter produrre rimedi efficaci diluendo per centoventi volte, con una proporzione 1:10, la sostanza che teoricamente dovrebbe contenere il principio attivo, quando un rapido confronto con il numero di Avogadro evidenzia che nella soluzione finale non rimane nemmeno una molecola della sostanza diluita?
Nessuna disciplina che vuole dirsi scientifica può astenersi dal vaglio logico.
Un’affermazione non sostenuta da argomentazioni valide, o basata su ipotesi inventate, non ha il diritto di essere considerata. Anche se ci credono cento, diecimila o un milione di persone.
Chi decide deliberatamente di credere in qualcosa di dimostrabilmente falso si condanna non solo ad una vita di inganni e raggiri, ma a un mondo fatto di nebbia e buio, dove nulla è mai vero o falso, ogni credenza diventa teorema e ogni mito storia.
Un mondo dove la fiaccola di Prometeo non verrà tenuta in mano da nessuno, per non coprire i palmi sui quali, crediamo, si cela il nostro futuro.
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