La barriera della discordia
Di Federico Pezzo
Titolo: La barriera della discordia
The Border Fence (2018)
Regia: Nikolaus Geyrhalter
Sceneggiatura: Nikolaus Geyrhalter
Durata: 1 ora e 52 minuti
Genere: Documentario
In questi giorni nella nostra città universitaria preferita si sta svolgendo la 67esima edizione del Trento Film Festival, rassegna cinematografica ricchissima che quest’anno propone ben 127 film distribuiti in 12 sezioni. Questo è un festival capace ogni anno di riempire le sale dei cinema di Trento proiettando storie di montagna provenienti da tutto il mondo.
Il primo film di questa edizione che ho deciso di andare a vedere è The Border Fence, un documentario del regista austriaco Nikolaus Geyrhalter sulla barriera che avrebbe dovuto essere costruita dall’Austria sul confine del Brennero.
Un paio di anni fa in Austria la paura di un’invasione di profughi aveva raggiunto proporzioni tali che il governo aveva deciso di difendere i confini nazionali attraverso l’uso della forza militare e la costruzione di barriere difensive da erigere in punti strategici di confine. Una di queste barriere avrebbe dovuto essere costruita al passo del Brennero in modo da bloccare il flusso di migranti provenienti dall’Italia. Quest’ultima iniziativa aveva attirato sul governo austriaco le critiche dell’Italia e di parte della comunità internazionale. Nonostante a quasi di due anni di distanza quella barriera non sia stata ancora costruita, come ci ricorda il regista alla fine del documentario, credo che nessuno voglia sostenere che i temi trattati da questo film non siano ancora attualissimi.
Il film entra subito nel vivo della questione senza troppi giri di parole. Geyrhalter fa prima un quadro generale della situazione aiutandosi anche con spezzoni di telegiornali e dichiarazioni ufficiali della polizia per poi dare il via ad una serie di interviste in cui varie persone esprimono la loro opinione sul tema dell’immigrazione.
Benché il regista lasci spazio sia a voci favorevoli alla barriera sia a voci contrarie, è abbastanza evidente che parteggi per le seconde piuttosto che per le prime e il suo film risulta palesemente partigiano. Ma questo non è necessariamente un male: non è affatto vero che un buon documentario debba essere necessariamente imparziale.
Dire che la regia è minimalista sarebbe un eufemismo. Nella stragrande maggioranza delle scene abbiamo un’inquadratura fissa e per di più la composizione dello shot è piuttosto ricorrente: l’intervistato o gli intervistati sono ripresi in piano americano (tranne quando sono seduti) sovrapposti ad uno sfondo che li caratterizza. Il regista è molto attento ad associare ad ogni personaggio uno sfondo adeguato, le interviste non sono mai filmate in un setting casuale: il prete sarà quindi intervistato in chiesa, la barista dietro al suo bancone, il poliziotto nella caserma e via dicendo. Sembra un particolare banale ma a me quest’attenzione è piaciuta molto, l’ho trovata visivamente appagante.
Nonostante il film tratti argomenti quanto mai seri, è nondimeno caratterizzato da una sottile ma tagliente ironia ed è stato in grado di strappare diverse risate al pubblico in sala durante la proiezione.
The Border Fence è un ottimo film. Nikolaus Geyrhalter confeziona un documentario elegante, sobrio ma soprattutto molto incisivo.