Nasrin Sotoudeh l’avvocatessa dei diritti umani
Nel 1925 in Iran, Reza Pahlavi diventò scià. Egli voleva occidentalizzare, dove possibile, il suo paese, così diede alle donne la possibilità di farsi una vita sociale. Bandì il velo e nel 1935 aprì loro le porte dell’università di Teheran. Nel 1942 a Reza succedette il figlio Mohammed, intenzionato a seguire le orme del padre. Attuò un programma di riforme chiamato “rivoluzione bianca”, finalizzato tra le altre cose a rendere le donne più indipendenti prevedendo il diritto di voto e il divorzio. Non andò bene; anche la maggior parte delle stesse donne si oppose a queste riforme, e lo scià fu costretto a fuggire. Il 30 marzo 1979 venne proclamata la repubblica islamica. L’ayatollah Khomeini fece tornare le cose come prima della dinastia Pahlavi, dove donne come Shirin Ebadi, prima donna giudice del paese, non avevano più diritti.
Vi racconto questo perché qualche settimana fa l’avvocatessa per i diritti umani Nasrin Sotoudeh è stata condannata a 38 anni di carcere e 148 frustate. Nasrin, nata a Teheran nel 1963, voleva studiare filosofia ma è finita per laurearsi in legge alla Shahid Beheshti University. Durante la sua carriera ha difeso molte figure importanti che si opponevano al governo tra cui la stessa Ebadi, la quale nel 2003 ha vinto il premio Nobel per la pace proprio per non essersi arresa al suo destino e aver continuato a lottare per i propri diritti. Nel 2010, Nasrin è stata arrestata per la prima volta con l’accusa di aver diffuso menzogne contro lo Stato. L’anno dopo è stata condannata ad 11 anni di reclusione, ma è stata liberata nel 2013 dopo aver ricevuto una riduzione della pena. Tornata ad occuparsi di diritti umani, nel 2018 ha difeso “le ragazze di Enghelab Street”, attiviste che ogni mercoledì scendevano in piazza e restavano a capo scoperto per protestare contro l’obbligo di indossare il velo. Dal 13 giugno 2018 si trova in carcere. Il giudice Moqiseh ha applicato il massimo della pena per ognuno dei sette capi d’accusa, 29 , più 4 che portano ai effettivi 33 anni. I capi d’accusa sono “associazione e collusione per compiere reati contro la sicurezza nazionale” e offesa alla Guida suprema”. Il 30 dicembre dello scorso anno, secondo il marito, è stata processata in contumacia dopo essersi rifiutata di presentarsi in aula perché le era stato negato il diritto di scegliere l’avvocato.
Amnesty International è un organizzazione non governativa internazionale che dal 1962 si occupa di violazioni dei diritti umani e che nel 1977 ha vinto il premio Nobel per la pace. Ha contribuito a liberare più di 50.000 persone e salva in media tre vite al giorno. Ora si sta occupando anche di Nasrin, descrivendo la sua condanna come un “Verdetto oltraggioso”. L’11 marzo ha lanciato un appello, che al momento ha superato le 100.000 firme, per la sua scarcerazione.
È triste quando un paese come l’Iran, il quale negli anni ’60 del secolo scorso era più all’avanguardia di molti paesi europei vantando anche un giudice donna come Shirin Ebadi, si sia ridotto a incarcerare chi lotta per far valere i diritti umani. Un verso del Corano dice “Che siate uomini o donne, voi siete membri l’uno dell’altro. Ognuno è l’amico, il guardiano e il protettore dell’altro”. Ecco, nascondersi dietro un libro sacro per comportarsi da tiranni non regge più, sono le leggi degli uomini a impedire l’emancipazione delle donne, non le leggi di Dio. I Pahlavi lo sapevano, come anche Shirin e Nasrin, che pur sapendo del rischio che correvano non hanno mai abbandonato il loro paese. Non hanno mai abbandonato la speranza che un giorno potessero camminare per le vie della propria città senza paura per il semplice fatto di essere donne.