Quando la Rappresentante parla: intervista a La Rappresentante di Lista

di Valentina Chelodi

foto Sebastiano Chiari – per gentile concessione di Poplar Festival

La Rappresentante di Lista è la band nata nel 2011 dalla sinergia tra due attori teatrali: Veronica Lucchesi, toscana, e Dario Mangiaracina, palermitano. Quest’anno abbiamo avuto l’onore di ospitarli al Poplar e fare due chiacchiere dopo la loro esibizione.

La Rappresentante di Lista è un nome molto incisivo per una band musicale, specialmente in questo periodo di incertezza politica. Come nasce questo nome e quale messaggio intende veicolare?

Veronica: Nasce da un episodio realmente accaduto. Nel 2011, quando ci fu il referendum per l’acqua pubblica ed il legittimo impedimento, mi trovavo a Palermo. Essendo toscana, per votare fuori sede dovevo iscrivermi a una lista promotrice del referendum e quindi ho fatto la rappresentante di lista per poter votare. Successivamente iniziai con Dario a scrivere le prime canzoni… diciamo che questo ruolo stava perfettamente all’interno di una frase che avevamo scritto che ha dato poi il titolo alla canzone La Rappresentante di Lista, e poi ce lo siamo tenuto anche come nome del gruppo. All’inizio non capivamo esattamente cosa volesse dire, poi è diventato il contenitore di tanti nostri temi. Oggi devo ammettere che capisco questo personaggio, quest’entità molto forte che ci guida nel mondo della musica ma anche nello sguardo che abbiamo nei confronti della società e del mondo, e mi rappresenta.

Come iniziate a lavorare alle vostre canzoni? C’è una forte sinergia tra di voi. Il vostro modo di scrivere, che indaga e ricerca argomenti delicati come quello della sessualità- basti pensare alla canzone Questo corpo- è una scusa per indagare meglio certi temi o parte dalla vostra sensibilità?

Dario: Entrambe le cose: da un lato c’è la voglia di indagare un argomento, dall’altro è qualcosa che si solleva prima di decidere di parlarne. Così è stato per Go Go Diva [n.d.r.: l’album uscito a novembre 2018] con i suoi temi affrontati: dal desiderio, al corpo, alla sessualità. Così è stato anche in passato quando pensavamo alla collettività, a cosa voleva dire essere ospiti come in alcune delle canzoni che facciamo ancora di Bu bu Sad [n.d.r.: il secondo album pubblicato].

Veronica: Sì, è sicuramente qualcosa che parte da dentro, qualcosa che senti. Molto probabilmente se lo senti è perché sta nell’aria, quindi l’hai respirato in giro, ti arriva come frutto di quello che percepisci e successivamente si scatena, prende corpo e trasporta quello che fai e quello che scrivi.

Tu e Dario vi siete conosciuti ad un laboratorio di teatro. In che modo il teatro influenza la vostra musica?

Veronica: C’è da dire che il teatro è un po’ la nostra formazione, siamo nati come attori teatrali. In qualche modo è come una lingua che impari quando sei molto piccolo e ti porti dietro come un bagaglio, la metti a disposizione di quello che fai… e a volte capita che ti scappa una parola in questa lingua che sai perfettamente. È un po’ come uno strumento che noi mettiamo a disposizione della musica, è un modo di stare sul palcoscenico, è l’attenzione ai dettagli, è come ti immagini i dettagli di una piccola scena guardando il mondo, come caratterizzi i personaggi che racconti in una storia.

Dario: Poi sicuramente il teatro ci ha insegnato il rigore: bisogna fare delle prove, il piacere di dedicare il tempo alla ricerca dei vari temi di cui poco fa. Nel teatro poi c’è anche un tempo in cui si entra in sala, c’è il tempo per il riscaldamento…

Veronica (completando naturalmente la frase di Dario): …per conoscere lo spazio, immaginarti che esisterà un pubblico, il rapporto con i tuoi compagni che sono sul palcoscenico, l’attenzione e l’ascolto, che è fondamentale.

La Rappresentante di Lista parte con voi due; poi, man mano, si sono aggiunti vari elementi (tra cui anche la sorella di Veronica, che suona il sassofono), che vengono anche da parti diverse dell’Italia. Come vi fondete e come evolvono i rapporti con questo gruppo che si allarga?

Veronica: Si è sicuramente evoluto il rapporto, nel senso che inizialmente in due si ha sempre la stessa persona a cui rivolgersi e a un certo punto, tra l’altro, i gusti si somigliano, per cui è come diventare un’unica entità. Quando si aprono le porte ad altre persone che portano il proprio gusto, il proprio modo di vedere la vita, di sentire la musica, portando anche i loro ascolti molto differenti dai tuoi…

Dario: …i propri problemi…

Veronica: …diventa un ascolto che va amplificato. Invece che una testa ci sono sei teste.

Dario: Poi in realtà oltre alla band ci sono tante altre figure che fanno parte in qualche modo della Rappresentante di Lista e che ne hanno fatto parte durante tutto il tour. Penso a Roberto Cammarata [n.d.r. il produttore di Go Go Diva], a tutti i tecnici che hanno lavorato assieme a noi. Ci piace pensare a uno sviluppo collettivo di quelle che sono le nostre idee, anche perché io e Veronica siamo quelli che accendono il fiammifero, se poi quella fiamma rimane accesa è grazie agli altri.

Anche dal punto di vista musicale c’è stato questo stesso sviluppo?

Veronica: Sicuramente quando eravamo in due ci siamo messi a concepire il Live di Bu bu Sad, il secondo disco, sentivamo la necessità di ampliare la band perché il disco ce lo richiedeva, le canzoni ci chiedevano di essere portate con più persone a rappresentarle. Quindi è stata proprio una necessità delle canzoni. In Go go Diva da cinque avevamo la necessità di avere una batteria perché le canzoni anche in questo caso avevano questo tipo di impulso, necessitavano di tutta la batteria, dell’orchestra percussiva intera. Per cui ci siamo ricordati di un grandissimo musicista che è Roberto Calabrese, che avevamo corteggiato per tanti anni e quindi gli abbiamo fatto questa proposta indecente e lui ha accettato. Un po’ sono le canzoni che ti chiedono gli strumenti, ti chiedono quel tipo di gusto, di groove, di musicalità.

Dario: Poi abbiamo anche la fortuna di incontrare le persone: per esempio per le cose nuove che stiamo scrivendo, per la prima volta ci siamo chiusi in sala prove a scrivere o a improvvisare con tutta la band, cosa che non ci era mai capitata perché eravamo sempre stati io e Veronica a immaginare il tessuto sonoro e poi realizzarlo, come è stato fatto per Go go Diva- cioè o in studio o in sala prove per il live. Adesso per la prima volta abbiamo incontrato la band anche sul fatto di scrittura, quindi non sappiamo cosa ne verrà fuori.

Quindi non possiamo che augurare a tutti i membri un grandissimo in bocca al lupo, a cui loro, a sorpresa, hanno risposto: “Viva il lupo!”

I retroscena dell’intervista

Redazione

La redazione de l'Universitario è composta perlopiù da studenti dell'Università di Trento

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