Gli animali da guerra dell’età contemporanea
Come per ogni agente segreto che si rispetti, anche la sua identità doveva rimanere top secret, ma così non è stato. Stiamo parlando del cane-eroe rimasto ferito nel raid dello scorso 26 ottobre, in cui ha trovato la morte il califfo dello Stato islamico al-Baghdadi. Il suo nome è Conan, e la sua identità sarebbe dovuta rimanere segreta, come quella degli altri agenti che hanno partecipato alla missione, ma una sua foto declassificata è stata postata dallo stesso presidente Trump sui propri profili social in cui si complimentava dell’ottimo lavoro svolto dall’animale. Da lì sono partite le indagini di alcune testate giornalistiche, che hanno scoperto che è una femmina ed è in attività da circa quattro anni con un’esperienza di oltre venti missioni. Stando, invece, alle informazioni trapelate sulla dinamica dell’operazione, questo cane-eroe ha svolto un ruolo importante. Quando si è diffuso il timore, rivelatosi poi fondato, che il califfo indossasse un giubbotto esplosivo, Conan è stata mandata in avanscoperta nel tunnel in cui si era rifugiato il ricercato; costui si è fatto esplodere, distruggendo il suo nascondiglio e ferendo l’animale, unico ferito dell’operazione. Fortunatamente i danni riportati non sono stati gravi ed ella è potuta ritornare operativa già dopo qualche giorno. Del raid contro il capo dell’ISIS non si sa molto altro, né tantomeno degli agenti coinvolti; Conan è l’unico di cui si è venuti a sapere qualcosa. Sappiamo che è un pastore belga Malinois, una delle principali razze canine (insieme al pastore tedesco) usate dalla polizia e dall’esercito americano, ad esempio per le indagini sugli stupefacenti o in missioni militari particolarmente delicate come questa.
Per gli USA l’uso di animali nelle operazioni di guerra non è insolito: un importante precedente, molto simile, è quello del raid contro bin Laden che ha visto coinvolto Cairo, anch’egli un pastore belga Malinois. Questi cani infatti vengono addestrati come dei veri e propri soldati e spesso il loro ruolo principale è quello dell’individuazione degli ordigni esplosivi: quando ne percepiscono uno gli si siedono vicino in modo tale da avvisare gli altri soldati per farlo disinnescare. E questo era il compito di Conan, che per il valore dimostrato in missione è stata invitata alla Casa bianca dal tycoon, che l’ha definita “a wonderful dog”, per essere premiata. Per questo evento il Daily Wire, testata conservatrice americana, aveva postato un’immagine ritoccata di Trump che premia il cane-eroe: se Conan andrà alla Casa Bianca, sarà il primo cane a farlo da quando Trump si è insediato. Diversamente dai suoi predecessori, infatti, l’attuale presidente non ha voluto avere alcun animale, dichiarando che gli piacerebbe ma non avrebbe il tempo per accudirlo.
Già millenni fa, la vita dell’uomo si è intrecciata con quella del cane, come dimostrano alcune pitture rupestri che raffigurano l’uno accanto all’altro in scene di caccia, ma questo rapporto quasi esclusivamente utilitaristico si è evoluto in qualcosa di più profondo, ben è espresso da quella piccola scena che si può leggere nell’Odissea, quando il vecchio cane Argo riconosce per primo il suo vecchio padrone Odisseo, tornato a casa dopo anni, e dopo averlo visto si lascia morire in pace.
Il cane, tuttavia, non è l’unico animale che l’uomo ha addestrato per fini militari: basti pensare ai cavalli, agli asini da soma e… agli orsi. Proprio così, l‘orso. Durante la Seconda guerra mondiale, infatti, la 22a Compagnia dell’esercito polacco era stanziata nell’Iran per prepararsi ad entrare nel conflitto quando un giorno, nel 1942, dei soldati trovarono questo cucciolo di orso di qualche settimana e decisero di adottarlo come mascotte, chiamandolo Wojtek (diminutivo di un nome tradizionale polacco). L’orso crebbe con la compagnia, giocando con loro in lotte corpo a corpo lasciando vincere a volte i soldati polacchi, mangiando e bevendo insieme a loro. Quando venne il momento di entrare in guerra, Wojtek venne con loro svolgendo, in modo eccellente, il compito di trasportare munizioni, granate e altri beni delicati. Importante fu il suo ruolo durante la battaglia di Cassino; per il servizio reso, fu promosso al ruolo di caporale e divenne così celebre che in alcune città dove la sua compagnia combattè sono state innalzate statue in sua memoria. Terminato il conflitto, seguì i suoi commilitoni fino al Regno Unito, dove nel 1947 fu “congedato” con onore e cominciò una nuova vita nello zoo di Edimburgo, dove di tanto in tanto venivano a fargli visita i suoi compagni militari. Lì visse fino alla sua morte nel 1963.
In età contemporanea si è visto un incentivo nell’uso di animali con scopi militari, soprattutto con gatti spia, pipistrelli kamikaze e persino delfini sminatori. Questi ultimi hanno visto il loro ingresso nella marina militare statunitense intorno agli anni 60′, insieme anche a dei leoni marini; inizialmente addestrati in funzione anti-sovietica, ben presto furono usati anche per altre missioni come la guerra del Golfo e in seguito, in modo massiccio, nel 2003 per sminare il porto iracheno di Umm Qasr. I “war-dolphins” sono addestrati per circa sette anni a individuare le mine in acqua, e persino sotto al fondale, grazie al loro potente sonar e ad attivare un congegno a loro assegnato che permette a loro di mandare in superficie una boa, così da permettere ai sommozzatori di individuare gli ordigni e disinnescarli. Alla fine del 2012 la Marina militare statunitense si è impegnata a costruire un robot in grado di svolgere il ruolo di questi delfini per ridurre le spese entro il 2017, così anche da poter togliere, dagli 80 in servizio in quel momento, 24 esemplari che sarebbero stati impegnati nel recupero di oggetti dai materiali.
L’uso di animali in ambiti bellici è spesso motivo di critiche, soprattutto da parte di organizzazioni animaliste. Spesso questi animali vengono usati per operazioni molto pericolose e delicate, in cui rischiano di perdere la vita senza che ne venga divulgato l’eventuale numero di vittime, diversamente da quanto viene fatto per le perdite umane. Per questo motivo, alcuni detrattori ritengono che Conan non fosse l’unica agente canina coinvolta nel crollo del tunnel, ma che ce ne fossero altri che hanno perso la vita. C’è chi parla, in questo ambito, di una forma di schiavismo e razzismo, in quanto questi animali compiono delle azioni in situazioni a loro estranee perchè obbligati dall’uomo che li ritiene esseri inferiori. Tutte queste opposizioni sono portate avanti dal filosofo australiano Peter Singer, che in un articolo per The Guardian, proprio sull’uso dei delfini nella Guerra del Golfo, scrisse: “gli Stati Uniti da tempo arruolano i propri cittadini per combattere le sue guerre. Tutti le sue truppe umane sono volontarie. E persino i volontari hanno dei diritti fondamentali. I delfini non hanno niente”. Questa sua posizione, come quella di molti altri, si basa sul fatto che molte specie animali sono consapevoli, provano gioie e dolori come gli essere umani. D’altra parte gli animali impiegati hanno delle qualità naturali inimitabili, che neanche le macchine sono in grado di replicare, come ad esempio l’olfatto canino e il sonar dei delfini. Questo li rende, per certe operazioni, degli agenti indispensabili. Ed è da questa situazione che sorge il dilemma etico se sia giusto ricorrere agli animali per situazioni che possano mettere a rischio la loro vita contro la loro stessa volontà.