“Il Trentino non abbocca”: dentro il primo flashmob ittico della storia

Mattia Santori, portavoce e fondatore delle “6000 Sardine”, definisce quest’ultimo “il più grande movimento di avvicinamento politico degli ultimi vent’anni E a giudicare dai numeri raggiunti su Facebook (poco più di 10.000 membri iscritti al gruppo “Sardine di Trento” in sole 2 settimane) non si può che confermare: anche a Trento il movimento delle “6000 Sardine” fa presa. “Banchi di persone” (i più ne contano 3000, ma c’è chi afferma di averne contate il doppio) sono scesi in strada per far sentire forte e chiara la loro presenza, per mettere la parola fine ad una politica populista e colma d’odio, che parla “troppo alla pancia e poco al cervello”. 

L’appuntamento era il 6 dicembre in piazza Duomo alle 18.00, ma non sono nemmeno le 17.30 che già nella piazza si riconoscono, tra i turisti e i passanti, le prime “sardine”: sedute sui gradini della fontana del Nettuno, aspettano pazientemente che il flashmob ittico del momento stravolga anche questa città fin troppo mite.

Cosa colpisce fin da subito è la diversità: il voler raggruppare più gente possibile sotto il simbolo apartitico della sardina è stato sicuramente il punto d’inizio (e di vanto) di questa stravolgente manifestazione popolare, ma non si può avere una reale misura del fenomeno se non si è lì, faccia a faccia col vero volto del movimento, nato dall’unione di migliaia di altri visi: quello di un giovane, di un anziano, di una studentessa, di un professore, di una ricca vedova e di uno straniero. Visi di persone normali, che si possono incrociare all’Università come al supermercato, ma che questa sera provano a parlare ad una politica che da molto tempo non parla né con loro, né di loro.

Non ci si riesce a trattenere dall’osservare avidamente ogni interazione che si svolge tutt’attorno: è innegabile che, oltre che essere un’importante momento di ravvicinamento politico, il flashmob delle “6000 Sardine” è soprattutto occasione di avvicinamento sociale. A dimostrarlo sono i più anziani che, goffamente, si cimentano nel mondo dei social, guidati dai più “navigati” ragazzi. E non solo: c’è gente che si abbraccia vedendosi dopo tanto tempo e gente che invece si conosce proprio lì in piazza. Si parla dell’attuale situazione politica, di lavoro, di esami, di colleghi poco simpatici e di vita privata.

La piazza si gonfia di minuto in minuto ma l’atmosfera rimane pacata; i poliziotti presenti per tutelare l’ordine non hanno molto lavoro, si appoggiano alle camionette e si concedono quattro chiacchiere informali. I giovani si affrettano a pubblicare le prime foto sui social, sbandierano orgogliosi le loro sardine, mentre i più anziani fanno un tuffo nel passato ricordando gli inarrestabili moti del Sessantotto, ringraziando i ragazzi d’oggi perché con loro “i politici … muti!”.

È oltremodo palpabile l’entusiasmo dei partecipanti: vengono fin da Bolzano, affollano i treni, fanno videochiamate con parenti e amici per coinvolgerli, spostano convegni e ipotizzano paragoni con ciò che hanno sentito dire sui questi chiacchieratissimi flashmob. Giunge persino voce di “sardine” troppo anziane per partecipare che spediscono figli e nipoti dritti in piazza Duomo, per far sentire il proprio supporto tramite loro.

Rintoccano le campane delle 18; le “sardine” volgono piano piano le loro attenzioni alla fontana del Nettuno. Da lì a poco inizierà a parlare su quegli stessi gradini Lorenzo Lanfranco, uno tra gli organizzatori della manifestazione trentina. All’inizio visibilmente nervoso, sarà comunque capace di tenere la scena davanti a quel “mare di sardine” , iniziando col parlare brevemente della storia e del significato del movimento.

Il discorso si struttura fin da subito sotto forma di dialogo col pubblico: nei modi di fare e parlare, Lorenzo sottolinea l’importanza di guardare al movimento come al di sopra delle questioni politiche, come di tutti e per tutti, perché nato da e per persone che “si riconoscono in determinati valori, quindi non riconducibili a un’unica sfera politica”. Non smette di ringraziare le persone che sono venute fino in piazza Duomo a manifestare, dicendo di essere e sentirsi uno del pubblico, una “sardina” a tutti gli effetti. Parla di partecipazione, libertà, rispetto, autocritica e pensiero critico, i principi fondamentali del movimento.

I tre ospiti vengono presentati per nome: Claudio (Claudio Bassetti, ex presidente SAT ed ora responsabile del CNCA), Serena (Serena Naim, ex lavoratrice dell’accoglienza licenziata dopo i tagli ai fondi solidarietà ed ora parte della Coop Arcobaleno) e Nicola (Nicola Serra, dell’ASD Intrecciante, squadra di calcio e progetto d’integrazione per richiedenti asilo). Si focalizzano sul tema dell’integrazione sociale, il loro campo di competenza: parlano di una Trento che sa accogliere lo straniero, che va oltre le diversità, che crede ancora nella cultura del rispetto e che per questo necessita di essere ripristinata, cercando di combattere il populismo che invece colpevolizza e discrimina il più debole.

Finiti gli interventi, le “sardine” vengono invitate a far luce con i propri telefonini, per essere “parti integranti dello spettacolo” e cantare insieme alla corale “Bella Ciao” l’inno provinciale, quello italiano, quello europeo ed infine, la canzone della resistenza: “Bella Ciao”.

Vengono i brividi a sentirli, a vederli; sono in migliaia, e con le luci sembrano diventare le stelle che mancavano quella sera in cielo. A prescindere dal partito politico, è un’esperienza che potrebbe colpire piacevolmente anche i più scettici, per la sua natura paradossalmente intima (se di intimità si può parlare in una piazza con più di 3000 sconosciuti).

Una volta spente le luci dei telefoni, Lorenzo trova il tempo di intervistare personalmente alcune persone del pubblico, chiedendo i motivi che le hanno spinte a scendere con gli altri manifestanti. Emergono le ragioni più disparate: dalla semplice curiosità, al bisogno di usare “parole positive”, fino alla voglia di vedere riscattati valori fondamentali come la libertà.

Ed è proprio con “La Libertà” di Giorgio Gaber che si conclude la manifestazione: le luci dei telefonini si riaccendono e, per l’ultima volta, Trento si colora dei canti dei suoi cittadini.

Sono appena passate le 19 e la folla si dilegua. Lorenzo Lanfranco è attorniato da gente: si complimentano con lui e lo ringraziano per essere stato parte attiva nell’organizzazione dell’evento. Faccio in tempo a fagli qualche domanda al volo.

Sei tu quindi il fondatore del gruppo su Facebook “Sardine di Trento”?

In realtà siamo 4 amici. Io sono quello che ci mette “la faccia”.

Da dov’è nata l’esigenza di fondare questo gruppo?

È stata più una casualità. Agli inizi ero contro le “sardine”, lo vedevo più come un fenomeno tipico emiliano. Poi a Mesiano (la nota festa studentesca, n.d.r.) dei miei amici mi hanno proposto quest’idea. Ho avuto modo di pensarci, di dormirci sopra, e mi ha convinto l’elemento costruttivo ed apartitico dell’iniziativa.

Nel tuo discorso hai accennato più volte all’”essere sardine”. Secondo te cosa significa “essere sardina”?

“Essere sardina” significa essere cittadino, sentirsi cittadino, nonostante le differenze. Ed essere cittadino significa mettersi in gioco, come si sono messe in gioco oggi tutte le persone scese qui  in piazza. Tutte queste persone sono per me “sardine”.

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