Cip!: canzoni per un’umanità migliore
Tra i grandi colpiti del Coronavirus c’è anche il mondo della musica, che a seguito delle misure prese dal governo ha dovuto cancellare o posticipare interi tour, tra questi il povero (ma grande) Brunori Sas. A settembre, dopo l’uscita del singolo Aldilà dell’amore, il cantautore calabro aveva annunciato la presentazione del nuovo album nei palazzetti italiani.
Il disco Cip! uscito a gennaio di quest’anno è molto diverso da tutti i precedenti a cui il cantautore ci aveva abituati, ma al contempo da questi ha raccolto i frutti in modo ragionato. È un disco che definirei di sintesi, in cui Brunori ha coniugato la verve politica e sociale alla Rino Gaetano di A casa tutti bene, con quella autobiografica e intimista del primo album, Brunori Sas, vol.1.
Ad aprire l’ultima opera è il brano Il mondo si divide che coniuga perfettamente le due anime presenti in Cip!. Partendo da una visione personale e un’analisi del mondo che ci circonda, il cantautore calabrese arriva a pronunciare con sfacciata franchezza un assioma di solidarietà universale: dividere le cose/ è un gioco della mente/ il mondo si divide inutilmente.
È così che Brunori con la sua solita sensibilità musicale ci trascina all’interno di un disco che sembra delicato e leggero come l’uccellino disegnato in copertina, ma che in realtà è pieno di bombe esistenzialiste pronte ad esplodere da un momento all’altro.
La traccia numero 2 di Cip! è una di queste. Capita così è la canzone chiave con cui leggere l’intero album, il ritmo incalzante delle prime strofe, che esplode nel ritornello, ci porta verso una piccola, grande verità: la vita è imprevedibile e dobbiamo accettarla così come viene. È un brano forte, introspettivo, di chi è caduto inaspettatamente ed è stato capace di rialzarsi. Di chi anche nel dolore più profondo ha trovato una luce.
A seguire si trova il brano Mio fratello Alessandro, canzone che sembra riguardare solo i drammi e i difficili legami familiari, ma che attiene in realtà a tutta l’umanità. Attraverso il medesimo procedimento induttivo utilizzato anche nella prima traccia (Mio fratello Alessandro ormai sviene sempre/forse ha qualcosa nel cuore, forse nella mente) Brunori sgancia la terza granata dell’album: Perché gli uomini smettono di essere buoni /Solo quando si sentono soli/Quando perdono di vista la luce /Che sta in tutte le cose /Nella pioggia e nel sole /Nella terra e nel fiore/E persino nel filo che unisce lo sguardo dell’uomo che uccide/E dell’uomo che muore. Sono solo gli uomini che si sentono soli (no, non quelli dei Pooh), quelli che non percepiscono che in realtà c’è un legame profondo tra tutti noi, anche tra chi uccide e chi è ucciso, quelli che non riescono a vedere la vita così com’è: un quadro di luci e di ombre.
Continuando il discorso intrapreso con Mio fratello Alessandro, Brunori Sas ci presenta la quarta traccia: Anche senza di noi. Il brano, che ad un primo ascolto mi ha fatto pensare ad un pessimismo tra il verghiano e il pirandelliano, riprende in realtà il tema dell’accettazione del mondo, (E tutto sembra essere bellissimo/E sembra non dover finire mai/E tutto sembra essere dolcissimo /E nel tuo cuore speri non finisca mai/E invece il mondo girerà/ Anche senza di noi), analizza l’alterità sotto un diverso aspetto, gli altri come specchio di noi stessi. Egli ci spinge a vivere ciò che ci è dato, a commuoverci e a spenderci per gli altri perché solo attraverso i loro occhi cogliamo la nostra importanza come singoli, il nostro essere fiori (Ma come puoi non commuoverti/Se guardi a un passo da te? Ma come puoi non capire che/ è un corpo solo l’albero col sole/ E tu sei un fiore? / E tu sei un fiore/ Anche senza di me/ E anche senza di noi).
Segue La canzone che hai scritto tu, forse il brano meno potente dal punto di vista del testo. La quinta traccia affronta tutti i temi evocati in precedenza, attraverso l’escamotage del parlare di canzoni attraverso una canzone, già utilizzato da artisti come Guccini o Caparezza.
Come per loro, così anche per Brunori la musica ha un effetto terapeutico, quasi psicanalitico, che aiuta l’artista ad affrontare i suoi drammi interiori, ma poiché viene condivisa con il mondo, ognuno potrà riconoscersi in quelle sensazioni, cantarla e “farla volare” o decidere di buttare via le parole e reinventarle.
Giungiamo a metà del disco con Al di là dell’amore, il brano in assoluto più politico di Cip!.
Al di là dell’amore è un pezzo di forte critica contro una retorica sull’immigrazione che urla, fa rumore e sputa livore saccentemente, facendo finta di non vedere e di non capire “che si tratta di uomini, di donne e di uomini”. Proprio per questo, perché sono uomini, parte dell’umanità, canta Brunori Sas, dobbiamo difenderli, al di là dell’amore.
La settima traccia ritorna sul tema della presa di coscienza dell’essenza del mondo e sulla contemplazione mistica e meravigliata di questo, come fanno gli occhi dei bambini. Bello appare il mondo è un inno a godersi la vita senza compiangersi in modo egoistico e patetico, come fanno gli adulti (“Non puoi fare l’amore se continui ad urlare/se non smetti di farti ogni volta del male/ per le cose che non puoi cambiare/ ma lasciaci stare”).
È un pezzo potente, che ci schiaffeggia e ci ricorda semplicemente che non siamo noi e il nostro pessimismo al centro del cosmo, ma c’è un mondo, là fuori dal nostro orticello, che appare bellissimo.
Benedetto sei tu è l’altro pezzo politico dell’album, che si pone in continuazione con la tematica di Al di là dell’amore e invita l’ascoltatore non solo ad indignarsi verso una realtà gretta e violenta, ma ad agire mediante una resistenza civile (È inutile stare fermo mentre il mondo va all’inferno, credimi/ Prendimi la mano e andiamo/Verso un mondo più lontano/Dove troveremo l’uomo /Dove troveremo il modo/ Per risvegliarci/ E ritornare umani) e riconosce quella parte di società che sa distinguere il bene dal male.
E dopo questo pezzo, Brunori ritorna il “tenerone” di sempre, regalandoci una delle canzoni più romantiche e sincere che abbia composto. C’è poco da discutere sulla bellezza di Per due che come noi, un inno all’amore che strizza l’occhio volutamente e spudoratamente a E penso a te di Lucio Battisti. Con un’eleganza e una saggezza che non è da tutti gli innamorati con i prosciutti sugli occhi, Brunori canta dell’amore che dopo vent’anni dice ancora di sì, che prende la mano e dice ti amo.
A chiudere il disco ci sono le tracce Fuori dal mondo e Quelli che arriveranno, due pezzi molto legati tra loro, che guarda agli uomini di oggi e di domani con speranza.
Fuori dal mondo è un elogio del sognatore, dell’idealista che crede ancora nell’amore profondo e si preoccupa per le sorti del mondo, venato anche di una sottile ironia (noi che mangiamo sempre senza l’olio di palma/ e che apprezziamo molto la virtù della calma).
È l’uomo retrò, in cui il cantautore si riconosce pienamente e non se ne vergogna, è l’uomo “fuori dal mondo” che con i valori sinceri e genuini del passato ci porterà verso un futuro migliore.
Ed è proprio con un grande, spiazzante e al contempo semplice interrogativo, come quelli che solo i bambini come Achille possono formulare, si chiude Cip!: Quelli che arriveranno, chissà come saranno/E stesse mie mani/Se saranno più alieni o più umani/E se avranno le solite gambe, le solite braccia le solite facce/ Ma chiuso nel petto magari un cuore più grande.
Cip! è l’album della maturità artistica e personale di Dario Brunori, parla di politica, di società, di vita familiare e coniugale, ma solo in modo tangente. È un disco dalle tinte mistiche-orientali, anche nelle sonorità, in cui il cantautore sembra aver trovato il suo equilibrio buddhista. Cip! è il flebile cinguettio contro gli assordanti discorsi pieni d’odio che si sentono ovunque, è il ritorno all’essenziale in una realtà di ostentazione, è un messaggio di speranza nel futuro in questo disperato eterno presente, è l’uomo fragile che si scopre mortale.