Un viaggio alla scoperta del Duomo di Trento
È una mattina come tante. Vi svegliate puntualmente in ritardo per l’immancabile lezione delle 08.10. Così vi affrettate a consumare una triste colazione, tipica dello studente fuori sede, andando alla ricerca dell’ultimo biscotto perduto, dunque mettete nello zaino quello che riuscite a trovare nel giro di un metro e infine uscite. Diretti verso l’università o la fermata del 5/, decidete di optare per la strada panoramica e attraversate Piazza Duomo. Qualcosa di strano però si avverte nell’aria: non ci sono studenti che brulicano nei bar, attorno alla fontana del Nettuno, nessuna coda di bambini urlanti di fronte alla Grom. Davanti ai vostri occhi appaiono solo campi, montagne ed una chiesa: il Duomo.
Siete stati catapultati nel 1021 e tutto ciò che potete riconoscere è proprio la basilica dedicata a San Vigilio, patrono della città. Il centro storico di Trento diventerà Piazza Duomo, con i suoi colorati palazzi, soltanto successivamente, con i lavori di urbanizzazione portati avanti in epoca medievale. Il Duomo, a noi oggi così familiare, appare ora situato al di fuori delle mura difensive della città, fungendo in tale modo da chiesa cimiteriale. Accanto si nota un camposanto che era usualmente collocato lontano dal centro abitato, per motivi di spazio e di igiene.
A questo punto, sconvolti per l’improbabile visione continuiamo a camminare nella zona. Ormai si è fatta quasi ora di pranzo, il che è un problema, data l’inevitabile scomparsa del Sosi con le sue focacce e dell’ Angolo dello Sfizio. Per non parlare del fedele kebabbaro vicino alla stazione, anch’essa per inciso inesistente. Non possiamo fare altro che ritornare al Duomo, il nostro unico punto di riferimento. Ma il panorama è nuovamente mutato.
L’anno ora è il 1212 e il Duomo, non più una semplice chiesa cimiteriale, ha un aspetto più familiare. Dal 1022 al 1145 la struttura viene infatti sottoposta a numerosi lavori e riedificata dai vescovi del tempo. Viene infine ricostruita dalle fondamenta nel 1212 sotto il vescovo Federico Vanga. Alcuni dettagli della cattedrale saranno aggiunti solo nei secoli successivi, come lo splendido crocifisso in legno, inserito nella cappella del Duomo nel 1682. La facciata, visibile percorrendo l’attuale via che ospita le sedi di Sociologia e Giurisprudenza appare con un solo campanile, contrariamente al progetto iniziale, che ne prevedeva la costruzione di un secondo, sulla parte destra della facciata, speculare al primo. Testimonianza di tale incompiutezza è visibile dall’interno della cattedrale, dove è ancora possibile notare una scala, che termina sulle mura stesse della chiesa. Il grande rosone della facciata che dà sulla piazza, da poco ultimato, simboleggia la ruota della fortuna: al centro è posta la figura della stessa Fortuna, sopra alla vite, simbolo di Vita. Al vertice, la figura di un re che leva al cielo due coppe, troneggia sui raggi della ruota, che secondo la tradizione girano in senso antiorario. Qui vi sono poste dodici figure che scendono e salgono a seconda del ruotare della sorte.
Sotto il rosone, sulla sinistra, una nicchia ospita la statua della Madonna degli Annegati. Era il 1212 ed è per questo che non dobbiamo sconvolgerci per le sinistre sagome che restano immobili ai piedi di questa statua. All’epoca era usanza, infatti, porre i corpi recuperati dalle acque dei fiumi limitrofi sotto la Madonna degli Annegati, chiamata così proprio per questo motivo.
Non riusciamo tuttavia a concentrarci troppo su tale dettaglio, per via di un rumore sordo di carrozze e cavalli in movimento che riempie le vie del centro. Davanti ai nostri occhi la scena ha dell’incredibile.
È ora il 1544 e la Riforma Protestante di Martin Lutero ha accolto molti consensi, soprattutto a causa della grave crisi della Chiesa. Fra alcuni dei suoi più importanti personaggi, spicca l’allora vescovo della città di Trento, Bernardo Clesio, al quale è dedicato il collegio che da anni ospita gli studenti della nostra università. L’allora papa Paolo III aveva compiuto solo fallimentari tentativi di riunire un’assemblea di vescovi, abati e principi del Sacro Romano Impero per porre fine all’avanzamento di potere del movimento protestante. Impegnati a capire l’origine di questo corteo di ecclesiastici, che con solennità si dirigono verso il Duomo, è necessario fare uno sforzo e ripescare nella nostra memoria le lezioni di storia a cui eravamo costretti ad assistere dietro ai banchi di scuola. All’inizio degli anni ‘40 del XVI secolo, gli scopi del Concilio di Trento, che diede il via alla così detta Controriforma, non erano ancora ben delineati. Per l’imperatore Carlo V, era vista come occasione per accrescere il proprio potere imperiale e dal Concilio auspicava una ricomposizione del precedente scisma protestante. Per il papato l’obiettivo era invece un chiarimento in materia di dogmi e di dottrina, mentre per i riformatori rappresentava l’ attacco dell’autorità del papa stesso. La città di Trento era stata scelta come sede della Controriforma, poiché pur essendo una città situata in territorio italico, apparteneva al Sacro Romano Impero ed era inoltre retta da un principe-vescovo: Cristoforo Madruzzo. Entrando nella cattedrale di San Vigilio potremmo notare questo personaggio intento a fare gli onori di casa, mentre papa Paolo III apre solennemente il Concilio il 13 Dicembre 1545. Seduti in disparte, potremmo così goderci la scena, aspettandoci diciotto anni di lunghi incontri, svoltisi entro queste mura. Ne rimarremmo tuttavia delusi. Soltanto alcune sessioni si sono infatti tenute nel Duomo, altre invece nella vicina chiesa di Santa Maria Maggiore. Non abbiamo molta fortuna perché anche gli incontri nel Duomo sono imperscrutabili: per l’occasione era stata infatti allestita un’aula, realizzata chiudendo con delle assi di legno il presbiterio, rialzata di quattro metri rispetto al pavimento. Possiamo godere soltanto della sessione del 15 Luglio 1563. Il caldo torrido infatti non ci lascia respirare, e nemmeno i padri conciliari, che per questa ragione tengono la sessione nella navata maggiore, proclamando qui solennemente i decreti con votazione definitiva di conferma.
Dopo un’esperienza così singolare l’ultima cosa che vorremmo è trovarci nel bel mezzo di una rivolta popolare, ma ahimè è proprio ciò che accade. Usciti dal Duomo, una folla, non troppo amichevole, di fedeli tridentini insegue un uomo dall’ aria familiare: Cristoforo Madruzzo, il vescovo di Trento. Durante la sua reggenza aveva infatti fatto costruire numerosi edifici, quali il Palazzo delle Albere e Palazzo Madruzzo, insieme ad una riqualificazione urbana complessiva, che aveva gettato le finanze del Principato in una situazione tutt’altro che rosea. Attoniti, seguiamo con lo sguardo il principe-vescovo trovare rifugio all’ interno del Duomo, sfuggendo così alla folla, che perde le sue tracce. Secondo un aneddoto relativo alla cattedrale di San Vigilio, pare infatti che esista un condotto sotterraneo che dal Duomo arriva fino al Palazzo delle Albere, costruito da Madruzzo proprio per sfuggire alle lamentele dei fedeli.
Un lungo viaggio, quello che abbiamo vissuto attraverso la storia, che socchiudendo gli occhi in un attimo scompare. Perché i nostri occhi possano vedere di nuovo gli studenti riempire i bar di Piazza Duomo e i bambini urlanti gustarsi il loro meritato gelato, bisognerà attendere ancora. Ciò nonostante, il Duomo è ancora al suo posto, ad ergersi valoroso sopra quella che pur non essendo la città d’origine di molti di noi, ha significato CASA quando la nostra vera casa era lontana. La situazione attuale migliorerà e potremo di nuovo passeggiare per le magiche vie di Trento. Proviamo allora, quel giorno, a guardare con occhi diversi anche un monumento come il Duomo, che da più di ottocento anni osserva, dall’alto del suo unico campanile, le vicende della nostra amata città.