Diritto all’aborto, le donne polacche sfidano il Governo e la pandemia.
L’attuale emergenza sanitaria derivante dalla seconda ondata di Covid-19 non ha intimorito decine di migliaia di donne, che da quasi due settimane stanno occupando le piazze e le strade delle principali città polacche per difendere il diritto all’aborto.
La causa delle proteste è da attribuire ad una decisione della Corte Costituzionale polacca, che giovedì 22 ottobre 2020 ha dichiarato incostituzionale la legge che prevedeva che l’aborto potesse essere effettuato in caso di gravi deformazioni del feto. Tale sentenza è stata ampiamente promossa da Diritto e Libertà (PiS), partito conservatore e cattolico che governa in Polonia dal 2015, il quale riteneva che la legge sull’aborto violasse «i principi costituzionali della dignità umana e della protezione della vita umana». Grazie al ricorso alla Corte Costituzionale, il PiS non si è dovuto confrontare con il Parlamento polacco, il quale avrebbe sicuramente reso più difficile il raggiungimento di una restrizione della legge in questione. Le uniche cause accettabili di aborto rimarrebbero quindi lo stupro, l’incesto, il rischio grave di salute o di vita per la madre. Tali casistiche, hanno rappresentato circa il 2% delle motivazioni di aborto in Polonia nel 2019, anno in cui, secondo i dati del Ministero della Salute polacco, su 1110 casi registrati, ben 1074 sono stati effettuati proprio a causa di deformazione del feto. È quindi chiaro come in Polonia questo diritto, oggi garantito nella maggior parte degli stati dell’Unione Europea, sia stato pressoché abolito. Queste restrizioni sono da attribuire anche al grosso peso politico e sociale ricoperto dalla Chiesa cattolica, che da decenni, con il contributo dei partiti più conservatori, richiedeva una revisione della legge sull’aborto. Già nel 2017 il partito Diritto e Libertà aveva proposto l’obbligo di prescrizione medica per l’acquisto sia della pillola del giorno dopo che della “pillola dei cinque giorni dopo”. Tale legislazione sulla contraccezione d’emergenza era poi entrata in vigore nell’agosto di quello stesso anno.
La risposta della popolazione non si è fatta certo attendere: decine di migliaia di manifestanti hanno riempito le strade e le piazze usando come simbolo un fulmine rosso, paragonato da Ryszard Terlecki, parlamentare del PiS, al simbolo delle SS della Germania nazista. Nonostante le proteste fossero in origine pacifiche, vi sono stati diversi episodi di vandalismo, soprattutto in luoghi religiosi, e irruzioni durante le cerimonie religiose. Il Primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha duramente condannato questi episodi ed ha minacciato di coinvolgere l’esercito (già schierato davanti a molte chiese, così da proteggerle). Anche in Italia, sabato 31 ottobre, la comunità polacca di Milano ha protestato pacificamente di fronte al Consolato della Polonia, così da mostrare dissenso per la sentenza della Corte Costituzionale.
L’appoggio popolare del PiS su questo tema si è notevolmente incrinato: basti pensare al fatto che, secondo i sondaggi del 2018, il 70% dei rispondenti erano contrari all’abolizione dell’aborto in caso di deformazione del feto; tra gli elettori di Diritto e Libertà la percentuale era più bassa ma comunque significativa, attorno al 40%.
Rimane quindi da chiedersi se questa decisione della Corte Costituzionale verrà definitivamente approvata e tramutata in legge, nonostante le numerose proteste popolari e le dichiarazioni di disapprovazione che provengono dal panorama europeo. Inoltre, questi eventi rendono ulteriormente instabile la già fragile situazione polacca che in questi giorni si trova a fronteggiare la seconda ondata di Coronavirus. Gli ultimi dati riportano un incremento giornaliero di più di 20.000 positivi, su una popolazione di circa 38 milioni cittadini; ciò ha costretto il governo a dichiarare l’intera nazione “zona rossa”. Così come negli scorsi mesi i movimenti del Black Lives Matter non hanno voluto sottostare all’emergenza sanitaria, consci dell’importanza del proprio messaggio, oggi le donne polacche non sono disposte a tacere, ma marciano per le strade per difendere un loro diritto, una loro libertà, il loro futuro.
C’è anche da chiedersi se costringere una donna a portare avanti una gravidanza senza la propria volontà, conscia di partorire poi un bambino con gravi malattie, sia etico e legittimo o no. È giusto obbligare una madre a vedere il proprio neonato morire dopo poche settimane o mesi dalla nascita a causa di una patologia già prevista durante la gravidanza? Al di là del problema morale che spesso si incontra quando si discute su questa difficile tematica, l’ulteriore limitazione polacca sull’aborto significherebbe non solo una limitazione della libertà della donna sul proprio corpo, ma una vera e propria minaccia alla sua salute fisica e psicologica. È infatti chiaro come, tramite tale legge, l’aborto non verrebbe limitato, ma piuttosto praticato illegalmente (comportando spesso pericoli di salute) o in altre nazioni. Secondo i dati dei gruppi femministi polacchi, già negli anni passati tra le 80.000 e 120.000 donne polacche sono andate annualmente all’estero (soprattutto in Germania e Ucraina) con l’intento di praticare un aborto. È quindi da sottolineare come, specialmente in questo periodo di pandemia, solo le più ricche e privilegiate potrebbero permettersi di spostarsi verso altre nazioni, lasciando le restanti a sottoporsi a interventi clandestini, spesso pericolosi.
Un diritto ormai riconosciuto dalla comunità europea contribuisce così a sottolineare come, ancora oggi, vi siano forti differenze di tutela dei diritti e diseguaglianze sociali tra i vari Stati membri dell’Unione Europea.