Il cielo è un limite? Non per la Myss

Nei tempi in cui capitalisti senza cuore affermano che l’economia deve prosperare su tutto e su tutti, i NO MASK urlano “Al complotto!” e Angela da Mondello canta che “Coviddi non ce n’è”, M¥SS KETA e la sua mascherina tornano tra noi per ricordarci che Il cielo non è un limite.

Anticipato dai singoli Giovanna Hardcore e Due, l’ultimo album della performer milanese spazia tra diversi generi, dal rap, all’elettronica e l’house anni ’80-’90. Il senso dell’intera opera è racchiuso dentro la canzone introduttiva Il cielo non è un limite: “A tutti i piloti all’ascolto /che bramano il cielo/quello che appare come un limite, /dispiega invece /l’infinito/, siamo atomi/”. La nostra arciduchessa in modo filosofico, quasi lucreziano, ci spinge a guardare il cielo non come un limite, ma come qualcosa di infinito, un luogo in cui possiamo combinarci in molteplici possibilità. Ed è proprio ciò che la Myss si prospetta di fare in questo disco, che osa da un punto di vista musicale e che ci presenta le diverse, infinite facce che può assumere il suo personaggio.

Per il primo vero brano dell’album Myss Keta va indietro nel tempo, durante la Guerra dei Cent’anni e si mostra come Giovanna Hardcore. Keta gioca in modo provocatorio e satirico con le parole e riesce a trasformare un personaggio storico e moralmente integro come Giovanna d’Arco in una donna iconica, femminista e sensuale.

Ma sotto la mascherina di pizzo si può celare anche una donna di potere, “donna forte, stronza e esigente”, che lavora per una GMBH, acronimo di Gesellschaft mit beschrankter Haftung (equivalente tedesco della nostra S.r.l.). La musica di questo pezzo è pura sensualità, e permette quasi di vedere quella donna che quando entra in un club è “un metro e settanta di pura magia” che come una leonessa si aggira ballando sui bassi lounge per la sala, in cerca del maschio pretendente.

Ma la Donna che conta di Porta Venezia è anche una Rider Bitch. La terza traccia di Il cielo non è un limite, eseguita insieme a Lily Meraviglia, è forse quella più politica e sociale e mostra tutte le contraddizioni di questo sistema capitalista in cui rider senza diritti pedalano con le Louboutin ai piedi, in cui gli eccessi di povertà e ricchezza collidono. Così vediamo una “Myss fucking rider” che sfreccia tra le vie e i parchi di Milano tra sonorità elettroniche tipicamente anni ’90 che si rifanno alla musica 8 bit.

L’Angelo dall’occhiale da sera nella quarta traccia veste i panni della modella paparazzata. Photoshock, questo il nome del quarto brano, affronta il tema dell’immagine, argomento chiave nell’immaginario di Myss, senza alcun moralismo, ma con la pungente satira che la contraddistingue.  Come aveva fatto con Botox, l’artista milanese mette in luce l’ossessione per l’estetica e per la chirurgia estetica, che viene criticata spesso da molti, ma che in realtà riguarda tutti. Ancora una volta Myss quasi pirandellianamente ci mette a nudo e lancia la sua freccia contro l’ipocrisia: “indosso una maschera su vari livelli/ mi trovi dodici mesi sul calendario Pirelli”.

Giungiamo poi alla penultima traccia di questo EP, Diana, nella quale la Regina di Porta Venezia canta con Priestess, sotto la musica di Populous, di una Grecia antica futurista, assurgendo fino all’Olimpo. Il quarto brano di Il cielo non è un limite è il manifesto di questo piccolo capolavoro, che supera tutti i limiti musicali e linguistici fino ad ora esplorati. La nostra Diana futurista infatti inserisce all’interno della traccia anche un pezzo in greco antico che racchiude il senso di tutto l’EP. Le voci di Myss Keta e Priestess ci sussurrano “Se dici ciò che vuoi, devi ascoltare in risposta ciò che non vuoi./ È la mente che vede e che ode: ogni altra cosa è sorda o cieca./ Se dici ciò ce vuoi, devi ascoltare in risposta ciò che non vuoi./ Non riguarda né il cielo, né la terra”. Questo vuol dire andare oltre il cielo per raggiungere gli dei stessi: guardarsi nel profondo per superare i propri limiti e i pregiudizi che ci impone la mente.

L’ultimo brano che ci riaccompagna dolcemente alle nostre misere vite è Due.  Liberamente ispirato alla hit Two Times di Ann Lee, quest’ultima traccia è un omaggio alle coloratissime sonorità elettroniche degli anni ’90. Il titolo del brano che allude al concetto di molteplicità di tutto l’album ci fa scorgere le personalità della Myss, donna, diva, rider, dea e allo stesso tempo ci fa riflette sulla sua unicità, che in fondo è anche un po’ nostra.

Il cielo non è un limite non ha i testi travolgenti di Una Vita in Capslock o di Paprika, a cui ci aveva abituati la performer milanese, ma è forse il lavoro più maturo. Anche questa volta Myss Keta supera i suoi limiti, esplorando suoni a noi sconosciuti e linguaggi che non potevamo immaginare nelle sue canzoni. Ancora una volta la Myss cala la maschera e ci fa vedere uno dei suoi tanti volti.

Sempre su Myss Keta, della stessa autrice: La politica riparta da M¥SS KETA

Erica Turchet

Sono studentessa di Studi internazionali presso l'Università degli studi di Trento. Amo scrivere di musica e cinema, ma rimango un'appassionata dei lati oscuri e degli intrighi della politica.

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