A volte ritornano: il diritto di voto esteso ai sedicenni
“Bisogna estendere il diritto di voto ai sedicenni per riequilibrare un corpo elettorale che riflette la crisi demografica del paese”; così si conclude il sesto punto dell’ultima consultazione del Partito Democratico (attualmente una delle maggiori forze politiche del Parlamento) con a capo il neo-eletto segretario, nonché ex-Presidente del Consiglio, Enrico Letta dopo le dimissioni del suo predecessore Nicola Zingaretti. Il tema non è nuovo, ma al contrario, risale addirittura al 2007 (anno di fondazione del PD) apparendo nel programma politico del partito su volere del suo primo Segretario,Walter Veltroni. Il dibattito si protrasse fino al 2019, anno in cui fu lo stesso Letta a riproporlo in un’intervista di “Repubblica”. Già quell’anno Niccolò Bonato, un collega di redazione, ne parlò mostrando i possibili risultati di una tale proposta (vi lascio qui il link del suo articolo).
Ora che Letta è diventato segretario del PD, rivestendo così un ruolo importante all’interno dell’attuale Governo, quali sono i pro e i contro di questa proposta? Sarebbe davvero significativa per uno spostamento degli equilibri politici nelle future elezioni?
Perché dire no
Le motivazioni per dire no a questa possibile riforma non sono affatto irrilevanti.
Tra quelle che si sentono più discutere spesso spicca la questione della maturità individuale. (tra l’altro già sollevata nel 1975 quando la maggiore età fu abbassata 21 a 18 anni). Si presume, infatti, che all’età di 16 anni non si sarebbe sufficientemente consapevoli sull’esercizio di un così importante diritto: l’argomentazione principale dietro questa critica starebbe nell’opinione secondo cui a una tale età non si riuscirebbe a rendere le proprie opinioni politiche sufficientemente indipendenti da una propaganda politica che punta tutto sulle emozioni e sulla loro strumentalizzazione. A ciò si aggiungerebbe la tendenza a votare come i propri genitori, dando così forza al voto di chi già vota. Di non poco conto, inoltre, è anche la questione della maggiore età: questo punto interrogativo, che è stato posto soprattutto dai giuristi, sottolinea che permettere il voto ai sedicenni potrebbe significare anche la riduzione della maggiore età, se si intervenisse sull’art. 2 del Codice Civile, anticipando così l’acquisizione della capacità d’agire. Questa conseguenza però non si avrebbe se si modificasse solamente l’art. 48 della Costituzione sull’età per il voto.
Perché dire sì invece
Non possiamo però non considerare le argomentazioni del sì.
Oramai (se non lo era già prima) non si può più considerare accettabile lo stereotipo secondo il quale i giovani non si informino o non si interessino di politica. A riguardo, basterebbe guardare alle proteste per “Fridays4Future” e le manifestazioni in memoria di George Floyd per mostrare che effettivamente le nuove generazioni sono pienamente interessate allo scenario politico che saranno destinate ad incontrare.
Un’altra motivazione in favore della proposta si baserebbe su una constatazione di fatto: i giovani non sono sufficientemente rappresentati nella definizione dell’agenda politica, perciò l’estensione del diritto di voto potrebbe dare loro, in linea teorica, un maggiore protagonismo.
Un possibile compromesso
Liquidare o accettare in toto la proposta dell’estensione di voto comporterebbe sia punti di forza che di debolezza. Tuttavia, sarebbe sbagliato ignorarla.
A mio avviso questa potrebbe rappresentare un’opportunità interessante, a patto che si pongano in essere alcuni accorgimenti che possano darle un senso complessivo e che non si riduca ad uno strumento di propaganda per accumulare voti nella saccoccia del proprio partito politico (già altri gruppi politici come la Lega e Movimento 5 Stelle rivendicarono come propria la proposta di Letta).
Inoltre, se si vuole estendere veramente il diritto di voto, e non si vuole cadere nella demagogia, è necessario rafforzare l’educazione civica. Questa deve costituire la base per l’educazione alla cittadinanza, istruendolo su cosa sia la Costituzione e sui valori fondamentali della Repubblica italiana e dell’Unione Europea.
C’è anche da considerare un altro aspetto. Poiché il numero dei giovani interessati sarebbe proporzionalmente basso ( i sedicenni e i diciassettenni in Italia si aggirano al milione e centomila), ciò non riuscirebbe a modificare l’assetto del Parlamento nelle future elezioni.
Infine, se si teme che potrebbe essere troppo presto per un sedicenne fare diretta esperienza del voto per le elezioni politiche, ciò non toglie che si potrebbe tentare una sorta di “esperimento” di questo diritto all’interno di realtà dove si ha una più attiva partecipazione giovanile, ovverosia nelle elezioni comunali.