Minimum Global Tax, la riforma fiscale di Joe Biden per ostacolare i paradisi fiscali
In occasione della presentazione del nuovo piano infrastrutturale, l’amministrazione Biden ha proposto la “Minimum Global Tax”, una riforma fiscale “made in USA”, applicabile però a livello internazionale e che ha come obiettivo quello di disincentivare le grandi imprese a trasferire i loro profitti nei cosiddetti “paradisi fiscali” attraverso un’aliquota minima del 21%, così da favorire un mercato più concorrenziale e fornire ai singoli stati maggiori entrate da usufruire per investimenti pubblici in settori come sanità, istruzione e infrastrutture.
A promuovere per prima questa riforma è stata la segretaria del tesoro USA Yellen Janet che, in linea con le promesse fatte da Joe Biden in campagna elettorale, afferma di lavorare con altri paesi del G20 a favore di questo ambizioso progetto.
Ma come funziona esattamente questa Minimum Global Tax?
Dal momento che l’obiettivo è quello di disincentivare le multinazionali a portare i loro capitali in paradisi fiscali come l’Irlanda, la quale ha una aliquota del 12,5%, la riforma voluta da Biden costringerebbe grandi imprese come Microsoft o Facebook, nel caso in cui volessero parcheggiare i loro profitti in Irlanda, a pagare nel loro paese d’origine (in questo caso in USA) la differenza fra l’aliquota irlandese (12.5%) e la minimum tax (21%), quindi un 8,5%.
Secondo le previsioni gli incassi sarebbero notevoli, in primis per gli Stati Uniti, che ricaverebbe circa 50 miliardi di dollari all’anno, ma anche per i paesi europei, tra cui l’Italia, che riuscirebbe a recuperare da questa minimum tax una cifra che si aggirerebbe tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari annui.
Come già detto, progetto ambizioso questo. Se dovesse andare in porto segnerebbe una svolta nelle politiche fiscali a livello internazionale. Il lato sicuramente più inedito è che una tale proposta provenga dall’amministrazione di un paese come gli Stati Uniti, considerato da anni come la culla del liberismo e del free market: l’impressione è che Joe Biden, nonostante abbia sempre rivendicato posizioni centriste e moderate, si stia facendo influenzare non poco dalla presenza di un movimento progressista che, sotto la guida e l’esperienza del senatore del Vermont Bernie Sanders, continua ad incrementare la sua influenza all’interno del partito democratico.
«L’amministrazione Biden e il Presidente hanno decisamente superato le aspettative dei progressisti» dice Alexandra Ocasio Cortez, la giovanissima deputata dem di New York P «penso che molti di noi si aspettavano un’amministrazione molto più conservatrice».
Insomma, un grande cambio di passo quello dell’ex vice di Obama, che anche in ambito economico mira a cancellare il ricordo dell’amministrazione Trump, caratterizzata da una politica fiscale molto meno invasiva e con grandi colossi come Netflix e Amazon che per anni sono riuscite a pagare zero imposte. Adesso la palla passa ai 140 stati a cui è stata presentata la proposta di riforma fiscale, con gli Stati Uniti che spingono affinché si possano ottenere al più presto risorse per riparare ai danni sociali causati dalla pandemia.