Sulla violenza contro le donne. 25 Novembre 2021
Annie Ernaux ha scritto che “ogni giorno e dappertutto nel mondo ci sono uomini che accerchiano una donna, pronti a scagliare la pietra“. Nel suo romanzo del 2016, Memoria di ragazza, l’autrice francese racconta della violenza sessuale subita nell’estate del 1958. Mentre lavora come educatrice in una colonia, viene infatti sedotta dal capo educatore H., che si serve di lei per poi esporla al pubblico biasimo, rendendola oggetto di derisione da parte di tutta la colonia. Nel rievocare le immagini di quell’estate di molti anni prima, Ernaux pone sullo stesso piano la violenza sessuale subita e la scena di bullismo in cui viene derisa dai suoi colleghi, attribuendo i due episodi alla stessa matrice patriarcale e machista.
Il 25 novembre di ogni anno, dal 1999, celebriamo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data fu scelta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite in ricordo dell’episodio di triplice femminicidio avvenuto lo stesso giorno del 1960 nella Repubblica Dominicana: l’uccisione di tre attiviste (Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal) per ordine del dittatore Rafael Léonidas Trujillo. Obiettivo della Giornata è sensibilizzare l’opinione pubblica su quello che è ancora un problema enorme, nel nostro Paese e nel resto del mondo. La violenza di genere può assumere diverse forme e intensità, non si manifesta sempre in modo palese e chiaro: si tratta molto più spesso di un fenomeno che serpeggia silenzioso e inosservato nelle nostre vite, a tutti i livelli, dove viene normalizzato e reso quasi impossibile da individuare, riconoscere, respingere. Come racconta Ernaux, infatti, non è solo la brutalità della violenza fisica inflittale a ferirla in modo persistente e irrimediabile, ma anche e soprattutto ciò che segue la violenza stessa: la folla di ragazzi che la accerchia e la addita, prendendosi gioco di lei, la totale mancanza di empatia, la colpa che sembra gravare sul suo corpo, pur essendo lei la vittima. Ernaux rimanda infatti a una legge arcaica e non scritta di superiorità maschile che giustifica la sopraffazione.
Anche quest’anno c’è tanto da dire e tanto per cui arrabbiarsi. A ridosso della Giornata internazionale, ci ritroviamo ancora a contare le morti per femminicidio e le violenze sessuali, riconfermando la necessità stringente di fare di più. Ma questi episodi non sono che la punta dell’iceberg: all’origine di queste manifestazioni di violenza estrema c’è lo stesso motore, ovvero una cultura che da sempre normalizza e giustifica la sopraffazione. Una cultura fatta di stereotipi di genere che impongono all’uomo un ruolo di dominio e virilità opprimenti, e alla donna il ruolo speculare di soggetto fragile e delicato, oggetto di conquista e protezione. Un sommerso di violenza implicita che parte dal basso tramite la cultura, i media, le narrazioni tossiche, e va via via riflettendosi nelle piaghe che ci ritroviamo a fronteggiare ogni giorno: la crescita della disoccupazione femminile, l’aumento dell’obiezione di coscienza, le discriminazioni, per sfociare poi nella violenza fisica e psicologica. Tuttavia, spesso queste violenze sono favorite da una giurisprudenza poco chiara e scarsamente aggiornata, che racchiude nel concetto di violenza solo le sue manifestazioni più estreme. Quanto accaduto di recente a Noemi De Vitis ne è la prova. De Vitis ha testimoniato sui social di essere stata contattata da un “falso ginecologo”, che si serviva di questa falsa identità per molestare sessualmente le donne. Il Codice penale italiano tende ad escludere sistematicamente qualsiasi comportamento che non necessariamente ricorra al sesso per esercitare umiliazione o sottomissione.
Come se non bastasse, oltre a subire la violenza, la donna è sottoposta al giudizio dell’opinione pubblica, che spesso sembra considerarla corresponsabile. Le narrazioni della violenza fornite dai media cercano alibi o attenuanti per gli aggressori, attribuendo la violenza a ragioni sentimentali che ne sminuiscono la gravità, colpevolizzando la vittima.
In conclusione, è auspicabile che il focus della Giornata non sia limitato alle manifestazioni di violenza palesi – da cui è facile prendere la distanze – ma includa tutte le dinamiche che ne costituiscono la base.