Mela marcia in the room
A chi, sinceramente, non è mai capitato di ritrovarsi a che fare con cibi scaduti, verdura ammuffita e frutta semi-marcia? Sempre più spesso acquistiamo una quantità di cibo maggiore di quella necessaria e ci ricordiamo di aver acquistato alcuni alimenti solo quando sono andati a male. Statistiche a riguardo sono state fatte dall’Unep -Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente- e pubblicate nel Food Waste Index Report 2021, dal quale emerge chiaramente che solo nel 2019 sono state buttate in media circa 931 milioni di tonnellate di alimenti. In Italia nel 2019 sprecavamo circa 67kg di cibo a testa, mentre nel 2020 i dati sono calati a 27kg a testa ma rimangono comunque numeri non incoraggianti. Fortunatamente però, l’Italia è uno degli Stati più sensibili alla tematica, come si nota dal fatto che sono state condotte ricerche specifiche dal Ministero dell’Ambiente per il progetto REDUCE; i risultati sono reperibili al link https://www.sprecozero.it.
Dal progetto emerge non solo una tendenza a ridurre la quantità di rifiuti alimentari, ma anche un’attenzione alla riduzione del divario sociale frutto del divario della possibilità di reperibilità degli alimenti. L’agroeconomista e fondatore della campagna, Andrea Segrè, afferma che da ultime ricerche è emerso anche che un 85% della popolazione è favorevole a garantire per legge le “donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia Covid-19”[1].
Lo spreco del cibo, infatti, non si limita ad influire solo sul nostro portafoglio -oggettivamente se buttiamo via due zucchine non consumate in tempo perdiamo solamente pochi centesimi- ma condiziona anche le diseguaglianze sociali e il nostro impatto sul pianeta. Secondo le ricerche sopracitate condotte dall’ONU, il cibo sprecato costituisce circa il 25-30% delle emissioni totali legate alle attività umane. Le confezioni grandi a “basso costo”, le promozioni 2×3, ma anche il packaging accattivante, infatti, influiscono indubbiamente sulla quantità dei prodotti acquistati e sono una delle principali cause dell’incremento dei rifiuti alimentari. Fortunatamente, però, i dati statistici fornitici dalle ricerche di REDUCE incoraggiano sul tema affermando che negli ultimi anni solo il 5% degli italiani compra al ribasso. Spendere di più per alimenti di miglior qualità, infatti, favorisce la spesa consapevole e riduce la probabilità che l’alimento acquistato venga poi buttato.
Rispetto questo: acquisti alimentari meditati, di stagione, o tramite applicazioni come https://toogoodtogo.it/it, sono sicuramente dei modi eccellenti per contribuire alla risoluzione del problema. Per contribuire alla riduzione di emissioni, inoltre, si sta creando una vastissima rete che riguarda anche gli shop green come https://whataeco.com/it/ che non limita la vendita agli alimenti, ma la allarga anche a capi di vestiario ed accessori.
Causa dello spreco alimentare, però, può essere anche la sbagliata conservazione degli alimenti. Frutta e verdura non hanno tutte le stesse esigenze di conservazione; infatti, è bene ricordare che tendenzialmente vanno riposte in frigo solamente le verdure a foglia verde (come l’insalata), preferibilmente in buste di carta in modo che l’umidità in eccesso possa essere assorbita. Anche ricoprire il cassetto inferiore del frigo con carta assorbente è un buon modo per far sì che gli ortaggi durino più a lungo. Nel caso in cui ci si renda conto di non riuscire a consumare in tempo questi alimenti, uno dei metodi più efficienti è sicuramente il congelamento, utile anche per utilizzarle fuori stagione.
Per una congelazione ottimale è importante che non siano troppo mature, che siano lavate e tagliate a tocchetti; all’occorrenza alcune possono necessitare anche di una sbollentata come nel caso di spinaci e biete.
In conclusione, nel secolo di abbondanza alimentare -occidentale- e di crisi climatica qual è quello in cui viviamo, buttare il cibo è un atteggiamento che non deve assolutamente diventare consuetudine e che va necessariamente ridotto al minimo massimo; è l’ “elephant in the room” che proviamo a giustificare in qualsiasi modo pur di deresponsabilizzarci. In questo senso, sono fondamentali solo delle piccole accortezze che, se prese, risulteranno indubbiamente favorevoli per la nostra salute, l’ambiente e la società. La consapevolezza è già un buon punto di partenza.
[1] https://www.sprecozero.it/news/litalia-se-desta-meno-spreco-nelle-case-durante-il-2020-pandemico-effetto-virus-litalia-rilancia-dalle-cucine-per-limpegno-sostenibile/