Ciao vita, come sto andando?
In Punta di Piedi, ormai quasi giunta al termine, è una rubrica che cerca di rispondere a “Come possiamo stare meglio?” in tutte le salse. Nel corso dei vari episodi abbiamo dato uno sguardo all’alimentazione, alle amicizie, all’amore che delude e a quello che conforta, alle paure della nostra generazione, all’ansia e ad una miriade di citazioni di Socrate e dello scrittore inglese Matt Haig. L’articolo di oggi continua su questa lunghezza d’onda e, se da una parte riassume quanto imparato finora, dall’altra torna su argomenti appena sfiorati. Vediamo, insomma, due cose da chiederci ogni tanto per fare un efficace ‘check’ della nostra vita.
- Quando è stata l’ultima volta che ho ascoltato davvero qualcuno?
La maggior parte di noi probabilmente si reputa un “buon amico”. Del resto, anche quando ammettiamo i nostri difetti o errori, si tratta spesso di critiche a modi di fare o di essere la cui ricaduta più evidente è proprio su di noi: “Sono troppo grasso o troppo magro”, “Non sono in grado di organizzarmi” e “Sono pigro” sono tutti infatti esempi di rimproveri piuttosto egocentrici. In effetti, c’è qualcosa di apparentemente molto disturbante nell’idea di non essere delle brave persone, qualcosa che, se da una parte è specchio di un valore intrinseco nella nostra società (quello di rispettare il prossimo, di per sé prezioso), dall’altra si traduce in un ennesimo standard di perfezione non realistico. Finisce che, insomma, ci etichettiamo come bravi amici e brava gente a prescindere, perché l’idea di non esserlo ci fa sentire infimi e sembra esagerata.
Eppure tutti noi sbagliamo, anche parecchio, e talvolta, quando qualcuno ce lo fa notare, ci mettiamo sulla difensiva piuttosto che in “modalità ascolto ed empatia”. A renderci buoni e bravi, però, non è tanto non sbagliare mai: è essere in grado di assumerci le nostre responsabilità, spogliarci delle etichette più banali, essere vulnerabili e disposti a migliorarci in ogni occasione.
Uno degli strumenti più potenti che abbiamo per fare questo è proprio l’ascolto. Come abbiamo già spiegato in una breve guida, sono tre le caratteristiche di un bravo ascoltatore: non interrompe, non tira ad indovinare e non sminuisce. A questo punto è bene chiedersi: “Quand’è stata l’ultima volta che mi sono comportato così?”. A volte capita di essere presi dal lavoro, lo studio e la vita privata, come è legittimo. Può anche succedere, però, che questo percorso diventi una corsa con due pericolosi paraocchi laterali: non vediamo più chi ci sta intorno né le conseguenze dei nostri passi, ma solo quel risultato finale che bramiamo. Per questo motivo, di tanto in tanto è bene ricordare l’ultima volta in cui ci siamo dedicati davvero a qualcosa di diverso da noi stessi e, se facciamo fatica a ricordarla, provare a rimediare, magari iniziando con delle scuse sincere.
- Se potessi cambiare al massimo tre aspetti del mio presente, quali sarebbero?
Questa seconda domanda ci riguarda ancor più da vicino. Identificare cosa cambieremmo della nostra vita ci può ricordare le nostre priorità e aiutare a far luce sui nostri effettivi bisogni. Una volta messi sul podio, l’ideale è poi prendere questi desideri e, per ognuno, chiederci se e come dipende da noi. Se la risposta è negativa (per esempio se volessimo liberarci di una malattia, una disabilità o far tornare qualcuno che non c’è più), sostituiamo quel punto o lo mettiamo da parte, se invece è affermativa, segue un: “Come posso mettermi in moto per cambiare le cose?”. Questi passaggi sono importanti perché trasportano le fantasie nel mondo reale e ci permettono, laddove possibile, di realizzarle praticamente. Inoltre, renderci conto del nostro effettivo margine d’azione su ciò che ci circonda è anche un promemoria della temporaneità di tutte le situazioni: anche se nel presente non “possiamo farci niente“, quella situazione in futuro cambierà per forza, anche solo perché si trasformerà il modo in cui ci rapportiamo ad essa e il peso che le diamo.
Una volta terminato, può poi anche essere utile fare il contrario, ovvero scegliere tre aspetti del presente che non cambieremmo di una virgola. Provarci si traduce infatti in un utile esercizio di gratitudine che ci fa apprezzare meglio ciò che già abbiamo e che potremmo rimpiangere in futuro.