Come e quando uscire dalla comfort zone
Almeno una volta al giorno, che sia su Instagram, tra i corridoi dell’università o a tavola con la famiglia, ci sentiamo dire che dobbiamo uscire dalla comfort zone e buttarci, fare un (quantomeno piccolo) salto nel vuoto. In questo episodio di In Punta di Piedi vediamo allora quando è davvero il momento di farlo e come, valutandone tanto i benefici quanto l’importanza di una routine e di uno spazio sicuro.
In poche parole, con zona di comfort si intende una situazione in cui “ti senti a tuo agio e in cui le tue capacità e la tua determinazione non vengono messe alla prova”. Da una rapida ricerca su Internet, poi, pare che questo spazio sia un posto da cui scappare e che trovare modi per uscirne debba essere una priorità. Prima di parlare di questo, però, noi proviamo a fare un passo indietro: cos’è e come si crea una comfort zone?
Per molti un esempio può essere la “casa”, si intenda così un qualunque spazio in cui ci si trovi con i genitori, la cameretta in cui si è cresciuti e/o la propria città natale. A volte però questo non basta e non tutti abbiamo avuto un’infanzia felice: in questi casi come possiamo creare un nuovo spazio? Ebbene, una comfort zone ha tre caratteristiche principali: abitudini, sicurezza e calma, con la precisazione che ognuna di queste acquisisce poi un significato soggettivo e personale. In un articolo sul sito della Walden University, la psichiatra Abigail Brenner ne parla infatti in termini di “costrutto psicologico, emotivo e comportamentale che definisce la routine della nostra vita quotidiana” e che, tra le altre cose implica familiarità e protezione.
Spiegato questo, resta poi da specificare che, per essere “di qualità”, deve trattarsi di un contesto salutare: se per noi significa solo stare al buio sotto le coperte, magari impegnati in binge eating e binge watching, per esempio, può essere che qualcosa non vada – non solo strettamente in questa attività, ma nella costanza con cui si ripete. Inoltre sarebbe ideale non essere completamente soli in questa zone, quindi impegnarsi a costruire qualche rapporto che abbia radici più profonde, idealmente con persone che possono diventare parte stessa di questo comfort.
Chiarito che avere uno spazio sicuro non sia un male dato che può favorire sicurezza, autonomia, bassi livelli di stress e pochi rischi, passiamo ora all’altro lato della medaglia: quando e come uscirne?
Va ammesso che, per quanto all’inizio possa essere scomodo o spiacevole, fare un passo fuori dai soliti schemi è vantaggioso per almeno tre ragioni: comunque vada, è un’esperienza di crescita che ci fa imparare qualcosa di nuovo; incrementa l’autostima a prescindere dal risultato anche solo quando, per dire, ci riconosciamo il coraggio di aver tentato; aumenta l’autoconsapevolezza, permettendoci eventualmente di scoprire nuove passioni e lati di noi.
Per quanto riguarda il momento in cui fare questo passo, invece, è utile intanto tenere a mente che il momento perfetto, in cui ogni condizione circostante è favorevole, probabilmente non arriverà mai. Piuttosto che i pianeti allineati, quindi, ecco alcuni segnali a cui dare attenzione: ci sentiamo tristi e insoddisfatti senza capirne il motivo; non ci piace la versione di noi che stiamo diventando; un sogno nel cassetto continua a scalpitare ma abbiamo troppo timore degli imprevisti. Inoltre, è importante muoversi verso qualcosa che, sotto sotto, se fossimo in un mondo ideale in cui non conosciamo la paura, vorremmo effettivamente fare.
Infine, sul “come” ci sono vari settori in cui fare un tentativo a seconda delle nostre preferenze: l’alimentazione, quindi provare nuovi piatti e ricette; i viaggi, che si tratti di un Erasmus, un weekend con gli amici o un’avventura in solitaria; le relazioni, sia in termini di chiusura di rapporti tossici sia di partecipazione a nuove attività sportive o sociali; lo stile, come un nuovo taglio di capelli o modo di vestire, magari più conforme alla nostra identità; gli hobby e il tempo libero, tenendo a mente che non è necessario eccellere, basta trarne relax e calma.
Sul tema poi c’è anche chi, come lo psicologo e autore Emilio Gerboni, si sbilancia a dire che non è necessario uscire dalla comfort zone, un po’ perché la vita ci pensa da sé a portare cambiamenti, un po’ perché, per quanto l’obiettivo sembra essere interrompere la routine e andare verso qualcosa di nuovo, in realtà è “essere a proprio agio, stare comodi nella propria condizione e non ricercare la continua frenesia legata a nuove sfide e al panico di non riuscire a superarle”. Allo stesso tempo però, quando si ha paura di fare un passo falso, può essere utile anche ricordare che, come Ann Latham ha scritto per Forbes, “il fallimento è raro perché le conseguenze più comuni sono il successo, l’apprendimento e la crescita”.
Insomma, rompere gli schemi è necessario per crescere di tanto in tanto, per conoscerci meglio e condurre una vita più appagante, per scegliere consapevolmente il nostro presente e futuro; allo stesso tempo, però, una vita frenetica senza punti di riferimento non è salutare e, a lungo termine, ci porta a stare male. Forse, insomma, come al solito la risposta sta nella via di mezzo: prima dovremmo creare una nuova comfort zone a misura di chi siamo oggi, poi cercare di ampliarla e tenere sempre gli occhi aperti su ciò che ne è al di fuori.