Come ti vedi fra dieci anni?
Nel cuore dei vent’anni è facile sentirsi smarriti o, perlomeno, anche se si è riusciti ad elaborare un piano a lungo termine, esistono sempre plausibili imprevisti che potrebbero stravolgere i nostri progetti. In questo nuovo articolo della rubrica In punta di piedi cercheremo di parlare proprio di questo, provando a porre uno sguardo non solo sulle possibili alternative che abbiamo e sul mindset generalmente più efficace, ma anche aggiungendo qualche nuova prospettiva interessante.
Se siete qui a leggere questo articolo molto probabilmente seguite un corso di laurea dell’Università di Trento, magari siete anche prossimi alla fine degli studi e dovete prendere una decisione per il vostro futuro. C’è chi ha iniziato a pensarci al primo anno e chi, confrontandosi con queste persone, si sente ancora più disorientato. Sono tanti quelli che scelgono un percorso accademico nell’ottica di qualche piano a lungo termine – magari nella speranza di poter fare un giorno il lavoro dei propri sogni o quello del padre, della madre – e altrettanti quelli che, essendo multipotenziali – cioè persone che non hanno un’unica vera vocazione, ma molti interessi e occupazioni creative (definizione di Emilie Wapnick in Perché alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione, un TED talk diventato virale nel 2015), si incamminano su una strada dettata dagli interessi del momento, sperando che questi possano fruttare, e non smettono mai di guardarsi indietro, sempre pronti a tornare sui propri passi.
Approcciarsi al futuro non è molto semplice, anche solo perché in realtà del futuro noi non sappiamo proprio niente. Come abbiamo già detto in diversi articoli di questa rubrica, l’unica cosa che possiamo fare per assicurarci, se non la felicità, almeno più serenità, è focalizzarci sul qui e ora. Un influencer americano, Andrew Murnane, ha fatto un breve video dove chiede di immaginare una situazione che non è plausibile, ma che è un buon punto di partenza per una riflessione. Chiede di immaginare che il proprio cane possa finalmente essere in grado di comunicare con noi e di chiedergli che ore siano; il cane, confuso, ci guarda e ci chiede di cosa stiamo parlando: “What time is it? It’s now, it’s right now, it’s this moment.” Il tempo, spiega Murnane, è un qualcosa che abbiamo creato per comunicare meglio, ma in realtà non esiste veramente: è sempre right now, esattamente ora, è sempre stato così e lo sarà sempre, so be more like your dog, ci consiglia, e conclude il video. Tra poco proporremo anche l’altra faccia della medaglia, ma intanto può essere utile non perdere di vista questo approccio e, quando ci allontaniamo troppo dal presente e ci facciamo travolgere dall’ansia per un futuro che ancora neanche esiste, servircene per tornare alla realtà.
Chiaramente, come è vero che sottoporsi ad una pressione eccessiva non è produttivo – e lo stesso vale per scegliere una strada quando si è molto giovani e percorrerla con i paraocchi, opzione altrettanto limitante per la nostra crescita individuale – è pur legittimo sentire la necessità di tracciare un percorso da attraversare, magari da intraprendere restando aperti agli stimoli di ciò che ci circonda, ma che dia sicurezza. Ci possono essere dei momenti nei quali ci sentiamo smarriti e, in questi casi, avere un corso dell’università da seguire, un progetto da terminare, un lavoro da fare e così via può essere un buon faro. È giusto allontanarsi dal proprio punto di partenza, esplorare e conoscere, ma se ci si addentra troppo nell’infinito del mondo è facile perdersi e non riuscire più ad orientarsi.
Forse un consiglio che può valere per il maggior numero di persone è quello di cercare un equilibrio tra i due stili di vita, soprattutto nei propri vent’anni, in cui tutto sembra ancora possibile: individuare una cosa, sia questa strettamente legata alla propria individualità o esterna ad essa, che sia in grado di essere un vero e proprio punto di riferimento. Possiamo anche compilare la rinuncia agli studi e andare a raccogliere banane nella Valle del Magdalena in Colombia, non è questo il punto: se troviamo almeno una cosa che ci accompagni il cui solo pensiero ci dà sicurezza, abbiamo vinto. Questa può essere la scrittura, la cucina, la musica oppure la famiglia, gli amici, un/a compagno/a piuttosto che il lavoro, un abbondante conto in banca, i viaggi, un semplice mantra o qualsivoglia altra cosa. Chiaramente ci saranno sempre degli sforzi da fare, dei sacrifici e delle scelte difficili da prendere – in più, se questo faro non dipende completamente da noi (nel caso dei soldi o dell’amore di qualcuno, ad esempio), va tenuto a mente che è particolarmente suscettibile a variazioni – ma con un punto di riferimento può talvolta essere più facile tanto vivere la giornata quanto immaginare la prossima. In quest’ottica, quindi, soprattutto in questa fase della vita così ricca e fertile, è determinante riuscire a ritagliare del tempo per conoscere e costruire la propria persona.
Terri Trespicio, per lo più scrittrice e brand advisor, ma non solo, racconta in un TED talk del 2015 dei propri vent’anni e condivide il suggerimento di sua madre: non crei la tua vita e poi la vivi, bensì la crei vivendola, non agonizzando a riguardo. Spiega la paura che la bloccava, quella che le faceva temere un lavoro perché si sarebbe potuto rivelare un treno diretto ad un futuro sbagliato; racconta come il momento post-diploma o post-laurea in cui hai il mondo ai tuoi piedi sia intimidatorio e quanto questo forte imperativo culturale di scegliere una passione sia stressante. Dopodichè condivide il suo nuovo punto di vista: le passioni non sono un piano, sono sensazioni, e le sensazioni possono cambiare. Infine aggiunge che queste, piuttosto che coincidere con un lavoro, uno sport o un hobby, sono la forza dell’attenzione e dell’energia che dai a tutto ciò che è proprio davanti a te: “Il successo ha alimentato la passione molto più di quanto la passione abbia alimentato il successo”, scriveva nel 2013 il fumettista Scott Adams su The Wall Street Journal parlando della propria esperienza. “Se sei troppo impegnato ad inseguire questa passione,” continua Terri Trespicio “puoi perderti delle opportunità in grado di cambiarti la vita; puoi anche perdere un grande amore, perché questo è quello che succede quando si ha una “tunnel vision” (cioè uno sguardo chiuso verso il mondo). Noi tutti pensiamo di sapere che tipo di persone siamo e il tipo di persone che possiamo amare, ma a volte siamo beatamente in errore.“
Insomma, è più che normale non avere le idee particolarmente chiare e, come abbiamo detto, il futuro non è tanto manipolabile quanto spesso ci illudiamo che sia: in effetti, basti pensare che non esiste qualcosa che riguardi davvero solo ed esclusivamente noi, ma, volenti o nolenti, siamo tutti parte di qualcosa di più grande della nostra individualità, tutti attori che compiono scelte e dicono parole che hanno conseguenze imprevedibili su altri, visibili e non.
Se ci sentiamo un po’ smarriti, invece di torturarci con immagini di un futuro non soddisfacente e spaventoso, possiamo tornare al presente e lasciarci attraversare da quello che ci succede, magari studiando con passione, leggendo, scrivendo e via dicendo. Insomma, invece di stare con le mani in mano ad aspettare che qualcosa di magnifico ci venga incontro e dia un senso alla nostra vita, è una valida alternativa scegliere di fare qualcosa, qualsiasi cosa, di guardarsi intorno e vivere consapevolmente quello che è a disposizione, di cogliere ogni opportunità, insomma, di andare a cercare questo quid in più, questa motivazione, questa spinta che sì, non sappiamo ancora esattamente dove ci porterà, ma che intanto ci metterà in movimento.