Vulvodinia e altre malattie invisibili: discussione con Giuditta Pini e Giorgia Soleri

Sabato 17 settembre al Poplar Festival Cult alle ore 17:00 si è tenuto l’ultimo panel della terza giornata del festival denominato “Vulvodinia e altre malattie invisibili” con le incredibili ospiti Giuditta Pini, deputata parlamentare PD e promotrice della proposta di legge sul riconoscimento di queste malattie come invalidanti e croniche; e Giorgia Soleri, influencer, attivista, modella e scrittrice. L’intero panel è stato moderato da Olimpia Peroni, membro della redazione “Leggi Scomodo”. Se volete conoscere o approfondire su queste malattie vi consigliamo di andare sul sito e sul profilo social del Comitato Nazionale Vulvodinia Neuropatia Pudendo.
Il panel è iniziato con la narrazione della testimonianza dell’esperienza di Giorgia Soleri sulla ricerca della diagnosi della vulvodinia e dell’endometriosi, malattie con le quali convive e che hanno cominciato a manifestarsi a partire dall’adolescenza. A partire dai primi episodi della manifestazione dei sintomi, si è rivolta a vari medici al fine di dare un nome alla malattia e comprendere quali erano le cure da intraprendere. Però molti di loro hanno delegittimato il dolore manifestante affermando che era in perfetta salute e che tale dolore era normale. A seguito del primo lockdown, quando ha avuto un peggioramento fisico e mentale, è andata su Google dove ha trascritto i sintomi che aveva cercando tra le pagine web e ha trovato la pagina di un’associazione che spiegava i sintomi della vulvodinia. In seguito, è andata a cercare un medico che poteva dare la diagnosi della vulvonidia, diagnosi ottenuta il 2 settembre del 2020. Una volta ricevuta la diagnosi, ha deciso di condividere la sua esperienza attraverso il suo profilo Instagram per evitare che qualcun’altra provasse le stesse angosce vissute per il ritardo di dieci anni dall’ottenere la diagnosi di questa malattia che per molti medici era inesistente.
Successivamente a questa testimonianza, si è parlato di dati: 1 persona su 7 soffre di vulvodinia; 1 persona su 9 soffre di endometriosi (come Giorgia ha affermato la letteratura scientifica è attualmente recente quindi le stime illustrate potrebbero risultare sotto-rappresentative). A causa del ritardo della corretta diagnosi di queste malattie (si calcola, almeno per l’endometriosi, un ritardo medio tra i 7 e i 10 anni), porta ad una situazione di isolamento sociale per un mancato riconoscimento del dolore femminile che è normalizzato e per non poter sostenere i ritmi di una persona abile a causa del dolore cronico. Inoltre, il mancato supporto medico farmacologico nell’ottenere le terapie corrette per avere la remissione dei sintomi e il sostegno emotivo da parte delle persone più care a legittimare questo dolore e a non poter ribadire il fatto di essere malata e di stare male potrebbe portare ad un peggioramento di sindromi ansiosi-depressivi, sindromi che si sviluppano a causa della manifestazione del dolore cronico.


Nella seconda parte è intervenuta anche Giuditta Pini e si è discusso sui costi della malattia, i quali tendono ad aumentare a causa del ritardo o di una errata diagnosi, e sulla situazione attuale del sistema sanitario italiano il quale non copre e non dà alcun beneficio economico per queste malattie. Giorgia Soleri ci ha spiegato che ha speso e spende mensilmente tra i 600 e i 1200 euro tra visite mediche e cure farmacologiche e psicologiche, comprese anche quelle di trasporto andata e ritorno ed un eventuale alloggio considerando che esistono quasi esclusivamente cliniche o ambulatori privati che possono diagnosticare queste malattie e solo nel Nord Italia. Giuditta Pini ci ha illustrato che dal 2016 le L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza) non ricevono alcun tipo di finanziamento pubblico perché la sanità è un settore della vita pubblica che comporta molti costi anziché dei possibili benefici. Successivamente Giuditta ci ha illustrato la struttura della proposta di legge ideata in collaborazione con Silvia Carabelli, fondatrice e coordinatrice nazionale del Comitato Nazionale Vulvodinia Neuropatia Pudendo: è suddivisa in tredici articoli che prevedono oltre al riconoscimento della vulvodinia e di altre malattie croniche ginecologiche come invalidanti e croniche, una formazione scientifica accademica su queste malattie e l’investimento nella medicina di genere.


È stato concesso ampio spazio alle domande da parte del pubblico: di seguito ne riportiamo alcune, seguite dalle risposte di una o di entrambe le ospiti.

“Innanzitutto, ti volevo ringraziare, Giorgia, perché è grazie alla tua testimonianza sui social che ho scoperto e ricevuto la diagnosi di vulvodinia in nove mesi. Comunque la mia domanda era la seguente: mi sento spesso molto appesa ad un filo in cui ho momenti in cui sono euforica quando ho la remissione dei sintomi e altri in cui mi sento a pezzi soprattutto quando provo vergogna a parlare con amici e conoscenti della mia malattia. Come hai gestito questa cosa?”
Giorgia: In primo luogo, ti voglio ringraziare per la tua condivisione davanti a tutte queste persone perché stai facendo una cosa importantissima. So che è una cosa difficile raccontare ad alta voce quando sei circondata da persone sane che non possono comprendere fino a fondo il dolore che provi, però esistono tante associazioni e comunità online che ne parlano, personalmente sono state di supporto. Ti auguro tantissimo di circondarti di persone con cui non ti sentirai più di doverti vergognare perché sei malata


“Grazie a tutti per queste condivisioni, anche io soffro di endometriosi e studio Biotecnologie all’Università di Trento dove sto affrontando un percorso rivolto alle terapie tumorali. Quando ho scoperto la diagnosi, ho voluto iniziare a fare ricerca sull’endometriosi, però ho scoperto che in Italia non ci sono centri di ricerca a livello molecolare. Quindi mi sono rivolta ad un professore con cui avevo confidenza per ricevere dei consigli, mi ha risposto che queste malattie non sono fatali e non sono importanti, non ci sono fondi. Ti chiedevo come riuscire a trovare la forza di rispondere a queste persone e avere il sostegno per la mia ricerca?”
Giorgia: La forza in persone che condividono le loro testimonianze di diagnosi può permettere di scuotere le fondamenta delle istituzioni e di cambiare la vita delle persone. Cerco di incanalare la rabbia che ho accumulato negli anni in qualcosa di costruttivo attraverso le competenze e gli strumenti che ho.
Giuditta: Aggiungo un’altra cosa: non è vero che si fa ricerca e si investe attraverso i fondi su malattie mortali e per cercare cure su quest’ultime. Inoltre, non mettere fondi su queste malattie è una scelta prettamente politica, fatto che giudico inaccettabile da parte sia dello Stato e di altre persone che continuano ad ignorare. Avrei risposto al tuo professore dicendogli grazie per il commento perché mi ha dato la forza per continuare a fare ricerca in un campo inesistente.

Come hanno ribadito le nostre ospiti, bisogna gridare attraverso gli strumenti che abbiamo per fare sentire la nostra voce per affermare il diritto di essere malate, senza essere giudicate pazze, e di prendere i propri ritmi. Ma soprattutto per voler reclamare un diritto alla salute universale che non crea disuguaglianze fra le persone per via dei privilegi che possiedono.

Per concludere l’articolo vi diffondiamo questa piccola curiosità: nella provincia autonoma di Trento è stata depositata recentemente una mozione per il riconoscimento della vulvodinia, dell’endometriosi e altre malattie ginecologiche croniche, però non è stata calendarizzata quindi insistiamo sulla data in cui si deciderà se approvare o meno questa mozione.

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