Fumetto: un genere minore? “I giorni che scompaiono”
I giorni che scompaiono, tradotta in italiano dalla Bao Publishing, è la storia di Lubin Maréchal, un comune ragazzo che si divide tra il lavoro in un supermercato, la passione dell’acrobazia in un circo, i suoi amici circensi e una solida relazione con Gabrielle fin quando alcuni giorni iniziano improvvisamente a scomparire dalla sua vita. Realizza infatti di trascorrere una giornata sì e una no. All’inizio Lubin crede semplicemente di aver dormito troppo o di avere problemi di memoria, per poi scoprire, tramite il racconto degli amici, che nei giorni mancanti un’altra personalità si impadronisce del suo corpo e vive al posto suo. Lubin decide quindi, tramite videomessaggi lasciati sul computer, di comunicare con il doppio per organizzare le loro giornate. Il secondo Lubin si dimostra collaborativo anzi, in alcuni punti migliora anche la vita dell’originale facendo più attenzione alla casa, all’igiene personale e impegnandosi attivamente nel cercare un nuovo lavoro. Quest’equilibrio però dopo un po’ inizia a scricchiolare: Lubin una mattina si risveglia in compagnia di Tamara, un’amante del doppio, Gabrielle non riuscendo più a sostenere la strana situazione lo lascia, il doppio inizia a criticare Lubin che per ripicca cerca in tutti i modi di metterlo in difficoltà finché le due identità smettono di comunicare. Lubin però inizia a svegliarsi sempre meno giorni e realizza pian piano di star perdendo tutto.
Timothè Le Boucher dà vita ad un appassionante thriller psicologico, capace di tenere il lettore col fiato sospeso fino all’ultima pagina e, allo stesso tempo, di trattare in modo efficace il difficile tema del disturbo mentale. L’intera storia è, infatti, una grande metafora del disturbo dissociativo dell’identità in cui una o più personalità convivono in un soggetto fino a prenderne il controllo. L’autore riprende inoltre in chiave psichiatrica il celebre tema del doppelgänger, ovvero il doppio, il sosia malvagio che da sempre nella letteratura (Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde, Il ritratto di Dorian Gray e tanti altri) è simbolo di confronto con sé stessi, di scoperta dei propri lati oscuri nascosti. Paradossalmente qui il doppio è meglio dell’originale: è realista, preciso, si impegna a fondo nel lavoro, ha successo con le donne mentre Lubin è un indolente, vive alla giornata e sogna una vita da acrobata nonostante ne riconosca la precarietà. Chi dei due è il vero parassita? Lubin cerca disperatamente di rimanere attaccato alle certezze della sua vita ma, a causa della dissociazione, inizia a dubitare di ogni cosa. La graphic-novel rispetta questo suo stato d’animo oscillando continuamente tra realtà ed immaginazione ed ogni evento o personaggio può essere interpretato in due modi. Gli amici e i parenti di Lubin ad esempio, da un lato rappresentano gli affetti sinceri, capaci di apprezzare anche i lati negativi di un individuo ma dall’altro potrebbero essere interpretati come i ricordi di infanzia ancora presenti in Lubin (soprattutto gli amici circensi rievocano un mondo fiabesco tipico della fanciullezza). Tamara, femme fatale che prima ama il doppio ma poi sceglie Lubin potrebbe essere l’amore vero che va al di là dei difetti così come un idealizzato sogno romantico del protagonista. Fino alla fine anche il lettore non sa mai cosa è reale e cosa invece è nella mente di Lubin.
Eppure, nonostante ciò, I giorni che scompaiono è straordinariamente scorrevole. Chi legge vive la storia attraverso gli occhi del protagonista, un giovane all’oscuro dei fatti che, come in ogni thriller psicologico che si rispetti, indaga tormentato nella sua mente per scoprire la verità. Il pubblico entra quindi in contatto con il DDI dapprima in modo inconsapevole e implicito, esattamente come Lubin, ne vive il dramma e infine, grazie al colpo di scena finale, si distacca dal protagonista per avere così chiara tutta la situazione dall’esterno. Allo stesso tempo, Le Boucher normalizza le figure dello psicologo e dello psichiatra, a cui Lubin si rivolge senza esitazione, e indica una possibile via per approcciarsi allo squilibrio. Infatti, la mamma di Lubin, in un momento di confronto con il figlio, cerca di fargli capire che il doppio non è cattivo come sembra, è solo e in fondo chiede soltanto una famiglia. Quello che il protagonista considera soltanto un errore, un mostro da distruggere è in realtà un aspetto di noi stessi, che per quanto sgradevole farà sempre parte di noi e va per prima cosa accettato. Riuscirà Lubin a capirlo?