Rasom – L’Ucraina che resiste
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, molte sono state le associazioni che si sono mobilitate per fornire assistenza umanitaria sia ai profughi ucraini che provenivano dal paese, che alle persone (volontari, civili e militari) impegnati sul fronte. Una di queste è stata l’associazione Rasom, con sede a Trento, nata nel 2004 con l’obiettivo di coltivare in Italia la cultura e le tradizioni ucraine. Abbiamo intervistato la presidente Stefania, la collaboratrice Alessia, e Valentina, una rifugiata. L’intervista si è divisa in una parte introduttiva relativa all’organizzazione e una seconda parte nella quale le intervistate ci hanno portato la testimonianza di un paese che dal 2014, con la rivoluzione “Euro-Maidan” e la cacciata del presidente filo-russo Yanukovich, lotta per la libertà, indipendenza e l’integrazione europea.
Partiamo con un quadro generale: che cos’è Rasom? Quando nasce e da chi parte il progetto? In che cosa si concretizza il vostro lavoro e come si è evoluto con l’inizio della guerra?
Stefania: “L’associazione Rasom nasce nel 2004, tra poco facciamo quattro anni, su iniziativa dei nostri genitori, con lo scopo di trattenere cultura e abitudini ucraine, e nel corso degli anni siamo riusciti a creare una scuola ucraina dove i bambini imparano a leggere e scrivere. Durante l’anno facciamo concerti, spettacoli e partecipiamo a molti festival. Con la guerra, dopo un periodo di stop per il covid, ci siamo dati da fare e nei primi tre mesi la scuola era chiusa perchè facevamo raccolte di prodotti umanitari. Con l’inizio della guerra hanno cominciato ad arrivare i profughi, tra cui bambini, e dunque il nostro lavoro si è ampliato. Mandiamo aiuti umanitari, facciamo campagne di sensibilizzazione; è stato un anno di mobilitazione totale”.
Quanti rifugiati avete accolto e aiutato dall’inizio della guerra?
Stefania: “Difficile da dire. Nei primi due mesi abbiamo usato lo spazio a disposizione per organizzare la distribuzione di beni per i profughi; pressappoco avevamo seicento persone a settimana per i viveri e cinquanta/sessanta bambini a cui facevamo un corso di ucraino. Più o meno siamo sulle millecinquecento da inizio anno. Un bel numero!”.
Avete compiuto molti viaggi in Ucraina nell’ultimo anno e mezzo. Che paese avete trovato? Com’è l’umore della popolazione civile? Sono disposti a continuare a resistere anche se questo significa prolungare il conflitto?
Stefania: “Bellissima domanda! Mi fa piacere rispondere, anche perché in pochi me lo chiedono. Io sono stata in Ucraina all’inizio di febbraio con i volontari per portare aiuti umanitari. All’inizio trovavi solo posti di blocco, e la prima volta che una persona vede certe armi le fa sempre un certo senso. Tutto il paese si è colorato di verde militare, e le strade sono deserte, non vedi nessuno. Il coprifuoco va dalle 10 di sera alle 6 di mattina. La seconda volta che siamo andati era a novembre, e questa volta la destinazione è stata Kharkiv, per vedere per la prima volta con i nostri occhi il disastro che avevano fatto; il degrado, il rumore, l’odore nelle strade… non riesci a capire come un essere umano possa fare certe cose. Non riuscivo a capire come la gente non piangesse; quando sono arrivata, una signora ci ha portato a casa sua, all’ottavo piano, e entrati la prima cosa che ci ha detto è stata “scusate non ho fatto le pulizie”. Dopo ha tirato fuori della marmellata, dicendo che potevamo andare giù a comprare del pane per mangiarla assieme. Loro (il popolo ucraino) non si arrenderanno mai, non permetteranno mai che persone così squallide come i nostri vicini l’abbiano vinta. O li cacciamo via, o se ne andranno da soli. Si è creato un fronte volontari-militari-civili e lavoriamo come un corpo intero, con il pensiero di liberare la nostra terra e le nostre case. Non abbiamo scelta. Una persona qui in Italia mi ha detto “Non vale la pena inviare tutte queste armi visto che sono morte così tante persone”; ma io vi chiedo: se un altro paese invadesse con la forza una regione italiana, come ad esempio il Trentino Alto-Adige, voi cosa fareste? Vi pieghereste all’invasore accettando tutto questo? Oppure resistereste?”
In Italia è molto forte una porzione dell’opinione pubblica che, oltre ad essere contraria all’invio delle armi, non vede di buon occhio l’Ucraina e il suo governo. L’altro giorno il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, in un suo editoriale, ha addirittura definito l’Ucraina un “paese terrorista”, citando tra le tante cose l’assassionio a Mosca di Darya Dugina, nonché le dichiarazioni del capo dei servizi segreti Budanov dove ha lasciato intendere la responsabilità della stessa intelligence negli omicidi di sostenitori di Putin e della sua invasione ai danni dell’Ucraina. Cosa pensate di queste dichiarazioni?
Stefania: “Il nostro presidente è il Presidente del Popolo, se lui avesse dato via i territori la gente si sarebbe rivoltata contro di lui. Che cosa fanno i russi? Ribaltano la realtà. Tutti incolpano l’America e nessuno la Russia. Yanukovich non voleva che entrassimo nell’UE, preferiva rimanere con la Russia, ma la gente voleva libertà. Da quel momento la propaganda russa accusò gli ucraini di combattere contro i filorussi, ma era la Russia che armava e aizzava i filorussi. I separatisti sono stati assecondati dalla Russia. Zelensky ha provato molte volte a parlare con Putin. Gli accordi di Minsk erano solo un modo per tirare via territori agli ucraini; li ha presi con la forza e dopo ha avuto il coraggio di fare un referendum. Ma i terroristi siamo noi ucraini che difendiamo la nostra terra? Le persone che ci accusano di essere terroristi sono influenzate dalla propaganda russa. Noi vogliamo andare avanti, non tornare indietro. Vogliamo la libertà, essere indipendenti. Zelensky ha modernizzato il paese, per far vedere all’Europa che lavorava. Non investiva nelle armi, noi non volevamo la guerra”.
Alessia: “Le persone prendono una posizione, ci sarà sempre qualcuno a cui non andrai a genio. Le parole forti servono per un maggiore impatto sulla folla, non si può pretendere che in politica tutti siano santi e facciano tutte le cose pulite. Non vorrei credere il governo abbia organizzato direttamente certi omicidi”.
In occasione della rivoluzione di Maidan del 2014, abbiamo assistito ad una impressionante vocazione europeista da parte del popolo ucraino che ad oggi fatichiamo a vedere anche nei popoli dei paesi membri come l’Italia. Come sapete, per entrare nell’Unione Europea ci sono diversi criteri da soddisfare, tra cui “essere una democrazia liberale”, “essere inseriti in un’economia di mercato” e “disporre degli apparati tecnici-burocratici per attuare le politiche europee”. Credete che l’Ucraina abbia o possa raggiungere in futuro questi criteri?
Stefania: “Io sono sicura che il nostro paese si possa adattare a tutto. Ti faccio un esempio. Oggi In Ucraina c’è un app di governo dove ci sono tutti i tuoi documenti che ti servono per le pratiche quotidiane. Non devi andare negli uffici. Puoi fare addirittura la domanda per il matrimonio. Fino a due anni fa non avevo mai visto neanche un’impegnativa del medico. Questo significa che il nostro paese è capace di modernizzarsi. Siamo pronti”.
Alessia: “L’Unione Europea guadagnerebbe soltanto all’annessione dell’Ucraina. C’è tanta ricchezza che può funzionare solo nell’UE dove c’è un mercato stabile. Sotto la Russia eravamo al livello di fatturato minimo, con spese maggiori degli stipendi. Per quanto riguarda la democrazia ho qualcosa da ridire. C’è stata tanta corruzione in Ucraina, finchè non sono iniziati gli scontri che hanno portato alla Rivoluzione di Maidan, dove ci siamo finalmente mobilitati. Euromaidan ha dato una scossa alla coscienza delle persone. Ad oggi la corruzione non è ancora sconfitta, ma il presidente Zelensky ha fatto molto anche in quel settore, e oggi i corrotti rischiano molto”.
Come ti chiami? Quanti anni hai? Da che città provieni? Cosa facevi quando stavi in Ucraina?
Valentina: “Mi chiamo Valentina, ho cinquantaquattro anni, vengo da Kiev, dove lavoravo come programmatrice”.
Cosa pensi di questa guerra? Pensate che il governo nazionale stia facendo gli interessi del popolo ucraino a resistere e cercare di riconquistare i territori occupati dai russi? Oppure dovrebbe impegnarsi in maggiori sforzi diplomatici per cessare il conflitto (anche se questo volesse dire cedere territori ai Russi)?
Valentina: “La guerra è sempre una cosa terribile, porta con sé disastri ecologici, per non parlare di tutte le vite umane perse. Appoggio le decisioni del presidente, fa tutto come dovrebbe essere fatto e sono grata dei paesi che ci sostengono; siamo molto grati per il sostegno in armi. Zelensky si impegna molto per una soluzione diplomatica, ma se nel frattempo non si riesce ad arrivare ad una pace giusta, l’unica cosa che ci resta è essere a favore del sostegno militare, che usiamo per difenderci, non per altro”.
Cosa pensate delle minoranze russofone presenti nel territorio ucraino, soprattutto nelle zone del donbass e del Donetsk? Arrivano voci di profonde violenze e discriminazioni nei loro confronti? Sei d’accordo con questa visione oppure reputi che siano loro la causa del conflitto?
Valentina: “Questa storia delle discriminazioni, soprattutto per quanto riguarda le zone orientali, non è vera. Ho vissuto per vent’anni in una regione dove si parla esclusivamente russo, non ci sono mai stati casi di questo tipo. Queste città russofone, come Donetsk, erano delle bellissime città dove si viveva tranquillamente. L’unica cosa che ha fatto la russia venendole a liberare è stata distruggerle. Il livello di vita era addirittura superiore rispetto all’Ucraina, c’era un benessere elevato”.
Lei ha vissuto tutta la sua vita in Ucraina. Reputa che il paese sia pronto per essere considerato una democrazia a tutti gli effetti oppure ci sono ancora lasciti del passato sovietico?
Valentina: “I lasciti dell’Urss, se ci sono, sono miseri. Ci siamo sempre più affermati come un popolo democratico, soprattutto con la rivoluzione del 2014. Noi come popolo non abbiamo mai attaccato nessuno, abbiamo solo difeso la democrazia e l’identità nazionale”.
La questione dei migranti (e dei profughi in particolare) è molto sensibile qui in Italia, e per coloro che arrivano da altri paesi non sempre è facile integrarsi bene in un paese che, purtroppo, ha un problema di razzismo nella società civile non indifferente. Voi come avete trovato l’accoglienza italiana? Avete percepito solidarietà?
Valentina: “non c’è stato nessun caso, mi trovo molto bene, sono stata sempre accolta”.
Vuole tornare in Ucraina o l’idea di rimanere in Italia a lungo non le dispiace?
Valentina: “Voglio tornare tantissimo a casa, qui mi trovo bene ma non ho un lavoro. A molti di noi non dispiacerebbe rimanere qui, soprattutto i più fragili perché hanno più accesso alle cure. Ma tanti altri come me sono impazienti di lavorare”.