La difficoltà del compromesso
Lo scorso 19 Settembre l’Azerbaigian ha sferrato un violento attacco nell’ambito, ormai trentennale, della disputa nell’area del Nagorno-Karabakh. Ma cosa c’è dietro questo ennesimo conflitto che provoca instabilità, insicurezza e morti da decenni?
Il Nagorno-Karabakh è una regione del Sud Caucaso che occupa il 5% del territorio dell’Azerbaigian ed è internazionalmente riconosciuto come appartenente allo Stato azero, tuttavia è controllata da un’etnia armena che negli anni Novanta vi ha costituito un governo indipendentista.
In realtà il conflitto fra armeni e azeri ha radici profonde e lontane nel tempo. Tale area è stata oggetto di contese per secoli fra vari Paesi, quali l’Iran, l’Impero Ottomano, la Russia e il Regno Unito, ma le origini del conflitto attuale vengono datate tra il 1918 e il 1920, quando, a seguito della divisione amministrativa del Sud Caucaso, la Russia attribuì il territorio all’Azerbaigian, permettendo però all’etnia armena di abitarvi. La situazione divenne critica quando, nel 1988, l’Unione Sovietica iniziò a disgregarsi, permettendo un notevole vantaggio all’Armenia che, nel 1992, dichiarò unilateralmente l’indipendenza del territorio con conseguente inizio di una feroce guerra che durò fino al 1994, quando l’Azerbaigian venne sconfitto e fu proclamato un cessate il fuoco.
Quest’ultimo nella pratica non venne mai rispettato, per cui, da quell’anno fino all’ultima azione azera, il conflitto è continuato, provocando una forte aggressività da parte dei governi azero e armeno di cui ne soffre terribilmente la popolazione civile.
Nel contesto appena delineato, appare necessario evidenziare come tale conflitto non risulti essere solamente una guerra in campo, quanto anche una battaglia in cui i due governi si sforzano per costruire un’immagine del nemico rispettivamente azero e armeno all’interno dell’opinione pubblica dei due Paesi.
La propaganda azera ha sfruttato i concetti di “territorializzazione della memoria” e di “destino nazionale” per stereotipare l’identità armena, delineando un’immagine negativa degli armeni che ha contribuito a mobilitare e unificare le opinioni del popolo azero; la lotta per il Nagorno-Karabakh è il più importante fattore per la crescita della coscienza nazionale azera. Per l’Azerbaigian si tratta di un processo di State-building non ancora terminato.
Similmente gli armeni sfruttano il fattore guerra al fine di creare un’immagine distorta del nemico azero per favorire la coesione del popolo e portare avanti l’etnocentrismo. Secondo il governo armeno, in seguito alla divisione delle terre armene tra Russia e Persia, il Nagorno-Karabakh resta centrale per la preservazione della terra natia e dell’autonomia armena; inoltre, questo territorio fu il rifugio per gli armeni durante la persecuzione ed è tuttora la sede del Movimento di Liberazione nazionale armeno. Per gli armeni si tratta di una questione di unità e consolidamento del proprio popolo.
Da entrambe le parti emerge la trasformazione del concetto di nazione in missione collettiva finalizzata a portare a termine la costituzione dello Stato. La complicazione sta nel fatto che la popolazione che abita il Nagorno-Karabakh è costituita sia da armeni che da azeri.
Secondo la letteratura, il dilemma si fonda sul contrasto tra la posizione azera che rivendica la propria integrità territoriale e la posizione armena che reclama il diritto di autodeterminazione dei popoli.
Negli anni gli interventi internazionali hanno proposto la costituzione di un’autonomia nel Nagorno-Karabakh, senza avere però riscontri concreti, portando a interrogarsi se costituire uno status autonomo sia realmente la soluzione per porre fine agli scontri. Come osservato in altri casi, infatti, la concessione dell’autonomia non è detto risolva le ostilità, ma anzi rischia addirittura di esserne la causa. Nel caso in esame sussistono degli elementi di contingenza della storia che non permettono la costruzione dell’autonomia: da un lato manca un contesto geopolitico che sostenga tale operazione (si considerino i forti interessi sovrapposti dei Paesi confinanti nei confronti della regione, ricca di risorse dati i possedimenti di petrolio e gas); dall’altro si tratta di un territorio abitato da gruppi etnici che non condividono ideologie, religione e un’uguale concezione del nemico. In questo scenario è utile considerare altresì la questione per cui la sovranità nei Paesi del Sud Caucaso è piuttosto debole: ciò determina un’aspirazione a realizzare uno Stato-nazione, definendo però un forte senso di nazionalismo estremizzato.
Essenzialmente un conflitto etnico tanto radicato, come quello fra armeni e azeri nella regione del Nagorno-Karabakh, limita le possibilità per raggiungere un compromesso pacifico fra due popoli. Del resto quando entrano in gioco interessi statali economici, politici, ma anche di carattere ideologico e culturale appare ambiziosa una soluzione per le due parti coinvolte.