Cosa vuol dire nascere?
Per quanto si provi a tornare al principio, per quanto si tenti di spingere la mente alla ricerca di quei ricordi più remoti, tutto risulta vano. Al massimo riusciamo a rivedere qualche frammento di infanzia, qualche truciolo del nostro passato che non è ancora stato spazzato via dallo scorrere inesorabile del tempo. Che non è ancora sprofondato in profondità per lasciare spazio alla quotidianità. Dunque, è impensabile il tentativo di retrocedere fino alla nostra nascita o, anzi, ancora di più, di tornare indietro fino a quello che potremmo chiamare il pre-natale, quella realtà sconosciuta e per sempre inconoscibile di ciò che c’è prima della venuta al mondo. Parlare di nascita non lascia sicuramente indifferenti e numerosi filosofi e intellettuali nel corso della storia hanno affrontato questo grande interrogativo cercando di rendergli l’importanza che merita e offrendo una propria chiave interpretativa. Questo è sicuramente un tema molto discusso nell’ultimo periodo, ma bisogna riconoscere che nel dibattito contemporaneo viene letto sotto una prospettiva meramente biologica oppure etica oppure, sintetizzando entrambe, bioetica. Secondo questa visione, parlare di nascita significa parlare del momento in cui una persona viene data alla luce e le implicazioni morali relative a quella sfera di trattamenti medici che riguardano la sfera della natalità e tutto ciò che gli è connesso. Ora, non vogliamo inoltrarci in qualche discussione etica, non tanto per evitare un discorso, ma piuttosto per far emergere l’importanza della nascita da un altro punto di vista, da un’altra prospettiva, si potrebbe dire, attraverso la lente della filosofia teoretica. Quando perciò si pone una domanda come “Quando si nasce?” La risposta non vuole sollevare dibattiti giuridico-sociali, quanto piuttosto fornire una serie di posizioni che possano illuminare la risposta, intendendo il quesito nel suo senso più profondo.
Per rispondere a questa domanda dobbiamo tenere in considerazione almeno due grandi filoni differenti e complementari: il primo differenzia la nascita qualitativamente creando una serie di coppie oppositive come corpo-spirito oppure nascita fisiologica-nascita nella ragione; il secondo invece si interessa di una divisione che riguarda la temporalità del nascere e la sua completezza. Per entrambi i filoni sono presenti numerosi esempi e, cosa che rende la questione molto interessante, sono tutti diversi tra loro. In altre parole: un panorama multicolore di correnti di pensiero che riescono a dialogare attraverso lo stesso interrogativo, ma a distinguersi per delle risposte uniche. Risposte che permettono di dipingere in modo chiaro un quadro abbastanza completo dei significati che vengono attribuiti alla nascita.
Innanzitutto allora bisogna parlare di quella popolosa corrente che ritiene che non si nasca una volta sola, ma due. Il cristianesimo, in particolare in riferimento al passo in cui Gesù parla con Nicodemo, è uno dei grandi esempi. Moltissimi autori ritengono che ci sia senza dubbio una prima nascita che porta nel corpo, ma che quella vera, quella che ci porta alla salvezza eterna, sia quella che deve avvenire nello spirito. Una delle conseguenze più comuni di tale visione è la condanna della nascita carnale. Venire nella carne diventa sinonimo di impurezza, un’eredità non solo genetica, ma morale del peccato originale. Le voci sono molte, ma la brutalizzazione della nascita raggiunge il suo apice in personalità come Marcione oppure come Lotario di Segni, conosciuto come Papa Innocenzo III. Quest’ultimo scrive il De contemptu mundi sive de miseria humanae conditionis in cui spiega come si erediti il peccato dalla concupiscenza carnale, ma anche dalla stessa carne di Adamo ed Eva da cui deriviamo. Inoltre riprendendo le parole di Marcione, il luogo uterino non è altro che un “sacco di escrementi”. Questa visione negativa e passiva di una nascita imposta, viene ribaltata dalla visione della nascita nella fede, una nascita che avviene attraverso una nostra libera decisione, anche se, alla fine, dipenderà esclusivamente dalla grazia di Dio.
La nascita di Cristo, tuttavia, porta ad una svolta. Infatti leggere negativamente la carnalità e la mortalità dell’essere umano non può più essere fatto impunemente, in quanto vorrebbe dire condannare anche la nascita di Dio. Deve avvenire un ribaltamento per cui, pur rimanendo l’esperienza di una doppia nascita, la venuta alla carne ora è una venuta che proviene da Dio ed è attuata da Dio, conferendogli in questo modo una nuova nobiltà che non le permette di essere denigrata senza scrupoli.
La doppia nascita in questa opposizione è propria anche della filosofia greca antica, secondo cui, basti pensare a Platone, il corpo è la “prigione dell’anima” e che solamente attraverso la morte si potrà nascere veramente. In maniera simile si pongono anche alcuni stoici, in particolare Seneca, che propone di vedere la morte o come un transitus verso una nuova vita, oppure come un finis, ovvero un limite verso il quale propendiamo. In entrambi i casi sottolinea il filosofo, la morte non è da temere.
Ma torniamo alla nascita e indaghiamo adesso su quell’insieme di filosofi che sostiene una doppia nascita, ma in questo caso il criterio di suddivisione è diverso. Esponenti come Kant o, per certi versi, come Rousseau credono che ci sia una prima nascita biologico-fisiologica e che secondariamente ci sia una seconda nascita, o meglio la “vera nascita” che è quella della ragione. Kant in particolare sembra suggerire che non si nasce davvero fintanto che non si sia superato lo stato di minorità, ovvero quella condizione esistenziale in cui l’individuo è asservito a dei “tutori” che lo privano della sua libertà. Rousseau non parla tanto di ragione, ma piuttosto di un vero evento natale solamente in seguito all’educazione. Similmente anche Hegel afferma che è nell’educazione che avviene nella famiglia, realtà molto importante nella dinamica dialettica dello spirito oggettivo, che l’individuo finalmente può raggiungere la sua nascita spirituale. Nascere perciò viene nuovamente diviso in due, ma in questo caso è la ragione o lo spirito ad assumersi il compito di essere la realtà della vera natalità.
È interessante ricordare altri autori come Jacob Boeme o Franz von Baader. Il primo propone una filosofia che comprende tre nascite mentre il secondo propende sempre per una duplice alternativa, ma aggiungendo una connotazione morale originale, diversa ad esempio da quella di Rousseau. Nella prima nascita l’individuo non nasce né buono né cattivo, nella seconda, invece, assume una distinzione etica che lo caratterizza in una direzione piuttosto che nell’altra.
Il secondo filone, come abbiamo accennato prima, si interessa della temporalità del nascere e della sua completezza. Con questo si allude alla posizione per cui viene differenziato il tempo in cui avviene la vera nascita, attraverso delle coordinate precise, oppure secondo cui nascere non è un evento unico ma un processo che caratterizza l’intera vita. Se pensiamo a Sloterdijk, ad esempio, la nascita avviene quando siamo ancora all’interno dell’utero materno. Questo primo momento intrauterino è ben caratterizzato nella sua filosofia delle sfere, ma ciò che interessa a noi è che è presente anche un secondo momento della nascita che corrisponde alla venuta alla luce o, meglio, al linguaggio. La temporalità della nascita viene in questo modo messa in discussione, affidando ad un momento che solitamente non viene considerato, quello intrauterino, un’importanza davvero rilevante e primariamente nuova.
Dall’altra parte abbiamo filosofi come Günter Anders oppure Maria Zambrano. Per comprendere il loro pensiero riguardo alla nascita e che cosa li accomuna, bisogna guardare alla loro antropologia, ovvero alla loro teoria sullo statuto dell’uomo. Per quanto a noi serve, basti sapere che Anders ritiene che l’uomo sia incompleto e in maniera molto simile Zambrano sostiene che la nostra nascita biologica sia solo la prima di molte in un cammino verso la completezza. Se il primo però conclude da questa premessa l’inferiorità dell’uomo rispetto all’animale in quanto soggetto ad un destino di impossibile appropriazione di un luogo e di cronica non appartenenza al mondo, la seconda elabora una stringente dialettica tra nascere e “dis-nascere” che vuole portare all’aurora dell’essere umano nel suo completo dispiegamento. In altre parole Zambrano ritiene che l’individuo debba andare a cercare la sua vera natura ritornando all’origine, ritornando alla propria nudità. Una volta trovata, attraverso un’operazione che prende il nome di “dis-nascere” virtuoso, è possibile iniziare un ciclo di continue rinascite e “dis-nascite” che per quanto non abbia fine, inserisce l’individuo nella realizzazione della sua natura di essere aurorale che tende verso la propria completezza.
Abbiamo visto finora una seria di proposte che provano a dare una risposta all’interrogativo sull’evento natale e non possiamo fare a meno di renderci conto della loro diversità. Sicuramente tutte queste visioni sono giustificate da una certa filosofia di fondo dei propri autori, come anche da un certo contesto storico, sociale e culturale. Questa divisione in due filoni ha cercato di rendere più chiari i due indirizzi di pensiero che possono essere individuati all’interno del dibattito. Per quanto possiamo simpatizzare per alcune posizioni piuttosto che per altre, bisogna rendersi conto dell’importanza di una discussione sulla nascita. Quest’ultima infatti problematizza qualcosa a cui non possiamo nasconderci. Potremmo dire che innanzitutto siamo esseri “natali”, anche prima di essere “mortali”. Dunque che si creda nel valore della temporalità della nascita suddividendo la gravidanza in momenti, che si sia fedeli cristiani che cercano in Dio la risposta a questa questione, oppure che si sostenga di poter vivere in una continua rinascita mirando alla completezza, ciò che resta di fondamentale importanza è la propria partecipazione a questo dibattito nel tentativo necessario e sempre più impellente di darsi una risposta di senso, profonda, e volendo anche teoretica, al tema dei temi che si può riassumere nella domanda: cosa vuol dire nascere?
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