“Erasmus in Gaza”: una testimonianza cinematografica del conflitto israelo-palestinese apre la rassegna estiva dell’associazione “Nuovo Astra”
C’è un grande brusio nella corte interna di palazzo Benvenuti, nel cuore della città di Trento, dove ogni anno si tiene la rassegna cinematografica organizzata dall’associazione culturale “Nuovo Astra”.
La gente è talmente numerosa che sono esauriti i posti e molti sono dovuti loro malgrado rimanere in piedi o uscire, anche se dispiaciuti. La cosa che colpisce e commuove di più, però, è la capacità del cinema, in questo caso all’aperto, di unire un pubblico totalmente variegato. Buttando lo sguardo qua e là ho potuto notare seduti gli uni vicini agli altri famiglie con bambini al braccio, coppie di anziani che lustrano gli occhiali per poter vedere meglio e gruppi di ragazzi universitari o più giovani con le borse di tela e gli sguardi vividi e attenti.
Tutt’a un tratto, però, iniziano ad essere proiettate le prime scene del docufilm ambientato a Gaza e il bisbigliare sommesso si placa e siamo tutti concentrati a fissare lo schermo. Il protagonista del film si chiama Riccardo, è un laureando in medicina e potrebbe avere l’età di molti spettatori qui presenti. All’inizio viene raccontata la sua storia, una parte della sua vita, e sembra a prima vista uno studente comune, con il grande sogno di diventare chirurgo e lavorare in sala operatoria, se non per il fatto che quando si tratta di scegliere una meta Erasmus per completare il suo percorso di studi, fa una decisione piuttosto singolare, che spiazza un po’ tutti, tra compagni, professori e familiari. <<Vorrei andare a fare l’Erasmus a Gaza.>> dichiara con voce ferma e convinta e così segna la storia, diventando il primo studente al mondo a trascorrere l’Erasmus lungo la striscia di Gaza.
A seguito dello scalpore Riccardo viene accompagnato in quei cinque mesi di permanenza da due registi, Chiara Avesani e Matteo Delbò, coloro che hanno ripreso scorci della vita difficile e dell’aria di tensione che si respira lungo questa zona di conflitto, tra miseria, fame e bombardamenti aerei.
“Come cazzo bisogna sentirsi quando ti dicono che ti arrivano le bombe addosso?” si schernisce incredulo Riccardo seduto nella sua stanza a Gaza. “Sbagliavo tantissimo pensando che…per me sarebbe stato più facile. Ti ritrovi di fronte a qualcosa che è decisamente più grande di te.”
Durante il viaggio, la prima difficoltà è stata quella di attraversare la linea di confine tra Palestina ed Israele, che in un momento di escalation del conflitto, come ora, sarebbe stato impossibile valicare. L’esperienza di Riccardo era cominciata prima del sette ottobre, ma ciò non toglie che vi fossero proteste da parte dei civili palestinesi e che a queste l’esercito israeliano rispondesse a suon di bombe e proiettili, che, come racconta Riccardo, “ti esplodono dentro alle gambe e colpiscono indistintamente vecchi, donne, uomini e bambini, tanti bambini”.
E noi, seduti al sicuro tra la platea, ci sentiamo quasi in colpa ad essere dall’altra parte dello schermo e nell’inconscio vorremmo dare anche noi una mano vedendo corpi minuscoli insanguinati e persone che gemono dal dolore a cui è stato amputato un braccio o una gamba e parenti che piangono per i loro cari che non ce l’hanno fatta. In questo ambiente così straziante e drammatico si trova a lavorare Riccardo che seppur con fatica e spesso crepacuore collabora e aiuta con determinazione i colleghi d’ospedale ed effettua interventi d’emergenza con una lucidità e fermezza d’animo ammirabili. Sono il confronto e la presenza di quei suoi amici e compagni coraggiosi l’elemento di forza e coraggio che gli permetterà alla fine di superare paure e attraversare insidie professionali e umane.
“Erasmus in Gaza” per la sua attualità disarmante e la nitida qualità delle riprese ha tenuto tutti con il fiato sospeso fino alla fine e ha portato a riflettere su quanto alcune questioni politiche e di conflitto siano molto più intricate e complesse di quello che sembrano. Ci si chiede poi fino a quanto l’uomo può arrivare a fare del male solo per possedere qualcosa in più rispetto ad un altro e ad essere così indifferente di fronte alle atrocità degli altri.
Lascio la sala del Palazzo Benvenuti con un nodo in gola ripensando a quanto ho appena visto, durante la proiezione ho avuto la pelle d’oca e ho pensato che un docufilm di tale calibro dovrebbe essere guardato da tutt*, perchè insegna molto e ti lascia più consapevole di prima. Probabilmente “Erasmus in Gaza” e la diplomazia culturale possono funzionare laddove la diplomazia politica non ha funzionato.
Greta Bianchin
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