Prossima Stazione: Trento. ‘Pendolino’ Cafu al Festival dello Sport 2024

IL PENDOLINO

Anche l’Universitario partecipa alla settima edizione del Festival dello Sport. Oggi seguiremo per voi l’intervento di Cafu, ex terzino brasiliano di Roma e Milan e primatista assoluto di presenze con la maglia della Seleçao. Soprannominato Pendolino, come un treno ad alta velocità che copriva tutta la fascia destra, in campo si distingueva per i suoi scatti e il suo immancabile sorriso.

JOGA BONITO

È proprio dal tema dell’allegria che ha inizio il confronto con il giornalista Alessandro Alciato. Cosa sarebbe stato il calcio brasiliano senza l’allegria?Noi brasiliani abbiamo il calcio nel sangue, nasciamo già col pallone in mano. Ho vissuto dei momenti bellissimi con la nazionale brasiliana. Abbiamo mostrato alla gente cos’è il vero calcio, come si gioca in modo leggero e tranquillo. È un calcio felice: eravamo consapevoli delle nostre responsabilità, del significato della nazionale per i brasiliani, ma al primo posto c’era il divertimento’.

GLI INIZI E LA FAMIGLIA

Marcos Cafu è cresciuto nel quartiere di Jardim Irene, tra le favelas di San Paolo. “L’inizio di un giocatore brasiliano è molto difficile. Anche se vivevo in un quartiere povero, avevo dalla mia parte la determinazione. Volevo essere un calciatore, punto. Quando ho cominciato a giocare a calcio in molti mi dicevano che ero troppo magro e basso, che non avevo abbastanza tecnica… Ogni volta che loro mi dicevano di ‘no’, io rispondevo sempre di ‘sì’. E un giorno quel ‘sì’ è arrivato, non mi sono lasciato scappare quell’opportunità. Quando torno nel quartiere in cui sono nato cerco di far capire ai ragazzi che lavorare per i propri sogni ripaga sempre”.

Raccontando le difficoltà affrontate da ragazzo, l’ex terzino sottolinea il ruolo fondamentale della sua famiglia per raggiungere il suo sogno. “I miei genitori sono stati molto importanti. Ogni volta che tornavo a casa triste dopo l’ennesimo ‘no’ ai provini, mio padre mi diceva di continuare a correre per raggiungere il mio sogno. Con una semplice parola si può davvero cambiare la vita di una persona. Se non avessi avuto mio padre dalla mia parte non sarei diventato un calciatore. È il mio idolo, mi ha dato tutto quello che poteva offrirmi”.  

Anche uno dei suoi fratelli, Mauricio, giocava a calcio. Così come il padre, Mauricio vedeva nel giovane Cafu un enorme potenziale. “Mio fratello era molto più forte di me, ma in una famiglia con tante persone qualcuno doveva lavorare per portare un po’ di soldi a casa. Nonostante il suo talento, Mauricio decise di andare a lavorare perché vedeva in me una passione più grande della sua. In quel momento lasciò un’opportunità importante per offrirne una a me”.

GLI ANNI ROMANI

È quasi automatico associare il nome di Cafu alle maglie di Roma e Milan. Il calcio italiano era particolarmente apprezzato negli anni Novanta, come racconta lo stesso terzino. “Ogni giocatore brasiliano sognava di giocare in Italia. Siamo cresciuti sentendo parlare di calcio italiano. Quando giocavo in Brasile il Milan era visto come la squadra migliore del mondo. Eravamo innamorati anche del Napoli di Maradona”.

Dopo l’esperienza al Palmeiras, arriva l’opportunità tanto attesa: dopo un primo tentativo del Parma, la Roma di Zeman riesce ad aggiudicarsi le prestazioni sportive del terzino. “All’inizio dovevo giocare per il Parma, ma poi non se ne fece nulla. Andai alla Roma nel 1997 grazie a Zeman, che mi volle fortemente per il suo gioco offensivo. Dopo diciotto anni dall’ultima volta, vincemmo lo scudetto con Capello (era il 2001, ndr). I romanisti sono tifosi appassionati, innamorati della loro squadra. Fu un piacere fare parte di quel gruppo”.

Cafu si sofferma anche sull’arrivo di Totti e De Rossi in prima squadra. “Quando Totti arrivò in prima squadra era ancora un ragazzino, ma con un potenziale incredibile. Il contesto generale lo ha aiutato molto: notavamo le sue qualità e giocavamo per far rendere al meglio lui e la squadra. Per quanto Riguarda Daniele (De Rossi, ndr), ero molto felice quando lessi che sarebbe diventato il nuovo allenatore della Roma. Da giovane aveva una personalità forte, cercava sempre il confronto per comprendere i motivi di certe tattiche e schemi”.

C’è spazio anche per un ricordo del Presidente Sensi e di Fabio Capello. “Il Presidente era innamorato della Roma. Quando arrivava a Trigoria salutava tutti i giocatori, ci faceva sentire importanti. Con il mister invece discutevo spesso, uomo a uomo. Parlavamo di tattica e ci confrontavamo costantemente. L’allenatore ti dà una collocazione in campo, ma alla fine quello che succede sul terreno di gioco è una responsabilità di noi giocatori. Per questo il confronto tra allenatore e giocatore è così importante. L’obiettivo di entrambi è dare il massimo per far vincere la squadra; attraverso il dialogo possono emergere più soluzioni”.  

LE VITTORIE AL MILAN

Prima di essere contattato dal Milan, era tutto pronto per il trasferimento di Cafu in Giappone. “Avevo già firmato un precontratto con lo Yokohama. Un mese dopo mi chiamarono Braida e Leonardo, dicendomi che Ancelotti (l’allenatore del Milan, ndr) mi avrebbe voluto in rosa. Ero confuso, avevo 33 anni e avevo già l’accordo con Yokohama. Pensavo che fosse uno scherzo, ma era tutto vero. Chiamai i giapponesi – che avevano già depositato i soldi sul mio conto – e spiegai loro la situazione. Rimandai tutti i soldi a Yokohama e scelsi di andare al Milan. I giapponesi si arrabbiarono un po’ dopo la rescissione, ma fu giusto così. Il Milan aveva appena vinto la Champions League, era un’opportunità troppo grande. Ancelotti voleva che giocassi almeno dodici partite all’anno, ma io volevo giocare tutte le partite possibili. Alla fine, giocai quasi sempre e vincemmo ogni trofeo”.

Al Milan Cafu conosce persone che lo aiutano a crescere come calciatore e come uomo. Si sofferma particolarmente sul rapporto con Ancelotti. “Al Milan Ancelotti fu mister, figura paterna e amico. Non appena ricevetti la notizia della malattia di mio padre, Ancelotti mi diede subito il permesso di andare in Brasile, anche se quella settimana dovevamo giocare una partita di Champions League molto importante. Riuscii a partire per il Brasile e tornare in tempo per la partita. Quel giorno giocai e vincemmo, e il passaggio per il gol decisivo fu mio”.

C’è spazio anche per degli aneddoti su Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, rispettivamente Presidente e Direttore Sportivo del suo Milan. “Ogni giorno il Presidente chiamava noi senatori a rapporto e ci spiegava le sue tattiche offensive e difensive. Maldini lo assecondava, poi scherzavamo fra di noi. Quando si parlava di Milan diventava un ragazzino. Quando arrivava a Milanello, salutava sempre tutti chiamandoci per nome. Il Dottore (Galliani, ndr) aveva una grande passione per la musica brasiliana e tutte le volte che incontrava me e Serginho ci chiedeva di cantare con lui”. Infine, qualche parola anche per Paolo Maldini, capitano di quella squadra: “Per me è il miglior difensore al mondo, nonché un grande padre e amico. Mi ha insegnato tantissimo. È un vero capitano, un leader. Per me è la faccia del Milan, e il Milan è Paolo Maldini. Oggi dovrebbe essere in dirigenza, non so perché non sia lì”.

IL RITORNO IN BRASILE E LA NAZIONALE DI OGGI

Lasciare il Milan per tornare in Brasile e concludere la carriera a casa non fu una scelta improvvisa. “Nel 2006 chiamai Galliani e Leonardo. Gli dissi che nel 2008 sarei tornato in Brasile per stare vicino ai miei genitori. Cominciò tutto con largo anticipo. Volevo andare in Brasile e ritirarmi. Due mesi prima della fine della stagione 2008, mi chiamò Galliani, proponendomi un altro anno di contratto. Ero onorato, ma avevo fatto una promessa con me stesso. Dovevo tornare a casa”.

Le ultime battute sono dedicate alla nazionale brasiliana e alle sue nuove stelle, tra cui Vinicius Junior, vittima di razzismo in gran parte degli stadi spagnoli. “Il calciatore brasiliano che mi piace di più attualmente è Neymar. Purtroppo, la generazione che lo ha accompagnato non ha saputo supportarlo. Quando Kakà era venuto in nazionale, tanti senatori lo aiutavano a crescere, permettendo la sua esplosione. Vinicius può vincere il prossimo pallone d’oro e lo meriterebbe. Purtroppo, il problema del razzismo esiste in tutto il mondo, ma noi calciatori abbiamo l’opportunità di mostrare al mondo che siamo tutti uguali. Il calcio è una grande opportunità per promuovere l’inclusione e l’uguaglianza”.

DIETRO LE QUINTE

Alla fine dell’intervento, Cafu ha risposto ad alcune domande di noi giornalisti.

Marcos Cafu risponde alle nostre domande in zona mista. Crediti: Luca Perbellini

Oggi c’è un nuovo Cafu? Qual è il tuo successo più bello?

Non penso, ma questo lo dovremo vedere in futuro. Ci sono tantissimi terzini destri molto forti, ognuno con le proprie caratteristiche e la propria squadra. Noi abbiamo fatto il nostro percorso e scritto la nostra storia, adesso tocca a loro fare lo stesso.

Ti faccio due nomi di grandi terzini che stanno vivendo un momento un po’ particolare: Theo Hernandez al Milan e Danilo alla Juventus. Cosa ne pensi?

Sono due grandissimi terzini che quando vanno in nazionale giocano in modo diverso rispetto a quando scendono in campo con le rispettive squadre di club. Nei club hai più tempo di allenarti, di comprendere come funzionano gli schemi e la tattica, mentre in nazionale devi giocare subito. Forse ora non stanno riuscendo a soddisfare le attese dei tifosi, ma rimangono due grandissimi giocatori. Speriamo che possano ritornare a fare bene.

Un commento su due giovani attaccanti brasiliani: Endrick del Real Madrid ed Estêvão, futuro giocatore del Chelsea. Sono loro il futuro della nazionale brasiliana?

Conosco molto bene entrambi. Hanno caratteristiche diverse: Endrick è quasi una punta, mentre Estêvão è più un dribblatore. Sono giovani, speriamo che possano fare bene. Possono fare tanto per il calcio brasiliano e internazionale.

Come mai il Brasile non riesce più a tornare all’altezza della sua fama? Il Presidente Lula ha detto che vorrebbe solamente giocatori che giocano in Brasile, non in Europa.

Il calcio è bello per questo, perché non è una scienza esatta. Ognuno ha le proprie opinioni, sono il primo ad apprezzare e tifare il calcio brasiliano. Sono convinto che il Brasile andrà al Mondiale, e quando inizierà la competizione sarà come sempre una delle favorite alla vittoria finale.

Secondo te, perché l’Italia non riesce a partecipare ai Mondiali da due edizioni consecutive?

Speriamo che partecipiate al prossimo! L’Italia è sempre una nazionale temuta. Il calcio è cambiato dappertutto, ma il campionato italiano rimane comunque competitivo. Una finale tra Brasile e Italia sarebbe molto bella.

Roma e Milan: cuore diviso a metà o c’è una preferenza?

Il cuore è sempre a metà. Ho vissuto per sei anni a Roma e cinque anni a Milano, ho trascorso delle stagioni bellissime in entrambe le squadre. Spero che entrambe possano andare avanti in campionato, magari vincendo lo scudetto.

Ti sei definito un innamorato del calcio, perché?

Perché tutto quello che ho lo devo al calcio, sono qui a parlare con voi grazie al calcio. Il calcio è la mia vita, un grande amore, mi ha fatto conoscere in tutto il mondo.

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