Lettera agli indifferenti
Agli indifferenti,
a voi, che attraversate le nostre strade senza vederci, che sfiorate le nostre vite senza ascoltarci davvero,
provate, anche solo per un istante, a immaginare: lasciate la vostra casa nel silenzio, senza un addio, senza certezza di un ritorno. Chiudete gli occhi e abbandonate tutto ciò che amate, la famiglia, gli amici, il profumo e il sapore dei vostri piatti preferiti, immaginate di smarrire la via dei vostri luoghi familiari. Perché una volta varcata quella soglia, non si torna indietro.
Mi chiamo Pie, sono una rifugiata.
Vengo dalla Cina e porto con me l’ombra di un sistema che cerca di cancellare le voci, di spegnere le coscienze, di imporre fedeltà cieca e silenzio. Per me, la libertà è diventata una meta lontana, il miraggio di una possibilità.
Essere una rifugiata è un cammino duro, lastricato di lingue che non comprendo, di sguardi che non riconosco. Non avrei mai pensato di esserlo, né immaginato che tra i rifugiati potessero esserci persone come me, provenienti da quella che è considerata la seconda economia mondiale. Credevo che rifugiati fossero solo coloro che scappano da terre lontane in guerra, in fuga dalla povertà.
Ora, invece, sono io.
E scrivo a voi. A voi che mi sfiorate e mi osservate, ma solo di sfuggita, senza voler sapere davvero chi sono. A voi che vi accontentate delle luci abbaglianti, dei grattacieli, di un “progresso” che illumina le facciate senza mai sfiorare il cuore delle cose. Non volete vederci, non volete ascoltarci, ma io — noi — siamo qui. E il nostro silenzio non è assenza, è resistenza.
Non sentite la nostra voce, smorzata dai muri d’indifferenza che innalzate. Ogni giorno, il mio spirito si affievolisce come una scintilla in un oceano. Soffoco, perché qui l’oppressione non ha solo il volto dei poliziotti e delle loro irruzioni notturne; è come una nebbia tossica che ci penetra, ogni respiro, ogni istante. Per sopravvivere abbiamo sigillato finestre, messo purificatori, indossato maschere, per difenderci dall’aria — e dall’epoca in cui viviamo. Ma anche ora, dall’altra parte del mondo, non riesco a distogliere lo sguardo: osservo, impotente, i miei amici venire arrestati, vedo le loro voci soffocate, vedo la libertà venirci sottratta un pezzo alla volta. E ogni giorno la mia anima si affievolisce in una sfumatura più tenue.
E voi? Voi vi voltate dall’altra parte. Correte verso le luci, abbagliati dall’innovazione, dall’efficienza. Avete una libertà che date per scontata, una libertà che altri hanno conquistato con lotte e speranze. Eppure, vi è così facile ignorarci, voltare lo sguardo davanti a chi come me fugge per un briciolo di quella stessa libertà.
Ogni giorno — ogni respiro — è una sfida contro chi ci vuole annientare, un atto di resistenza contro il silenzio che ci viene imposto. Anche il nostro sussurrare, per quanto debole, è un faro in un mondo che troppo spesso ignora.
Se scegliete di ignorarci, di essere indifferenti, sappiate che il nostro destino non è solo nostro. La nostra lotta è anche la vostra. Perché un giorno, forse, anche quelle luci che amate tanto potrebbero affievolirsi. E quando avrete bisogno di qualcuno che ascolti la vostra storia, chi ci sarà?
Pie