Carcere in Italia
Dati del 2024 e riflessioni sulla detenzione.
Oltre 62 mila persone detenute, 88 suicidi e 243 morti totali.
Queste sono le cifre che ci restituisce il 2024 dalle carceri italiane. Un suicidio in media ogni 3 giorni.
Numeri drammatici, che fanno segnare nuovi e tristi record: suicidi e decessi non erano mai stati così numerosi.
Associazione Antigone, ONLUS nata in Italia a tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, ha sottolineato come molti siano i suicidi commessi da persone giovanissime e da soggetti con profili di vulnerabilità aggiuntivi alla condizione detentiva.
Tra i detenuti che si sono tolti la vita nel 2024 se ne contano almeno 23 di età compresa tra i 19 e i 29 anni, almeno 40 di origine straniera, con circa la metà di loro senza dimora. Dai dati emerge dunque come a profili individuali complessi si sommino ulteriori forme di vulnerabilità, come disagio psichico o passati di tossicodipendenza.
Le sezioni maggiormente interessate dal fenomeno suicidario sono quelle a custodia chiusa, dove sono avvenuti quasi l’80% dei fenomeni in oggetto.
Sono numeri che raccontano enorme sofferenza e marginalità.
Diversi osservatori sottolineano come la situazione interna alle carceri italiane sia sempre più ingestibile e allarmante per l’intera comunità carceraria: a questi dati vanno aggiunti tre agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita e quotidiani casi di aggressione al personale delle carceri.
Qualche buona notizia è però riscontrabile. Un dato positivo evidenziato da Associazione Antigone nel “Report di fine anno 2024” ha riguardato l’aumento delle presenze dei funzionari giuridico pedagogici (educatori) nelle strutture detentive: da una media di uno ogni 87 detenuti nel 2022, sono diventati uno ogni 76 detenuti nel 2023 ed uno ogni 68 nel 2024. All’interno della ricerca è però la stessa Associazione a sottolineare come tali dati “restino, come è intuibile, numeri del tutto inadeguati a garantire percorsi di reinserimento sociale efficaci”.
È soprattutto il dato della popolazione reclusa a segnare il ritorno a livelli preoccupanti: oggi il tasso di sovraffollamento è pari al 132,6%, con oltre 62 mila persone detenute che possono contare su poco meno di 47 mila posti disponibili.
In una tale situazione allarmante, sono sempre più frequenti trattamenti inumani e degradanti: tra gli 87 Istituti Detentivi monitorati negli ultimi dodici mesi dall’Osservatorio di Antigone, 28 carceri non garantiscono tre metri quadrati calpestabili per ogni persone detenuta.
Le strutture detentive sono spesso vecchie e fatiscenti: il 35.6 % delle carceri visitate e inserite nel report è stato costruito prima del 1950 e il 23% del totale addirittura prima del 1900. Nel 10.3 % dei casi non funzionano i riscaldamenti e nel 48.3 % non è garantita l’acqua calda.
Numeri come questi dovrebbero portare a una seria riflessione sulle cause della privazione della libertà, sui diritti delle persone detenute e sullo stesso rapporto della società con il carcere.
Molte associazioni e osservatori hanno sottolineato come le misure attuate e proposte a livello governativo siano tardive e insufficienti.
La segretaria confederale della CGIL Daniela Barbaresi, nel corso dell’iniziativa “Articolo 27. I diritti in carcere” tenutasi il 3 aprile 2024 nella sede nazionale della confederazione a Roma e in diretta su Collettiva.it, aveva affermato che contro il sovraffollamento servono misure alternative al carcere per chi deve scontare pene brevi, sanzioni sostitutive, misure di comunità e depenalizzazione dei reati minori con minor ricorso alla carcerazione preventiva.
In questo contesto, provvedimenti come i Decreti Rave, Cutro, Caivano, la più recente introduzione del reato di rivolta in carcere e la non obbligatorietà del differimento della pena per donne incinte e madri di bambini fino a un anno di età tentano di dare risposte penali a problemi sociali complessi, cercando facile consenso attraverso la gestione delle paure.
Da gennaio 2025 Associazione Antigone ha rilevato come il numero dei suicidi nelle carceri italiane sia già salito a 14 casi, di età compresa tra i 24 e i 57 anni (ultimo dato aggiornato a febbraio 2025).
La maggior parte delle vittime è composta da persone detenute che non hanno ancora ricevuto una condanna definitiva, ma che sono in carcere in attesa di processo.
La burocratizzazione del sistema giuridico e la mancanza di un’efficace gestione informatizzata dei dati comportano molta lentezza nel trattamento delle richieste di scarcerazione o di accesso a misure esterne alla detenzione, facendo sì che detenuti pur idonei a misure alternative restino in carcere più a lungo del previsto per via delle difficoltà nell’elaborazione delle loro pratiche.
Ornella Favero, direttrice di “Ristretti Orizzonti”, giornale scritto da volontari e detenuti della Casa di Reclusione di Padova, in “New Tabloid: Informazione e giustizia. Dialogo di interesse pubblico” ad opera dell’Ordine dei Giornalisti della Regione Lombardia, ha riportato come il “marcire in galera fino all’ultimo giorno” sia la ricetta risolutiva oggi più facile, “ma la nostra sfida è quella di raccontare a una società spaventata che tanto carcere serve solo a rendere peggiori le persone. Nel nostro Paese è invece ancora diffusa la convinzione che la pena debba fare più male possibile (…). Al contrario, essere trattati con umanità e rispetto mette le persone di fronte alla loro responsabilità e le costringe a riflettere sulle loro scelte sbagliate”.
Per il Report 2024 completo: https://www.antigone.it/upload2/uploads/docs/Reportfine2024.pdf