Verso i Referendum del 2025: su cosa siamo chiamati ad esprimerci?

Nei giorni di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimere la propria opinione per quanto riguarda alcuni temi di cui si discute da tempo all’interno del panorama politico nostrano, tramite lo strumento del referendum abrogativo, il quale permette ai cittadini di rendere inefficace una legge vigente o parte di essa. 

Si torna a parlare estensivamente di regolamentazione del lavoro, in un momento storico in cui il numero dei lavoratori precari (che vivono in una qualche condizione di incertezza e instabilità nell’ambito del proprio impiego) si aggira intorno ai 2.800.000 secondo un rapporto dell’INPS risalente ad agosto 2024. 

Un altro tema toccato è quello della migrazione, e più nello specifico della semplificazione dell’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di individui stranieri e delle rispettive famiglie residenti in Italia. 

Come siamo arrivati qui?

All’assemblea generale della CGIL del 26 Marzo 2024 è stato approvato l’avvio di una campagna referendaria al fine del raggiungimento delle 500.000 firme necessarie secondo la Costituzione per indire un referendum di iniziativa popolare.

Le firme raccolte nei mesi successivi sono risultate essere circa 4 milioni e il 20 gennaio di quest’anno la Corte costituzionale ha fornito il via libera per tutti e 4 i quesiti.

Il quesito riguardante la cittadinanza è parte di un’iniziativa che ha riguardato una vasta pluralità di associazioni e partiti (fra i quali +Europa, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Socialista Italiano, Possibile e Radicali Italiani) e ideato dal segretario di +Europa Riccardo Magi; le 500.000 firme necessarie sono state raggiunte solo 5 giorni prima della scadenza per il deposito di queste in cassazione il 30 settembre 2024, e anche questo quesito è stato giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale il 20 gennaio scorso.

I quesiti

I quesiti referendari in questione sono cinque, di cui quattro pertinenti alla regolamentazione del mercato del lavoro (e di questi ultimi, tre mirano ad abrogare delle disposizioni introdotte dal Jobs Act nel 2016 da parte del governo Renzi), e il quinto riguardante la riforma sull’ottenimento della cittadinanza italiana, reinstaurando un principio introdotto per la prima volta nel 1865, agli albori del Regno d’Italia, e modificato solo nel 1992.

1. Contratto di lavoro a tutele crescenti – disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione

Il primo quesito chiede l’abrogazione del d.lgs. 4 Marzo 2015, n.23 nella sua interezza, al fine di permettere nuovamente ai dipendenti licenziati irregolarmente (previa sentenza giudiziaria ad attestare la regolarità o meno del licenziamento) di tornare a coprire il posto di lavoro perso, cosa che da dieci anni a questa parte non viene garantita per le aziende che contano più di 15 dipendenti all’attivo.

Ad oggi sono 3.500.000 le lavoratrici e i lavoratori a cui è stato impedito il reintegro nel posto di lavoro, nonostante le sentenze giudiziarie avessero ritenuto il licenziamento come ingiusto o infondato, evidenzia la CGIL.

2. Piccole imprese-Licenziamenti e relativa indennità: abrogazione parziale

Il secondo quesito si pone l’obiettivo di eliminare il tetto ai mesi di indennità previsti per lavoratori e lavoratrici di aziende con meno di 16 dipendenti che sono stati/e licenziati/e ingiustamente, oggi pari ad un massimo di 6 mensilità. Con l’abrogazione della norma, sarebbe un giudice a stabilire il numero di mesi di indennità prevista caso per caso, senza un limite massimo.

3. Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi

Il terzo quesito ripristinerebbe l’obbligatorietà di specificare nei contratti a tempo determinato le cause che richiedono l’esercizio di tale tipologia di impiego. Ad oggi è possibile stipulare contratti di lavoro a tempo determinato con durata fino a 12 mesi senza dover specificare le cause che rendono necessaria tale misura. Secondo CGIL, sono 2.300.000 i lavoratori e le lavoratrici occupati/e a tempo determinato che verrebbero maggiormente tutelati se dovesse vincere il “sì”.

4. Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione

Il quarto ed ultimo quesito sul tema del lavoro interviene sul tema della sicurezza e della salute sul lavoro: l’obiettivo è quello di modificare la norma vigente al fine di estendere la responsabilità degli infortuni negli appalti alle imprese appaltanti, ad oggi esentate da tale obbligo e quindi al sicuro da eventuali persecuzioni in caso di incompetenza o mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro. 

5. Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana

L’ultimo quesito, sulla cittadinanza, andrebbe a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992, dimezzando da 10 a 5 il numero di anni di soggiorno legale e ininterrotto necessari per poter presentare domanda di acquisizione dello status di cittadino/a italiano/a per gli individui maggiorenni. Inoltre nel caso di individui maggiorenni con minori a carico, all’acquisizione della cittadinanza da parte dei primi, verrebbe concessa automaticamente anche ai secondi, senza che debbano attendere la maggiore età. 

Non verrebbero modificati gli altri parametri richiesti per l’ottenimento della cittadinanza, che ricordiamo essere la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari e l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. 

Perché è importante questo referendum?

Nei giorni 8 e 9 giugno 2025 i cittadini italiani avranno finalmente la possibilità di esprimere la propria ferma opinione su quelli che rappresentano forse due tra le tematiche più delicate e discusse del nostro paese da circa due decenni a questa parte. 

La deregolamentazione del mercato del lavoro iniziata negli anni ‘90 e intensificata nel 2016 rappresenta la prima causa di molti dei problemi che il nostro paese esibisce dal punto di vista del settore privato (che impiega l’86% dei lavoratori totali in Italia, secondo Il Sole 24 Ore), a partire dal problema del precariato, agli stipendi significativamente bassi rispetto al resto dei paesi europei, alla scarsissima mobilità sociale verticale, ovvero la possibilità di fare carriera e poter migliorare la propria condizione di vita. 

Non è esclusivamente con l’abrogazione delle norme sopracitate che il panorama italiano può trasformarsi radicalmente, ma tali modifiche rappresenterebbero un passo verso un mondo del lavoro più stabile, sicuro e dinamico.

Per quanto riguarda il quesito sulla cittadinanza, potrebbe rappresentare un utile passo avanti verso la tanto ambita e discussa integrazione della popolazione immigrata in Italia. La facilitazione dell’acquisizione dello status di cittadino/a aumenterebbe significativamente le possibilità degli individui stranieri di trovare lavoro (aprendo a loro vari concorsi per impieghi nella pubblica amministrazione e ponendoli nella condizione di non essere costretti a lavorare in nero per uno stipendio esiguo o volgere lo sguardo verso metodi di sussistenza posti oltre o ai limiti della legalità) e sostanzialmente di integrarsi in maniera efficace nella collettività che a tutti gli effetti vivono e alla quale partecipano ogni giorno, non solo innalzando la propria qualità della vita e quella della loro famiglia, ma anche contribuendo maggiormente all’economia del paese, che per un certo grado già si appoggia sul loro lavoro.

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