Violenza di genere e femminicidio: che cosa (non) sta cambiando
È passato un mese dall’incontro con Gino Cecchettin, organizzato dall’Università di Trento. Un incontro arricchente, toni informali, il racconto di un padre che prova a far sì che la propria esperienza serva a chi lo ascolta. Un auditorium pieno e un’altra aula gremita in collegamento. Eppure da subito si nota che quelle aule sono piene di ragazze. Quasi solo loro ad ascoltare. Come se la violenza contro le donne riguardasse solo le donne.
Eppure Gino Cecchettin ha più volte parlato anche di uomini, di come la sua associazione vorrebbe in un futuro essere un punto di riferimento per fornire agli uomini violenti strumenti per evitare di arrivare alle tragedie che sentiamo così spesso, di come siano più volte arrivate mail o testimonianze di uomini che si riconoscevano in alcuni comportamenti e cercavano aiuto.
A un mese da quell’incontro ci si chiede se sia davvero cambiato qualcosa. Perché l’omicidio Cecchettin ha avuto una risonanza mediatica massiccia. Tutti si sono indignati. È impossibile trovare qualcuno che non sappia di cosa si stia parlando se si pronuncia quel nome o quel cognome.
Pochi giorni fa due ragazze dell’età di Giulia sono state uccise. Due storie diverse. Ilaria Sula, come Giulia scomparsa da giorni, è stata ritrovata infilata in una valigia, uccisa dal suo ex fidanzato che ha poi confessato l’omicidio. Sara Campanella, accoltellata per le strade di Palermo. A confessare è stato un compagno di corso della ragazza, che da anni si diceva innamorato di lei e non ricambiato. Il ragazzo ha poi tentato di fuggire aiutato dalla madre.
Allora una riflessione sorge spontanea. Dove stiamo sbagliando? Sono i genitori a non educare i propri figli? Guardando ai due femminicidi più recenti, sembrerebbe che i genitori siano a volte molto più “complici” di quanto si pensi. Sono quegli stessi ragazzi che diventano vittime di un sistema che li porta a pensare che tutto questo sia giusto? Siamo noi, persone attorno alle vittime, a non accorgerci del pericolo? Sono le vittime stesse a non credere fino in fondo di poterlo diventare? Spesso tutto concorre a queste tragedie. Che sono tante. 13 in Italia dall’inizio del 2025. E siamo solo a marzo. Nonostante gli omicidi in Italia siano in calo da anni, nel caso in cui si tratti di partner o ex , in più di 9 casi su 10, le vittime sono donne.
Quindi cosa possiamo fare davvero per cambiare le cose? Perché anche i casi che fanno più scalpore, alla fine, purtroppo, non sembrano cambiare quasi nulla. Tutto sembra muoversi in maniera molto lenta. E tutti spiegano che per un cambiamento culturale ci vuole tempo. Da ormai un paio d’anni si parla di inserire l’educazione sessuale nelle scuole, per far si che il cambiamento, come si spera, avvenga dalle nuove generazioni. È difficile bloccare un treno in corsa, ma si possono fermare quelli che partiranno in futuro. La legge proposta ad oggi è di iniziativa popolare. Ma ad appoggiarla sono principalmente le donne sotto i 27 anni. Ancora una volta, aule gremite di ragazze che lottano sole contro la violenza. Se si guarda infatti al dato dell’appoggio maschile per la stessa fascia di età nei confronti di quella legge, non si arriva nemmeno alla metà delle adesioni rispetto al dato femminile. Perché i ragazzi non dovrebbero essere d’accordo? In cosa si dovrebbero sentire minacciati? Inoltre l’Italia è uno dei pochissimi Paesi dell’Europa occidentale a non avere ancora questo tipo di programma obbligatorio nelle scuole. Come è importante che i ragazzi conoscano i valori della Costituzione attraverso l’educazione civica, o inizino a pensare al proprio futuro attraverso le ore di orientamento, cosi sarebbe fondamentale che imparassero a entrare in contatto, a conoscere e a combattere il fenomeno della violenza di genere. Perché è troppo semplice promettere grandi cambiamenti solo quando succede qualcosa di grave. E poi lasciare tutto com’è quando passa l’onda mediatica. Ci sono ragazze di vent’anni, donne, madri che continuano a morire o a subire violenze. Mentre nei bagni delle scuole superiori, proprio in questi giorni, compaiono scritte come “Viva Turetta”.